Ariodante Fabretti

Ariodante Fabbretti

storia del principe della tolleranza

di Loris Accica

Rimasto vedovo da nove anni, stanco e afflitto da una grave malattia, il 15 settembre 1894, spira nella sua villa di Monteu da Po, l’antico borgo romano ad est di Torino, il famoso erudito archeologo Ariodante Fabretti, principe della tolleranza. Nato a  Perugia il 1° ottobre 1816, è rimasto legato per tutta la vita alla sua città natale da un sincero e radicato sentimento di appartenenza.

La sua infanzia è priva di importanti avvenimenti e, fin dai primi anni di vita scolastica, si rivela un brillante studente. La progressione negli studi e la volontà paterna lo destinano a Bologna, dove s’iscrive all’antica Università degli Studi e frequenta con profitto la facoltà di medicina-veterinaria. Ma ben presto emergono in lui notevoli capacità di ricercatore e scrittore ed insieme è attratto e pervaso da una forte passione civile e politica verso un mondo liberale, sospinto da tante esigenze intellettuali, morali, psicologiche. Inizialmente di tendenze radicali, si trasforma gradualmente in un fervente repubblicano, laico, anticlericale. Anche negli studi compie una non trascurabile svolta avviandosi in un nuovo lungo percorso di approfondimento storico-letterario.

Nonostante una grave omissione nei libri scolastici, Ariodante Fabretti lascia numerose indelebili tracce  nella storia nazionale italiana, oltre che in quella europea e americana, quando intere generazioni sono coinvolte nel sogno dell’Italia libera e unita, promosso ed alimentato dagli artefici primi Cavour, Garibaldi e Mazzini. Estremamente devoto a quest’ultimo, riuscirà a mantenere con lui un raro e fecondo rapporto di amicizia di lunga durata. E’ il periodo in cui tanti italiani sognano una Nazione in forma unitaria o federale, politicamente indipendente, libera, democratica e laica.

Tutte le forze politiche si sentono legittimate a perseguire e imporre questi valori nazionali indistintamente a tutti gli strati sociali del Paese, nobili, possidenti, professionisti, artigiani, contadini. Valori da secoli assenti nella vita degli italiani e la presa di coscienza di questa integrazione non appare né facile, né scontata. Né è facile modificare quell’atavico confessionalismo dello Stato, ormai privo di ogni legittimità intellettuale. Al contrario, sarà un percorso difficile, complicato, lungo e tortuoso molto oltre il prevedibile, per una serie di concause. Comunque, lentamente vaste correnti di opinioni in varie forme, s’impossessano degli uomini e dei loro sentimenti in tutta Italia, anche in Umbria e a Perugia. Tra i primi in questa fiduciosa attesa dell’avvenire c’è il cattolico, gnostico, Ariodante Fabretti, carbonaro, affiliato alla Giovine Italia, massone della Loggia perugina “Fermezza”, dove nel 1838 ne è Oratore ed in seguito Venerabile.

Nel 1847 è Ufficiale della ricostituita Guardia Civica di Perugia e l’anno seguente è fondatore insieme con Annibale Vecchi del “Circolo Popolare”, considerato il vero centro rivoluzionario della città e del quale assume la segreteria. Nel 1844 contrae matrimonio con l’amata concittadina Filomena Ferretti, dolce sposa ed energica compagna di vita. Il 9 febbraio 1849, con la momentanea caduta del papa re, Pio IX, e la proclamazione della Repubblica Romana, è eletto all’Assemblea Costituente quale Segretario insieme con Giovanni Pennacchi, altro massone umbro di Bettona, che sarà poi rettore dell’Università degli Studi di Perugia fino alla morte. Con la restaurazione del Governo Pontificio e disilluso dalle mancate azioni riformatrici promesse dal pontefice, Ariodante Fabretti è inevitabilmente costretto all’esilio, riparando prima a Firenze poi ancora nella più sicura e lontana Torino, dove vive nella precarietà di saltuarie lezioni private, ritrovandosi con tanti altri esuli, anche umbri, come il ternano Ottavio Coletti ed i perugini Orazio Antinori e Annibale Vecchi, con i quali condivide origini, cultura, valori e passione politica.

Qualche tempo dopo è nominato Presidente della Società della Emigrazione Italiana, una carica che manterrà fino alla prematura morte di Cavour, avvenuta nel 1861, e diventa assistente, in virtù delle   indiscutibili competenze, al Museo Egizio e delle Antichità di Torino.

Ed è proprio da Torino che l’esule è costretto, suo malgrado ansiosamente inerme, a partecipare con profonda angoscia ai drammatici brutali eventi perugini del 20 giugno 1859, dov’è la sua famiglia, i suoi affetti, i suoi amici. Eventi per i quali il  gonfalone della città sarà insignito di medaglia d’oro.

L’Università degli Studi di Torino gli affida per legittimi meriti, nel 1860, la cattedra di Archeologia e gli è pure conferito l’alto onore di essere associato alla prestigiosa Accademia delle Scienze, divenendo quindi degno Accademico dei Lincei.

Affrancato dalle nuove agiate condizioni economiche e riacquisita un pò di serenità, sente forti in sé i richiami degli ideali massonici ed è affiliato alla Loggia Dante Alighieri di Torino, sorta per ispirazione e volontà dello stesso Cavour, adoperandosi con l’Antinori a costituire anche nella sua indimenticabile Umbria una unitaria Gran Loggia, che confluirà in seguito nel Grande Oriente d’Italia. Infatti il 21 giugno 1867, alla Costituente massonica di Firenze, quando Garibaldi è acclamato Gran Maestro onorario “ad vitam”, entra a far parte della Giunta Esecutiva insieme con il Gran Maestro, Filippo Cordova. Nel 1875 ascende al Supremo Consiglio del 33° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato e il 24 aprile 1879, con l’elezione a Gran Maestro di Giuseppe Mazzoni, entra nuovamente nella Giunta Esecutiva insieme con il conte Luigi Pianciani, altro famoso Libero Muratore, passato alla storia anche come il massonizzatore di Roma capitale, città della quale sarà il primo sindaco.

Professionalmente gli sono riconosciute innumerevoli onorificenze, ed altrettanti riconoscimenti gli sono tributati nel mondo scientifico da varie parti d’Italia e dall’estero.

Nel 1874 è fondatore ed eletto Presidente della prima Società per la Cremazione italiana.

Torna anche alla politica attiva dal momento che  lo troviamo Consigliere al Comune di Torino, nel 1887 e, soltanto due anni dopo, è nominato Senatore del Regno.

Alla sua dipartita terrena, tante le manifestazioni di  profondo sincero cordoglio e rimpianto.

Le sue ceneri traslate a Perugia, sono onorate dall’intera cittadinanza, con una memorabile celebrazione affidata al rettore, Prof. Giuseppe Bellucci, il quale insieme con altri eminenti cittadini si attiverà per intitolare una strada della città, proprio quella dell’Università, al patriota scomparso che, solo qualche giorno prima di spirare, era stato unanimemente acclamato Presidente onorario della Società Umbra di Storia Patria. Anche il Tempio Crematorio nel Cimitero monumentale di Perugia, dove sono conservate le sue ceneri, prenderà il suo nome. Alla Biblioteca Comunale di Perugia l’illustre personaggio, che in vita si è diviso tra scienza, politica e massoneria, lascia generosamente per testamento, un considerevole numero di pubblicazioni, libri e documenti di notevole interesse scientifico e storico, che costituiscono il ponderoso cosiddetto “Fondo Fabretti”, ma anche i fortunati orgogliosi eredi possono rallegrarsi, per poter ancor oggi gelosamente custodire ed ammirare innumerevoli ricordi e reperti d’inestimabile valore storico oltre che affettivo.

Ne sono orgogliosi anche i contemporanei quando, insoddisfatti degli odierni valori, ricercano nel passato validi preziosi esempi da imitare, per cercare di cambiare.

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