La Magia delle Erbe: il Papavero

di Loriana Mari

Caratteristiche: pianta erbacea annuale che appartiene alla famiglia delle papaveracee. Originaria dei paesi del Mediterraneo orientale, in Italia  è assai diffusa, è infestante dei campi di cereali, ma presente anche in ambienti ruderali, lungo i margini delle strade e nei campi incolti fino ai 1800 mt slm. Ha radici fibrose a fittone che sostengono fusti eretti ramificati e setolosi lunghi fino a 60 cm, che contengono un lattice biancastro dal potere narcotico e dal sapore aspro. Le foglie di forma ellittica allungate sono divise in lobi lanceolati acuti e dentati. I fiori solitari di colore rosso scarlatto con centro scuro hanno macchie porpora. I frutti sono capsule che contengono semi reniformi.

Proprietà: il comune papavero rosso o rosolaccio è utilizzato da sempre per le sue proprietà sedative della tosse, che calmano gli spasmi favorendo anche l’espettorazione, inoltre facilita il sonno. Nonostante la stretta parentela con il papavero da oppio (Papaver sonniferum), da cui si estrae la morfina, il rosolaccio è un erba che alle dosi consigliate e per tempi brevi, non presenta alcun pericolo, anzi è tradizionalmente usata nei bambini in ragione del suo modesto contenuto di alcaloidi. Infatti il suo lattice come la roeadina, non ha azione allucinogena, ma calmante e narcotica. I semi contengono un olio grasso, acido lucoleido, acido oleico. Un tempo veniva usato come colorante per la presenza degli eutociani.

Storia, mito, magia:  il nome deriva dal celtico “papa”che significa pappa, per l’uso che se ne faceva di mescolarlo alla pappa dei bambini per sedarli, “rhoeas”deriva da reo, cado, per i petali che cadono facilmente. Il suo nome viene usato dai francesi per indicare il canto del gallo che poi divenne “coquerico”, in francese papavero si dice coquelicot o coquerico  e corrisponde all’italiano chicchirichi, dato che la sua forma e il colore (cocum in latino) scarlatto, ricorda la forma e il colore della cresta del gallo. Era conosciuto già nell’antichità, nel 3000 a.c i Sumeri lo veneravano come pianta sacra e lo usavano come colorante naturale e come medicinale. Gli Egizi lo utilizzavano come antidolorifico, mentre in Grecia essendo i semi di papavero considerati portatori di forza  e salute, gli atleti ne bevevano una pozione energizzante prima delle gare, a base di vino e miele. Le sue virtù medicinali per combatter i disturbi del sonno e i dolori gastrici erano note già presso i Galli, ma anche presso tutti i popoli celtici d’Europa, Latini e Greci. Cerere, la dea romana dei campi e delle messi,  è sempre raffigurata con una ghirlanda di papaveri, fiori che da sempre affiancano le colture di frumento.

Viene considerato anche il fiore della consolazione. Infatti per alleviare i tormenti di Demetra, la Dea Madre della terra fertile e delle messi, la cui figlia Persefone  era stata rapita da Ade, Hypnos le offrì dei papaveri che le permisero di ritrovare il sonno e di consolarsi del suo dolore.

Ovidio descrive il regno del Sonno come un antro  nascosto davanti al quale spunta un rigoglioso cespuglio di papaveri e di altre erbe di cui la Notte “spreme il sapore” per poi spargerlo sulle terre immerse nel buio. In genere tutte le divinità legate al sonno e ai sogni, come Morfeo o Notte, hanno come attributo il papavero, che finisce per essere associato al sonno eterno e quindi alla morte.

Il papavero di cui parlano gli antichi è sicuramente il Papaver somniferum, ossia l’oppio, originario dell’Asia ma introdotto nel Mediterraneo in epoche lontanissime.

Livio racconta un curioso aneddoto: Tarquinio il Superbo era in guerra con la città di Gabi, ma non riusciva a conquistarla, così decise di ricorrere ad un inganno. Abbandonò la guerra e parti con tutti i militari, lasciando a Gabi il più giovane dei suoi figli Sesto. Questi simulò di essere scappato  dal padre perché in disaccordo e chiese ospitalità alla città. Gli abitanti di Gabi accettarono e in breve tempo ottenne la loro fiducia, allora mandò a chiamare un messo del padre per sapere cosa fare. Tarquinio ricevette il messo nel suo giardino e apparentemente non diede nessuna risposta, limitandosi a recidere le teste dei papaveri più alti che crescevano nell’erba. Sesto capi ed eliminò tutti i personaggi più importanti della città così che  gli animi degli altri cittadini si impaurirono e in segno di resa portarono doni. Gabi si ritrovò senza accorgersene preda di Roma. Ancora oggi si usa l’espressione “alti papaveri” per  riferirsi alle persone più autorevoli. Il fiore è simbolo dell’aspetto effimero della vita, perché delicatissimo e una volta colto appassisce rapidamente. Rappresenta anche la fiamma della passione che si estingue rapidamente se non se ne ha cura. Nella simbologia cristiana il fiore per il suo colore rosso sangue viene associato alla passione di Gesù e, poiché cresce perlopiù nei campi di grano è anch’esso considerato un simbolo di Gesù, perché rimanda al pane e quindi all’Eucarestia. Il papavero che appare di solito nei dipinti è il papavero comune.

Piccole perle: per preparare una tisana di papavero comune dei prati, si usano 5-20 gr di petali essiccati, su cui si versa acqua bollente. Si lascia riposare per circa dieci minuti si filtra e si beve. Ha azione sedative e calmante della tosse.

 

 

 

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