Tsunami: la condizione di creature tra le creature ci dimostra che Dio esiste

di Caterina Carosi

Di fronte al “Di Shin” del Giappone la fede trema, traballa e s’interroga. E’ volontà e abitudine umana additare la colpa di ciò che è inspiegabile verso qualcuno che in molti non si spiegano. E’ così che Dio diventa artefice e carnefice dei più grandi disastri naturali e anche in questo caso la domanda più gettonata rimane: Dio esiste davanti a tanta morte e distruzione?
Il sorgere di questo dubbio è l’evidenza dell’egocentrismo umano e la consapevolezza, data impropriamente, della sua superiorità indiscussa verso ciò che è diverso da lui. Una consapevolezza sbagliata, che lo fa cadere in errore nel stesso momento in cui l’uomo non si accorge che la sua condizione non è una patente della superiorità. Lo scriveva San Francesco nel Cantico deI Cantici e lo ha ripetuto in questi giorni, prima del catastrofico evento in Giappone, Papa Benedetto XVI: rispetta la natura chi si riconosce creatura.  Il Pontefice ha indicato che il primo passo per “una corretta relazione con il mondo che ci circonda è proprio il riconoscimento, da parte dell’uomo, della sua condizione di creatura”. “L’uomo non è Dio, ma è la Sua immagine. Per questo, deve cercare di diventare più sensibile alla presenza di Dio in ciò che gli sta attorno: in tutte le creature, e specialmente nella persona umana, c’è una sorta di epifania di Dio”.  L’uomo, ha aggiunto, “sarà capace di rispettare le creature nella misura in cui avrà nel suo spirito un senso pieno della vita; in caso contrario, sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto per l’ambiente in cui vive, per la creazione”. Nel momento in cui si arriva al disprezzo per la creazione ci si avvicina inesorabilmente al disprezzo per la propria vita.  L’appellarsi alla volontà di Dio è una bieca forma di sgravio della propria coscienza, è i lenzuolo sopra la polvere utile all’uomo per dimenticare il suo stato di creatura tra le creature. Non a caso, anche la terra è una creatura tra le creature, così come il mare, il sole, la luna. Asserzioni che valgono probabilmente solo per un credente, ma che rientrano nella condizione imprescindibile di un cristiano.
Secondo la Genesi (Gen 2.7-9;3,1-7) a proposito dell’albero al centro del giardino dell’Eden Dio dice: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”. La morte dell’anima di cui si legge nelle sacre scritture ha come conseguenza la convivenza e la sopravvivenza delle creature sulla terra. Per un credente, e per chi si chiede se il Dio dei cristiani esiste, la risposta si ha quando accettiamo di non essere superiori a tutto quello che ci circonda e scegliamo di vivere (e non sopravvivere) nella Grazia di Dio.  Dio non ci salva dalla catastrofe, così come l’uomo scelse di non vivere nella sua beatitudine. Dio può aver determinato in anticipo l’esito di ciò che sarà, a motivo della sua onniscienza (Is. 46:9,10), ma le calamità non sono eventi voluti e causati da Dio, ma sono eventi previsti, annunciati, a motivo della tendenza dell’uomo nelle scelte che fa e nelle opere che compie. Dio assicura la salvezza nei cieli e spera nella fede dell’uomo durante la vita terrena, così come fece suo figlio Gesù che, nonostante la via della Croce, le tentazioni, le difficoltà e la sofferenza è rimasto fedele al suo Dio. Per questo, e per molti altri motivi che possono essere spiegati per via teologica, piangiamo le vittime del “Di Shin”, ma piangiamo anche per la condizione umana, che non dipende da Dio, ma solo dalla nostra volontà.

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