POLITICA: LA QUESTIONE MORALE E LA “SINDROME DEL SOSPETTO”

di Ciuenlai

La battaglia sulla questione morale ha provocato un primo risultato politico : l’isolamento della posizione “cerchiobottista” del Pd, quella che, sulla base della “presunzione di innocenza”, lascia agli indagati che ricoprono cariche pubbliche, la decisione se dimettersi o meno. Gli alleati (Idv, Sel e Fds) hanno, o attaccato pesantemente e apertamente la svolta “ipergarantista” con comunicati al vetriolo o tenuto “la linea del silenzio” (i socialisti), che , a volte, può risultare più pesante di quella delle critiche. Si tratta, come è stato fatto notare da più parti, di un cambiamento di rotta che ha persino (sic) fatto indignare il ritrovo di indagati (pardon di perseguitati) più grande d’Italia : l’opposizione. Ma la segreteria regionale dl Pd non poteva fare altrimenti, pena la rottura insanabile del partito. Le inchieste hanno messo uno stop o perlomeno complicato il processo di gestione unitaria tra le correnti del Pd. Nel partito si è insinuato un elemento pericolosissimo : la “sindrome del sospetto”. C’è in diversi dirigenti, la convinzione che in Umbria, si usino le difficoltà giudiziarie per mettere in difficoltà i “nemici”. Insomma la paura è che la richiesta di dimissioni non sia una questione legata alla morale politica, ma alla convenienza personale e di parte e alla modifica degli equilibri interni. Perciò la scelta della segreteria era tra due possibili scenari: lasciare il mondo com’è o applicare la regola delle dimissioni “erga omnes”. E questo avrebbe voluto dire, carte alla mano, che il Presidente del Consiglio Regionale Eros Brega doveva essere seguito da una bella schiera di altri personaggi dell’una o dell’altra componente del Pd. Salomonicamente si è deciso di non decidere e di scaricare tutto “sulla sensibilità” dei singoli. Anche perché se la segreteria avesse pigiato la mano, le conseguenze avrebbero potuto essere pesantissime. Diversi consiglieri del Pd raccontano che era già pronta la costituzione di quel famoso gruppo “autonomo”, di cui più volte si è parlato. Un gruppo che sarebbe stato formato da 3 consiglieri (più due indecisi alla porta). In soldoni questo avrebbe ridotto a 16 su 30 i margini della maggioranza, lasciandola agli “umori “ di Brutti e Dottorini e della loro versione dell’Idv ( quella di Di Pietro da ieri è decisamente diversa). La disperazione e gli sfoghi della Presidente, che, in questa situazione, è quella che sembra mostrare il maggior tasso di responsabilità, sono quindi giustificati. In gioco c’è la stessa sopravvivenza della legislatura. Sembra incredibile, ma i paralleli con la situazione Romana a maggioranze capovolte, si sprecano.

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