La cancellazione delle feste dell’ 8 dicembre “Immacolata” e del 1 novembre “Tutti i Santi” è un atto
grave sotto vari aspetti. Non è una questione di riposo o di lavoro. Per quanto la secolarizzazione ci stia conducendo ad una paganizzazione delle festività religiose, è ancora possibile affidarsi alla speranza che dette festività possano richiamare a quella dimensione trascendente che contraddistingue l’uomo al pari di quella fisica e di quella intellettuale. Il PIL, la produttività, la ripresa economica sono categorie immanenti che, di per sé, non conducono l’uomo alla felicità, forse alla ricchezza, ma non alla felicità. Ma è la felicità ciò che l’uomo cerca. Se l’obiettivo della politica non sarà quello di creare una società che marcia convinta verso la felicità pubblica, unica dimensione di senso per ottenere la felicità privata, se l’uomo non sarà chiamato a contemplare anche ciò che di trascendente vi è in lui, recuperando l’integralità del suo essere, sarà completamente inutile ricreare condizioni di ben essere, perché non vi sarà nessuno in grado di essere bene!
Mauro Cozzari – Udc
20 luglio 2012 alle 08:19 |
Beh l’Italia è stata da sempre il luogo dove ogni festa è buona per fare festa:si tratta,da quel che ho capito non di abolire le feste religiose ma di inserirle nelle domeniche appena prossime,per evitare interruzioni nel lavoro,ma soprattutto i famosi ponti!
Ma il problema non è delle feste,bensì del lavoro che NON C’E’!!!!
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