Sono una supplente di III fascia. Per chi non ne mastica, vuol dire che mi chiamano solo nei casi disperati. Per uno – due giorni ogni tanto, quando una maestra prende il raffreddore o deve accompagnare la nonna all’ospedale. Non si sa mai quando ti chiamano e dove sarà la tua destinazione. Ti lasci condizionare la vita per pochi spicci e la speranza di accumulare punteggio.
Quest’anno ho avuto una botta di culo e sono stata per più di due mesi e mezzo in una classe III elementare a fare scienze per 3 ore (!) a settimana. Avevo preso il posto degli “aventi diritto” che non volevano così poche ore in una scuola così periferica.
Per me un miracolo: sai che il mercoledì lavori per 3 ore. L’unica certezza in un infinito indistinto di precarietà. I bambini sono carini. Ti affezioni subito. Le scienze non sono il tuo forte. Ma scopri che gli esperimenti piacciono tantissimo ai tuoi allievi. E ti vien voglia di studiare. Approfondire. Trovare sempre qualcosa di nuovo da fargli fare e capire. Guardi quei piccolini e scopri pian piano le loro capacità…ma anche le loro debolezze. Tiri fuori da loro risorse. Intuisci il perché dei disagi, degli occhi abbassati. Di quei compiti mai fatti. Insomma, un po’ ti innamori. Sai che non dovresti farlo, perché l’”avente diritto” incombe da un momento all’altro. Tu sei precaria. Sei destinata ad andartene. Ma il cuore, ce lo insegnano dai primi giorni di scuola, è una specie di muscolo che pompa sempre. Anche quando non te ne accorgi. E mentre lui pompa, tu capisci sempre meglio ciò che devi fare. Hai delle colleghe che ti aiutano. Che ti passano materiali, ti indicano come è meglio comportarsi. La segretaria ha gli occhi dolci e capisci che non vorrebbe mai giocare a rimpiattino con il tuo contratto. Capisci insomma che tutto intorno a te ci sono altri cuori che pompano e ti senti meno sola. Hai un posto nell’universo. Per quanto precario e limitato a quelle 3 ore.
E mentre tutto prende forma, sta per arrivare Natale e il concorsone per immettere in ruolo qualche bravo e fortunato nuovo insegnante. Decidi di provare. Senza convinzione perché a scuola hai fatto il francese e ti chiederanno l’inglese madrelingua in pratica. Ma perché non provare? Questo mestiere ti piace e dà tutte le sicurezze che fuori di qui non hai mai avuto (stipendio regolare, TFR, vacanze, giorno libero, malattie, maternità…miraggi per i lavoratori in proprio!).
Siamo al 10 di Dicembre. A scuola è tutto un organizzare presepi, addobbi natalizi. Alle finestre coccarde rosse. Nel corridoio spunta un esagerato albero addobbato a festa. E pensi che la festa sia anche per te. Hai fatto anche i colloqui e conosciuto i genitori dei tuoi allievi. E’ un tuo obbligo istituzionale anche …magari domani non ci sarai più. Inizi a pensare a come dire “buone vacanze” ai tuoi pupi. Un esperimento speciale per dirsi Goodbye in allegria. E poi pianificare i compiti delle vacanze per non fargli perdere il ritmo e il gusto della scoperta.
Ovviamente per campare non bastano quelle 3 ore di supplenza (facendo i calcoli, più o meno 80,00 euro netti al mese sottraendo il dispendio di benzina). Hai preso un’altra supplenza di 4 ore in un altro paese. Hai un paio di lavori che fai a prestazione occasionale e che ti si intrecciano alle altre cose…Insomma il tempo è poco e te lo devi saper organizzare. Tempo per studiare non ce n’è un granché.
E’ SABATO 15 DICEMBRE. Sei a casa. Di fronte al fuoco. Fuori è un freddo boia. Il tuo fidanzato è imbozzolato nel plaid con un inizio di influenza. L’albero di Natale montato ma non ancora addobbato. I piatti da lavare sul piano di marmo. Tu dovresti studiare per il concorsone che avrai martedì 18…Ma sai che mercoledì 19 sarà l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale. Inoltre, Antonio, quel bel bambino dagli occhioni neri che cambia sempre posto, bravissimo a disegno ma che ha tanto bisogno di lavorare, studiare, avere autostima, partirà lunedì per Milano. L’urgenza che ti senti premere dentro è: preparagli i compiti o perderà 2 settimane di “scienze”. E per te i compiti non sono leggere da quel libro schifoso!
Di fronte al fuoco, allora, tutta contenta, inizi a inventare dei giochi per classificare gli animali. Scarichi materiali da internet, componi per loro una scheda divertente. Una specie di album personalizzato di figurine con animali con cui poi potranno fare le classificazioni e giocare a scambio immagini. Ci metti 3-4 ore. In 4 ore avresti potuto fare 4 prove del MIUR per il concorsone. Ma il cuore ti ha detto che dovevi prima pensare alla “tua” classe, a dare un compito che fosse però anche un regalo, un gioco per i tuoi allievi per un Natale un po’ speciale.
Povera illusa.
E’ lunedì 16. Ti arriva una mail di possibile convocazione ad una supplenza che guarda caso ha le caratteristiche del tuo insegnamento. 3 ore il mercoledì mattina. Non capisci. O non vuoi capire. Vai a vedere sulla scheda contratti del sito internet MIUR e scopri che il 14 DICEMBRE SEI STATA LICENZIATA e nessuno te lo ha detto. Tu il 15 stavi preparando i compiti per la “tua” ultima lezione in classe…ma la tua ultima lezione molto probabilmente non ci sarà. Loro lo sapevano. Tu no. E’ mercoledì mattina, ore 9.00. Nessuno mi chiama. Ovvero, la segreteria non mi chiama. La supplenza non tocca a me. Il concorso, ieri, è andato male. Magari sabato avrei potuto fare quelle 4 prove in più invece che star lì a preparare compiti che nessuno mai farà! Ma è inutile e ozioso pensarlo. Confesso. Non ho resistito e ho chiamato a scuola per farmi dire dalla segretaria se effettivamente non dovevo andare. No. Non devo andare. Chiedo allora di parlare con la mia collega per dirle di alcuni sospesi che ho lasciato e per dirle di dire alla supplente che dovrebbe introdurre gli animali…maledetti animali! La collega è tanto carina. E mi dice “Mannaggia, Angela ti aveva portato un regalo per Natale”. E io penso, che dolci quei bambini! Sicuramente anche Giuseppina e Roberta a ricreazione mi avrebbero preparato una letterina e un disegno, me ne davano sempre con scritti grandi “ti volio bene, non andare via se andi via piangero!”. E Miriam due settimane fa mi aveva detto che stava preparandomi una sorpresa…ma che non mi dava neanche un indizio!
“Vuoi parlare con Angela?”. Mi chiede la collega. Le dico di no. Non sarebbe giusto per tutti gli altri. O tutti. O nessuno. Nessuno.
I bimbi sapevano che li avrei lasciati prima o poi. Glielo avevo detto per non creargli false aspettative. Ma penso che anche loro, come me, non se lo aspettassero così. Sotto Natale. Senza un saluto. Senza gli auguri. E’ roba banale. Che passa. Loro avranno un’altra supplente sicuramente più preparata di me e poi un’altra maestra. E si sa, a quest’età le cose si scordano con la stessa rapidità con cui si apprendono! Io avrò altre classi (spero!) e altri occhioni a cui affezionarmi. Ma ora qui, piangente come una fontana, con le mia inutile scheda sugli animali, mi sento di aver in qualche modo tradito quei bambini. E mi sento tradita da un meccanismo burocratico, alieno e alienante che non mi restituisce ciò che gli ho dato e che mi tratta come se dentro di me ci fosse un ingranaggio meccanico e non una specie di muscolo involontario che continua a pulsare. In ogni caso. Anche suo malgrado. E questa è solo la mia versione di una banale storia di routine scolastica. Una banale storia da supplente di “III classe”. Raccontata sotto l’albero di Natale ancora da addobbare.
Mara Predicatori
Nota: I nomi dei bambini sono stati cambiati nel rispetto della loro privacy
Tag: bambini, diario, lettera, mara, natale, predicatori, scuola
20 dicembre 2012 alle 00:11 |
Queste cose sono normali nella nostra nazione. Quindi doveva saperlo. A proposito, carino il termine ^botta di culo^! Utilizza questo poco consono linguaggio anche davanti gli alunni delle elementari? Congratulazioni!
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23 dicembre 2012 alle 09:50 |
Sapere non vuol dire legittimare o non provare emozioni legate alle cose. E sapersi indignare penso che sia l’unica arma che avremmo per la nostra nazione. Ma purtroppo siamo tutti addormentati dal “tanto si sa…”. E’ così che legittimiamo il perpetuarsi degli errori.
Ovviamente potremmo scegliere cose un po’ più “urgenti” per esercitare la nostra indignazione. Questo sì.
Per il linguaggio… Lei di tanto in tanto si lava i denti? Mi auguro di sì. Tuttavia penso non lo faccia direttamente in piazza. Ecco, io ho fiducia nella sua capacità di scegliere il contesto giusto per fare le cose. Potrebbe avere un po’ di fiducia anche nella mia competenza ad adattare al contesto il linguaggio.
Ma grazie per il commento. E’ l’unico che mi ha restituito uno sguardo diverso. E forse il più utile a capire come gira la ruota.
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20 dicembre 2012 alle 15:19 |
Sarebbe bene non leggere questi articoli…..fanno male al cuore. Purtoppo è una triste realta vissuta da tanti insegnanti ed i loro scolari. Capisco il suo sfogo e gli auguro che anche Lei possa arrivare alla meta ambita di lavorare a tempo pieno. Con sinceri auguri per le prossime feste e per il Suo futuro.
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23 dicembre 2012 alle 10:13 |
Grazie mille. Molto gentile e ricambio gli auguri di buone feste.
Approfitto tuttavia di questo spazio per muovere una proposta (anche per far capire che il mio non era un inerte sfogo personale).
Quando ci sono supplenze lunghine (oltre il mese), non si potrebbe dare alla supplente l’occasione di un’ultima lezione per chiudere decentemente tutto (riportare compiti, lasciare le consegne alla nuova insegnante, salutare gli allievi…)? O anche mettere, se vogliamo, da contratto, l’obbligo di un incontro pomeridiano di passaggio di consegna per non sprecare il lavoro sedimentato in quei mesi?,,. Troppo civile? Troppo in linea con il principio della “continuità didattica”?
Ecco, l’idea sarebbe mettersi dalla parte dell’utente: il bambino, lo studente. Tutto sommato è per lui che abbiamo questo lavoro, no?L’idea sarebbe non fargli subire le logiche della burocrazia sia in termini di apprendimento, sia in termini emotivi. E non pensare sempre e solo al: tocca a me, tocca a te. facciamo ricorso, ma io ho 6 giorni di servizio in più, ah però …
Ecco. L’idea sottesa era questa.
Non fa niente se io potrò o meno lavorare a scuola. Mi piacerebbe. Ovvio. Ma io sono una e non faccio media. Mi piacerebbe piuttosto pensare di poter mettere al mondo un figlio che possa vedere la civiltà della nostra nazione espressa anche, e soprattutto, nella gestione scolastica.
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26 dicembre 2012 alle 20:21 |
Cara Mara, la tua lettera mi ha commosso e … anche incazzare. Come tu sai, il tuo non è un caso isolato: l’anormalità in questo nostro Paese è diventata la normalità. L’eccezione è diventata la regola. Siamo arrivati al punto che ci impediscono di amare il nostro lavoro. Hai fatto bene a scrivere quella tua riflessione, non bisogna tacere.
Ti auguro in ogni caso Buone Feste.
Angelo Scebba di http://www.gildatv.it
angelo.scebba@gmail.com
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