di Costanza Bondi
Un titolo che nulla lascia all’ignoto, quello dell’esordiente Sergio Carrivale, moderno citaredo del cantare, in versi poetici, il quotidiano. La frase “senza mani in bicicletta” fa tornare immediatamente alla mente di tutti il gioco da bambini dal quale in pochi, credo, ci siamo cimentati nell’infanzia. Ma son quattro parole che, scritte tutte attaccate, diventano prima un blog e si concretizzano poi, cioè oggi, in una pubblicazione. Nato a Tunisi, di origine siciliana, trasferitosi a Roma e finito a Perugia per un caso della vita, ecco che il nostro contabile e informatico si trasforma – come lui stesso si definisce – in sedicente scrittore e poeta. Una scrittura che in tutta l’ironia, anche amara che ne trasuda, si rifà a Pirandello nel descrivere fatti, atti, eventi e persone che possono essere al contempo umoristici e drammatici: “ricordo un tale – vivo – ch’ebbe a morir tre volte prima d’essere defunto”. Di particolare interesse il taglio giornalistico che è stato dato al libro, sia nella scelta del Type Writer Tipa, il carattere con cui è stato stampato, sia nel gusto di riportare la sintesi giornalistica, la notizia in sé per sé, senza tanti fronzoli a corredo. Ciò perché la parola, per l’autore stesso, non deve e non può rimanere al metafisico, quanto piuttosto racchiudere in sé il compito di affrontare il reale sempre e comunque. Da qui, lo stile della scrittura spontanea e pura che si ritrova in ogni pagina. Autodefinitosi edonista e narcisista, in “senzamaninbicicletta” (volutamente scritto tutto minuscolo) Sergio Carrivale ci offre un’atmosfera raccolta che l’editore Jean Luc Bertoni descrive come ironica&malinconica, rabbiosa&romantica. “Gratis io scrivo per me” racchiude in toto la filosofia dell’autore, secondo la quale l’obiettivo della propria scrittura è di destare interesse, anche se a volte non gradito a tutti, poiché per Poesia si intenda quell’interiorità che però non va trattata in guanti bianchi, come una cosa delicata, quanto piuttosto con mazzetta e scalpello, nelle sferiche periferie dell’Io smarrito, nella fantasia di stelle che descrive l’universo. In qualsiasi argomento: che di amore si tratti o di politica, in una parola… di vita.
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