Tosto, talmente tosto, che per tre volte l’anno in estate molla la sedia a rotelle e prova a volare.

mauro belligiMauro Belligi, nato a Perugia nel ’66, fa sul serio. Affetto da sclerosi multipla, si diverte a lanciarsi col paracadute da un’altezza di cinque mila metri. Lo fa a Fermo.

 

 

“Il paracadute è sempre stato una mia grande passione – racconta – figuriamoci se ne faccio a meno per via della malattia. Ho fatto un corso da paracadutista da ragazzo, quando potevo stare sulle mie gambe ed ero uno sportivo. Lanciarmi mi ha sempre dato un grande senso di libertà, difficile da spiegare. Quando nel ’92 ho scoperto di avere la sclerosi, mi sono chiuso in me stesso, ho lasciato a poco a poco lo sport e ho vissuto momenti di grande angoscia. Non riuscivo a volare più. Vertigini, cadute improvvise, debolezza. Dovevo smettere. Anche la voglia di andare avanti ha cominciato a vacillare. Conoscevo questa malattia e sapevo che mi avrebbe reso immobile, perché ha colpito anche mia madre. La sclerosi era scritta nel mio Dna. Il mio destino era, dunque, segnato in parte. Però, io sto provando a scrivere l’altra parte. Neanche l’impianto di cellule staminali in Israele ha compiuto il miracolo promesso.

Poi?

Ho ricominciato a vivere a poco a poco grazie all’associazione dei malati di sclerosi multipla, che ho guidato a livello provinciale. Gli scambi di esperienza e l’amicizia profonda con alcuni di loro mi hanno aiutato. Sono su una sedia a rotelle da otto anni, mi assiste una badante, ma ti assicuro che oggi mi sento più forte. Si può andare avanti, ma occorre avere dei sogni. Io continuo ad occuparmi dei disabili. Mi alzo e ho sempre qualcosa da fare, a cui pensare. Ho finalmente ripreso a lanciarmi. Non potevo lasciare chiuso per sempre in un cassetto il brevetto da paracadutista, che ho preso con tanto orgoglio. Oggi mi lancio come passeggero. Dietro di me, anzi attaccato a me, in un’imbracatura doppia, c’è un istruttore. Non è sempre lo stesso. E’ lui che a 1200 metri fa aprire il paracadute. Cinquanta secondi di caduta libera. Dopo cinque minuti dall’apertura del paracadute, siamo a terra.

E non hai paura?

No, l’ho sempre fatto. E poi è l’unico momento in cui mi muovo. L’aria mi fa sentire leggerissimo. Adrenalina al massimo e gli effetti si sentono per giorni. Il problma è che ho difficoltà ad atterare. Non ho forza nelle gambe. Devo strisciare sul prato con il paracadute.

E i sogni di cui parlavi?

Ne ho due. Uno, che la ricerca non si fermi. Hanno già scoperto farmaci che in parte bloccano la malattia. Ed è già un gran risultato.

L’altro?

Volare, ma da solo. Io ci spero.

Cinzia Ficco

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