Riceviamo e pubblichiamo
Né cabaret né colpo di teatro, né golpe finto, ma vero e autentico, sia pure fallito e provato dai 312 morti , di cui 104 golpisti e 208 tra lealisti e civili.
E oggi un controgolpe, ancora più duro e violento, visto il gran numero degli arrestati, siamo a circa 8000 mila, e dei dipendenti pubblici sollevati, è il caso di dire di peso, dai loro incarichi e la foto drammatica postata su Twitter dalle caserme di Erdogan, simbolo di umiliazione etica e fisica degli sconfitti sono la testimonianza più cruenta.
Una situazione assolutamente incomprensibile per noi occidentali, svezzati e cresciuti ai valori della democrazia, del pluralismo culturale e della tolleranza religiosa, soprattutto se fermiamo il mirino della nostra attenzione alla posizione di grande rilievo internazionale conquistato dalla Turchia in uno alla volontà tante volte espressa di far parte della UE.
Una Unione Europea che ha dimostrato grande incertezza e notevole ambiguità chiudendosi in un assordante balbettio e silenzio nel prendere posizione pro o contro, probabilmente perché fortemente condizionata dal negoziato fresco di firma con Ankara per il contenimento dei circa due milioni di profughi siriani e, di conseguenza, da interessi del momento, tralasciando quelli che sono i suoi principi fondamentali e fondanti, come la democrazia e la tolleranza religiosa.
Una Europa, quindi, che si è lasciata trovare impreparata di fronte al “paradosso turco” che ha visto un golpe antidemocratico tentare di rovesciare e colpire a morte un Erdogan non democratico, sia pure eletto democraticamente.
Insomma, una torre di Babele che avrebbe avuto bisogno, in un momento particolarmente delicato quale quello che sta attraversando l’Europa, vedi la Brexit , di una guida politica senza indecisioni nel guidare il processo di democratizzazione dei Paesi che chiedono di farne parte.
Indecisioni che riducono a zero la speranza che la Turchia possa evolvere verso i binari della democrazia compiuta, anche perché il giro di vite illiberale in atto sta riducendo al lumicino l’opposizione laica interna.
E qui sta avendo ragione il direttore del quotidiano Cuhmuriyet, Can Dundar, quando sostiene che Erdogan avrebbe usato, come in effetti sta facendo, il fallito golpe per consolidare il suo potere e sbarazzarsi dei suoi oppositori.
Erdogan stesso aveva dichiarato subito dopo il golpe che “questa sollevazione per noi è un regalo di Dio perché ci darà il motivo per ripulire il nostro esercito”.
Ed è quello che sta avvenendo con il conseguente spegnimento della luce dell’opposizione laica.
Quasi una sorta di parallelismo con quanto è accaduto a Nizza, in Francia, dove si è voluto colpire il simbolo laico delle vacanze, del divertimento, del consumismo occidentale tanto detestato dai musulmani conservatori.
In altri termini la religione in senso lato cemento per tenere insieme la gente, il popolo e non il cittadino con le sue idee e la sua individualità.
Ecco perché nella notte del colpo di Stato i muezzin si erano schierati contro i golpisti chiamando a raccolta la gente dai minareti per resistere e obbedire al video di Erdogan e nelle 85 mila moschee della Turchia c’è stata una preghiera simultanea per le vittime del golpe.
Il popolo raccolto per difendere un Erdogan eletto con libere elezioni che solo ulteriori elezioni potrebbero defenestrare.
E qui è tutta la chiave anche del balbettio delle Cancellerie.
Non si può abbattere con metodi antidemocratici un governo regolarmente eletto.
Anche se ora le Cancellerie, ad iniziare da quelle della UE, stanno, e giustamente alzando la voce, dichiarando che le porte della UE sono aperte, ma a condizione che la Turchia diventi e sia uno Stato democratico e non segua la strada delle vendette , delle epurazioni e dell’introduzione della pena di morte.
Vincerà Erdogan o la linea che oggi sembra prendere corpo tra le Cancellerie?
O si continuerà e si proseguirà con le ambiguità occidentali?
Vincenzo Fiore
Tag: epurazioni, erdogan, europa, fiore, golpe, turchia, vincenzo
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