ASSISI, CITTA’ DELLA PACE SENZA PACE

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Benedetto XVI

Si sono riuniti nei giorni scorsi ad Assisi alcune eminenti personalità religiose mondiali, le quali, in rappresentanza di alcuni miliardi di credenti nelle varie fedi professate, hanno pregato per una costante ricerca di una comunanza di pace che scongiuri nuove guerre e faccia cessare quelle in atto.

Questa la notizia.

Nel 1986 ebbe luogo il primo incontro, nato da un’idea del papa Giovanni Paolo II: altro contesto, altri tempi diremmo oggi, ma identica sostanza.

Adesso con la strisciante presenza di un conflitto mondiale a pezzi e soprattutto con una deriva ideologica ateo-nihilista che è forse alla base della insostenibile crisi

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Giovanni Paolo II

dell’Occidente; con l’immane problema delle migrazioni di interi popoli in fuga dalla miseria e dalle guerre, una ritrovata unità religiosa sarebbe un esempio rimarchevole per chi deve decidere le  sorti del mondo. Sarebbe, dico. Se non fosse che l’identità religiosa crea qualche problema teologico di fondo a religioni monoteiste quali per esempio quella cristiana, quella giudaica e quella islamica, cioè alle più importanti. Tutte e tre professano una fede assoluta nell’unico Dio, indivisibile ed incondivisibile né assimilabile ad altri. La storia umana è tristemente piena di intolleranti comportamenti nei confronti del semplice pensiero di equivalenza “de facto” di Jahwé, Allah e Gesù-Dio.

Se da una parte si può convenire sulla necessità di un’unità di intenti di uomini di buona volontà, nel tentativo di creare i presupposti etici, religiosi ed in definitiva umani, per una conciliazione dei dissidi politici, dall’altra parte è necessario che tutto ciò avvenga rispettando le tradizioni storiche (che sono poi azioni profetiche!) che hanno determinato le rispettive credenze. Non mi soffermo sulle specificità teologiche di ciascuna fede perché l’esperienza insegna che tutte le guerre dell’umanità hanno avuto come concausa sempre motivazioni religiose, però il cattolico dovrebbe essere consapevole di credere nell’unico Dio possibile, dal momento che si è proprio autorivelato con tale affermazione, sul monte Sinai… ( Non avrai altro Dio al di fuori di me.)

Allora, che fare ad Assisi?

Si farà, come trent’anni fa: una spettacolarizzazione condivisa di un fenomeno religioso planetario, ma che dal punto di vista della fede, sarà di scarso rilievo. Gli avvenimenti dovrebbero essere decodificati non perdendo di vista il contesto storico entro cui si inseriscono. L’incontro di Assisi ha perduto molto del suo originario significato e soprattutto ha perduto il suo propugnatore profetico: quel cardinale polacco alle prese con il mostro tentacolare della politica dell’URSS, in piena guerra fredda, con l’attentato di Piazza san Pietro  da una parte e la caduta del muro di Berlino dall’altra. Fu allora quella una preghiera comune in un momento di svolta cruciale per l’Occidente e l’Oriente. Adesso invece, il pervasivo ateismo, il feroce antiteismo  (sopratutto anticristiano) il micidiale fondamentalismo islamico, una selvaggia tendenza a monetizzare qualunque residuo valoriale superstite, un’indisciplinata globalizzazione che ha delocalizzato economie e coscienze, rendono inutile una esibizione spettacolare di palandrane, stole, caffetani e capi piumati. Vescovi, brahamini, sacerdoti zoroastriani, pope ortodossi, bonzi buddisti, stregoni pellerossa sono un segno di evidente contraddizione in pieno relativismo religioso, che mina la credibilità di un’iniziativa, che avrebbe potuto segnare un’autentica stagione di unità se non teologica, almeno valoriale. Credere in un futuro di pace professando una irrinunciabile singolarità religiosa sembra essere  però un paradosso irrisolvibile, infatti la pace di questo mondo è raggiungibile a costo di rinunce e compromessi, cosa che la fede non può concedere senza divenire liquida, variabile, una specie di mezza verità. L’umanità che plaude e partecipa alla festa di Assisi non dovrebbe apprezzare solo le conseguenze di un’azione spettacolare ma stimarne innanzitutto la qualità; e la qualità dell’incontro per la pace di Assisi rischia di apparire una mescolanza di aromi e sapori tanto diversi da rendere insipida e neutra ogni preghiera. L’essere cristiano impone di non nascondersi di fronte a Cristo ma di dire la verità anche se questa offende: Dio non è una compensazione di una realtà impossibile da governare come la pace, ma la presenza invisibile che circonda la fatica degli uomini di sopportarsi a vicenda.

MASSIMO CAPACCIOLA

 

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