GIORNO DELLA MEMORIA … PER MODO DI DIRE

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Massimo Capacciola

Si avvicina la fatidica data del 27 di Gennaio, dedicata al ricordo dello sterminio degli Ebrei da parte del potere nazista in Germania. Commemorazione doverosa e non emendabile dal panorama degli eventi di una società civile che vuole affermare i valori di una comunità libera, uguale e giusta. Mi chiedo, tuttavia, se con questo si esaurisca il problema della Memoria: memoria come monito a non più ripetere tragedie ed orrori; giornata della memoria come scusa per poter dimenticare ogni volta tutto; festa della memoria per ravvivare un interesse sopito per cattiva memoria. Si sa che i ricordi uccidono e che senza memoria saremo immortali, ma la correttezza politica costringe ad un impegno improbo: ricordare solo qualcosa ma non tutto, magari con la raccomandazione di “non fare domande”.

germaniaOra, si sa che l’inchiostro più sbiadito è migliore della migliore memoria, quindi vorrei rinforzare ricordi smunti, per evitare che parole scolorite fabbrichino leggende a senso unico. Solo per limitarci al secolo scorso o poco più, ravviviamo la memoria, quindi, per l’Olocausto di milioni di Ebrei eliminati dai nazisti. Va bene, è giusto!
Ma anche la memoria per l’eliminazione fisica della popolazione Rom e Sinti, perpetrata da parte dei tedeschi e sovietici; memoria per l’eliminazione sistematica dei Pellerossa americani, proseguita per più di un secolo da parte degli Stati Uniti; memoria per la soppressione di vecchi portatori di handicap, persone affette da follia, considerati meno che relitti umani, nel corso degli ultimi 80  anni, da parte dei tedeschi, sovietici, giapponesi; memoria per il massacro dei Kulaki russi (definiti  poi spregiativamente “bolscevici”) da parte di Stalin; memoria per lo sterminio di milioni di Armeni da parte dei Turchi all’inizio del XX secolo; memoria per gli oltre 5 milioni di Ucraini giustiziati dalle forze comuniste sovietiche negli anni 1932-33; memoria per la distruzione del popolo cambogiano soppresso dopo indicibili torture dai Kmer rossi di Pol Pot; memoria per i
milioni di morti che la rivoluzione cinese di Mao-tze-Tung comportò, per il conseguimento della “lunga marcia”; memoria più recente obbliga a ricordare il genocidio in Congo, operato dai Belgi di re Leopoldo e, più vicino a noi, quello dei Ruandesi, massacrati uno ad uno, a colpi di machete.
Come non terminare questa truculenta lista, ricordandosi dei massacri perpretrati contro i Cristiani di ogni latitudine, di ogni censo, di ogni nazione:martiri perseguitati solo per il fatto di esserlo.
Come si vede è difficile diventare un pensatore garbato, un intellettuale raffinato se si è dotati di buona memoria. Inutile appendere la nostra ragione al gancio dell’ineluttabilità, della necessità del dolore, inscritta nella logica delle azioni umane. Questa, la storia delle azioni umane cioè, che è poi la realtà, non si accontenta di narrare le proprie conquiste ammantandole di nobili fini, di valori supremi, si dedica, soprattutto, con particolare accanimento, a celare le turpi motivazioni perché sa di non essere innocente.
La memoria, la nostra memoria ha il dovere di resuscitare i morti. Tutti,
indistintamente! Di esporli in parata davanti a tutte quelle masse annoiate, che per un giorno fingono di ritrovarsi dinanzi al tribunale delle banalità etiche, dei cordogli esibiti, convinte di riparare alle proprie atrocità, magari ripetendole.
Credo, infine, che non si possa far finta di ignorare, nel giorno della memoria dei genocidi, i milioni di aborti perpetrati quotidianamente nel mondo, in ogni luogo del pianeta,
inconsapevolmente oppure sollecitati da necessità impellenti. Senza pretendere di emettere una sorta di giudizio personale, ritengo che, oltre 44.000.000 di aborti effettuati ogni anno (dati ONU, 2014) di cui oltre la metà, legalmente, pretendano almeno una menzione di diritto, nel giorno della Memoria di “altre” morti. Ci si chiede continuamente: ma Dio dov’era? Dio dov’è?
Credo che la Provvidenza provochi catastrofi affinchè i mass-media più intelligenti scrivano stupidaggini.
MASSIMO CAPACCIOLA

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