Il “sacro femminino” nella terra Umbria: terra di mezzo, terra mater eppure terra dai mille volti, dalle molte voci dissonanti. Cuore verde. Oasi di pace.Terra a misura d’uomo, umile e silenziosa terra dei contrari: lodata eppure trascurata, indifesa eppure temuta. Io dico: Terra femmina!
Questa terra è sacra e profana: è femmina come le sue femmine.
Regine, schiave, sante e peccatrici, sagge eppur leggere.
(Chiara, Agnese, Beatrice, Rita, Scolastica, Angela, Veronica, Angelina di Marsciano, Lucia di Narni Margherita e tantissime altre sconosciute, magari anche prima dell’era cristiana, e Vittoria Accoromboni, Colomba Antonietti, Maria Alinda Bonacci Brunamonti).
Sì, perché “Femminino” non è semplicemente femminile, è qualcosa di più complesso e superiore è parola spinosa.
E’ ciò che caratterizza la donna, ma non è un aggettivo sessuale, non è una qualità contingente ma connaturata al concetto stesso di femminilità.
W. Goethe nel verso finale del Faust, riferendosi alla sua amata Margherita dice che “l’eterno femminino ci trae in alto”.
Indica una particolarità del “femminile”, un femminile profondo, fisso, saldo, che richiama qualità sacre, ferine quasi, feroci, di amore totale, di spinta all’elevazione, alla rigenerazione proprie della femmina umana, immutabile nella sua essenza.
Se pensiamo a Dio, ci viene in mente un uomo con la barba e questo lo dobbiamo a secoli di maschilinizzazione del divino, di origine sociologico-culturale che ha avuto il suo apice con le tre religioni monoteiste: Jahwhe, Cristo, Allah. Ma non è sempre stato così.
All’origine della storia umana, la concezione religiosa primitiva è stata quella del “femminino sacro” Un genere umano costituito da cacciatori-raccoglitori ha unito inconsciamente i ritmi della natura, l’abbondanza dei doni della terra, la magia della nascita e della vita con la donna e con il suo potere riproduttivo, dal quale i leader tribali, maschi per logica naturale, si sentivano ovviamente esclusi.
Contemporaneamente la percezione intuitiva di uomini completamente immersi nella natura e soggetti ai suoi cicli li ha condotti a prendere coscienza delle energie che sono alla radice della vita e del mondo fisico.
Così la terra stessa doveva sembrare loro un grande unico essere vivente che li ospitava, li nutriva, e determinava la loro vita e la loro morte: donna come la natura che dava la vita.
E’ assolutamente plausibile che gli uomini non si rendessero conto del mistero procreativo implicito nella sessualità e che pertanto abbiano visto nella femmina tutta la magia procreatrice come prerogativa unicamente femminile.
Quindi femmina, mito della generazione, divinizzazione della donna e della fertilità. Il femminile vede l’invisibile, dà vita alla creatività, permette la trasformazione, apre all’amore incondizionato, nutre l’apertura del cuore.
Intuiamo che “sacro” ha a che fare con un dio, un qualunque dio… e l’Umbria che, per certi versi è dura, terragna, ostile e crudele, ci appare profana, per altri versi sembra permeata da una forma di predilezione celeste, sacra direi, se non addirittura santa.
A Gubbio si avverte più che altrove, proprio a motivo della Festa, la sfumatura tra il concetto di sacro e santo perché qui si festeggia il Santo, ma lo si fa attraverso un gesto Sacro. Così come femminile non è femminino, anche sacro non è santo
L’etimologia della parola santo viene dal latino: sancire = sanzionare, deliberare, separare
L’etimologia della parola sacro è da ricondursi al latino: sacrum= consacrato ad un dio ovvero qualcosa cui è stata conferita validità.
E’ un mistero tremendo e fascinoso di fronte al quale l’uomo si sente annichilito da ciò che è legato ad un valore trascendente quindi, inviolabile, separato ma anche maledetto.
Pertanto, il termine sacro rappresenta da un lato, l’unione con l’ambito del divino, normalmente interdetto a quello del profano, dall’altro la separazione (appunto la “santità”, in senso etimologico) del sacro dal profano.
Un oggetto qualsiasi diviene un’altra cosa, senza cessare di essere se stesso; è legato allo sforzo dell’uomo per costruire un mondo che abbia un significato
L’apparizione del sacro ha diversi effetti:
1) stabilisce un centro nel caos del mondo fisico acquistando un orientamento; pone l’uomo al centro del mondo e in comunicazione con il divino;
2) ordina il tempo attraverso periodiche feste sacre, riattualizzando un passato mitico e permettendo all’uomo di parteciparvi;
3) consente all’uomo di concepire gli eventi naturali come simbolo, come eventi dotati di un significato ulteriore a quello che apparentemente manifestano, un significato che rende presente un messaggio divino.
(Da notare che il simbolo della CROCE è formato dall’intersezione della sfera del santo (linea verticale)
con quella del sacro (linea orizzontale) come il monte Golgota, che si incontrano in un unico Punto….che per noi Cristiani è Gesù Cristo.)
Questa nostra terra, femmina d’indole indomita, ha meravigliato re, papi e pezzenti per la sua caparbia reattività al destino, fatto di luoghi comuni, di tesori sepolti con accuratezza per salvarli dall’entusiasmo degli intrusi.
Qui non si confonde il sacro con il santo (vedi la corsa dei Ceri!): non sono la stessa cosa! L’uno non preclude l’altro, ma non senza uno sforzo interiore, di conversione intendo. Il Santo è prezioso, sfolgorante, (penso a Francesco) spesso superbo ed indisponente tanto è inarrivabile. Il santo!
Sacro è invece ciò che è separato dall’umanità, ciò che l’uomo finge di non ricordare più, quando fu scacciato dalla sacra terra fatta a sua immagine, e fu estromesso e costretto al vagabondaggio.
Sacra è rimasta quindi la femmina. Tutte le femmine sono sacre perché opposte, complementari ma… altre, separate, umiliate, costrette. Sacra è questa terra che ci fruga nella memoria e ruba le nostre lacrime oltre che il sonno con i suoi terremoti infiniti: manifestazione della sua Terribilità!
Ma infine sacri siamo tutti noi quando non ci mascheriamo da moderni e ci presentiamo cosi come siamo: lerci o signori, servo o padroni.
Umbria è antica come la fame e poco meno della morte, però innocente come un agnello pasquale stufa del silenzio vuoto ed informe di oggi.
Il sacro non sia più sconosciuto: s’incarni nell’oggi, sia voce che chiama a testimoniare la sua realtà, e a rivelare, come un proverbio antico, a vivere in questa terra sola e santa , in solitudine e santità.
Massimo Capacciola
Copertina: dipinto su vetro di Mariella Cutrona
Potete trovare il volume presso la Libreria Fotolibri C, Garibaldi 57 Gubbio
Tag: capacciola, cutrona, femminile, fotolibri, gubbio, libreria, mariella, massimo, sacro, umbria
Rispondi