Archive for the ‘Mitologia’ Category

IL POPOLO PIU’ ANTICO D’ITALIA

11 ottobre 2009

Umbri 2

GLI UMBRI:

Di Diego Antolini


Gli Umbri giunsero in Italia centrale intorno al I millennio a.C., occupando un’area che si spingeva fino alla costa adriatica e Est, all’attuale Romagna a Nord e alla Toscana a Ovest. Il nucleo portante di questa popolazione era tuttavia la zona appenninica centrale, che digradava sulla pianura dell’Alto Tevere.

Le fonti classiche, di derivazione romana, sono quelle di Strabone e Plinio il Vecchio, il quale scrisse: “…La gente umbra è considerata la più antica d’Italia, tanto che si ritiene che fossero chiamati ‘Ombrioi’ dai Greci per essere sopravvissuti alle piogge dopo il diluvio…”.

Tra l’VIII e il VII sec. a.C. gli Umbri svilupparono un’economia basata sull’agricoltura, l’allevamento e la lavorazione dei metalli, mentre nel V sec. cominciarono a sorgere i primi aggregati “pseudourbani”, quali Asisium, Fulginium-Fulginia, Ikuvium, Nuceria, Spoletium, Tadinum, Plestia, Tifernum, Tular, Vettona. Si passò perciò dalle semplici fortificazioni collinari a più estese concentrazioni urbane. I centri nodali di incontro, sparsi per il territorio, avevano diverse funzioni: commerciali, abitative, religiose. I villaggi fortificati sorgevano sulle colline a mezza costa o su alture che dominavano le principali vie di comunicazione. Lungo i fiumi si trasportavano le merci, in particolare cibo e legname.

Ben presto il territorio degli Umbri si andò assottigliando, a seguito della conquista della Toscana da parte degli Etruschi e dell’espansione dei Sabini. Nel 295 a.C. i Romani sconfissero la Lega che le popolazioni italiche avevano stretto con Galli ed Etruschi. Nell’invasione del territorio, anche gli Umbri vennero sottomessi e le loro terre occupate dai legionari.

Riguardo alla cultura religiosa, ancora una fonte romana (Cicerone) scrive che gli Umbri erano famosi per la elevata conoscenza dell’arte divinatoria (al pari degli Etruschi e dei Celti), grazie alla esplorazione e all’osservazione di tutti gli aspetti della natura.

Tutto quello che si conosce di questo antico popolo è riportato su alcune tavolette conservate presso il museo civico di Gubbio. Le “Tavole Eugubine” rappresentano ad oggi la più completa e organica testimonianza sugli Umbri. Si tratta di sette tavole in bronzo, redatte tra il III e il I sec. a.C. e trovate a Gubbio (sotto il teatro romano) nel 1444 da un agricoltore che poi le vendette al Comune. Cinque tavole sono scritte su entrambe le facce, mentre la VI e la VII hanno solo una faccia incisa. La lingua usata è il latino e l’umbro (un dialetto simile alle altre lingue italiche). Le prime quattro sono in dialetto umbro (paleoumbro) e le ultime due in lingua latina (neoumbro). Nella Tavola V sono invece presenti entrambi gli idiomi. Le Tavole Eugubine descrivono cerimoniali di “lustrazione ed espiazione” della città, e sono talmente importanti che Giacomo Devoto, linguista del ‘900, ebbe a dire: “[Le Tavole Eugubine]… sono il più importante testo rituale di tutta l’antichità classica. Non possediamo nulla di simile né in lingua latina né greca: per trovare paralleli, bisogna ricorrere a letterature del vicino o lontano Oriente…”

Le Tavole rappresentano inoltre l’unica fonte per la conoscenza della grammatica della lingua Umbra che, a differenza del latino, non possedeva segni per le lettere o, g, d e spesso scriveva p al posto della b.

Del contenuto delle tavole va menzionata la preghiera che gli Ikuvini, cioè gli abitanti dell’attuale città di Gubbio, rivolgevano ai propri dèi tutelari per proteggersi dall’attacco di popoli nemici, come i Nahartes, gli abitatori della conca ternana in cui scorre il Nera (Nahar), i Japuski, probabilmente popolazioni adriatiche come Piceni e Iapigi, e il Turskum Nomen, ossia la vicina nazione etrusca.

Tra le leggende legate agli Umbri vi è la cosiddetta “Strage”, riportata nelle cronache da Tito Livio nelle sue Historiae: “Durante il consolato di Lucio Genucio e di Servio Cornelio […]  ci fu una modesta spedizione in Umbria; era infatti giunta notizia di una banda armata che, partendo da una caverna, compiva scorrerie per le campagne. Truppe romane raggiunsero la caverna, ma per l’oscurità sulle prime subirono molte ferite, fino a quando non scoprirono un altro accesso percorribile in entrambe le direzioni, e appiccarono il fuoco a cataste di legna alle due imboccature. E così i 2.000 uomini circa che si trovavano all’interno della grotta, costretti a gettarsi attraverso le fiamme, alla fine morirono soffocati dal fumo e dal calore nel tentativo di uscire“.

La grotta in questione sarebbe stata identificata nella montagna di Cesi. A sostegno di tale ipotesi è il fatto che i Martani costituirono l’ultimo baluardo della resistenza degli Umbri all’invasione romana. In molti hanno cercato traccia dei 2000 sepolti vivi nella caverna, ma fino ad oggi non è stato trovato niente che potesse dare al mito la veridicità del fatto storico. Certo è che la ricerca continua, sui sentieri di un popolo che, forse, troppo in fretta è scomparso.

Sotto Perugia vi è solo grigia roccia?

11 ottobre 2009
antro della sibilla

antro della sibilla

I MONDI SOTTERRANEI

Di Diego Antolini

Il fascino che suscita il mondo sotterraneo nell’immaginario collettivo è noto da sempre: Jules Verne lo immortalò nel suo Viaggio al centro della Terra e H.P.Lovecraft ne scrisse nel suo inquietante Le Montagne della Follia. Entrambi gli autori, si dice, trassero spunto dal mito della “Terra Cava”, del “Re del Mondo” e dei grandi regni sotterranei dell’Asia Centrale. Secondo questa concezione, il nostro pianeta non sarebbe un concentrato di roccia compatta ma conterrebbe delle vere e proprie città al suo interno, città i cui accessi sarebbero sparsi in vari punti della Terra, collegate tra loro da interminabili cunicoli scavati in tempi antichissimi nella crosta rocciosa che divide il mondo di superficie da quello del sottosuolo. Lo stesso Dante Alighieri, nel suo “divin poema”, pose l’entrata dell’Inferno presso Gerusalemme.

Molti testi antichi narrano di misteriosi popoli che vivrebbero al di sotto della “Terra degli uomini” e che sarebbero in grado di interferire con le vicende della storia. Alcuni di essi opererebbero per il bene dell’umanità, come i “Sette Saggi” che dalle profondità del Tibet controllano i destini del mondo; altri sarebbero invece bramosi della nostra civiltà e punterebbero alla sua conquista: il ferocissimo popolo dei Nagas dalle sembianze di serpente, ad esempio, terrorizzava periodicamente i popoli dell’Asia Centrale in tempi remoti.

Renè Guenon nel suo interessantissimo Le Roi du Monde raccoglie le memorie di Ossendowski e ci parla, tra l’altro, dell’incredibile mondo “inviolabile” di Agharti, centro iniziatico sotterraneo in Tibet.

Sebbene le notizie al riguardo siano scarse, anche le cronache della storia contemporanea hanno registrato via via testimonianze incredibili di uomini che sarebbero scesi in questi mondi “interni”: l’Ammiraglio statunitense Byrd, ad esempio, scrisse nei suoi diari di essere penetrato in un mondo sotterraneo attraverso i ghiacci del Polo Nord; lo scienziato Eugenio Siragusa affermò che la “Terra Cava” è il rifugio dei discendenti dei superstiti dei cataclismi che affondarono Atlantide e distrussero Mu, i continenti “perduti” del nostro passato.

Quale sia il confine tra realtà e fantasia non ci è dato saperlo; certo è che anche nella nostra terra, la mistica Umbria, non mancano leggende riferite ai regni sotterranei: portiamo come esempio la leggenda di Criptona e della Regina degli Umbri, e quella del magico “Antro della Sibilla” situato sul monte omonimo, che avrebbe ispirato il Guerin Meschino di Andrea De Barberino.

Secondo una leggenda popolare, al di sotto dei Monti Martani esisterebbe (o sarebbe esistita) una grandiosa città sotterranea, regno della Regina degli Umbri: la città, chiamata Criptona, risalirebbe a molto prima dell’arrivo dei Romani, quando la regione era dominata dal popolo degli Umbri, che avevano la loro fortezza a Sant’Erasmo. Questo popolo indoeuropeo trovò e utilizzò le gallerie sotterranee scavate secoli prima da un altro popolo di cui si è persa ogni traccia: i Pelasgi.

Dalla montagna di Cesi – continua la leggenda – si apre la via a un vero e proprio regno sotterraneo fatto di città e strade larghe e comode, che la Regina degli Umbri utilizzava per spostarsi su bighe trainate da superbi destrieri.

Attraverso i cunicoli si attraverserebbe il Monte Eolo e si arriverebbe fino a Carsulae.

Nelle numerose grotte che si aprono nella zona, i sacerdoti in passato usavano gettare offerte (cibo, oggetti votivi) per propiziarsi le divinità ctonie. Ma c’è anche chi dice che quelle stesse grotte servivano ai popoli di superficie per comunicare con le genti della leggendaria Criptona.

Importanti scavi e ritrovamenti sono stati effettuati nella zona di Orvieto, riportando alla luce una vera e propria “città sotterranea” oggi visitabile mediante tour organizzati. Gli antichi abitanti di Orvieto avrebbero costruito cunicoli, gallerie, grotte, pozzi, cisterne e strade in quasi 2500 anni di scavi, forse dettati dall’esigenza di raccogliere riserve d’acqua per la propria sussistenza.

Ma anche Todi e Narni sembrano avere la stessa particolarità, e cioè un “mondo” al di sotto della propria superficie urbana.

E Perugia? La Rocca Paolina, simbolo dello spietato potere papale, rappresenta la parte “sotterranea” della città, con la sua architettura interna particolare, fatta di archi, di strade e di case. Ma non è la sola. All’interno della collina su cui poggia la città è stato scavato un fitto reticolato di cunicoli e tunnel, conosciuti dagli Etruschi (che in parte li utilizzavano per il trasporto dell’acqua) e poi riadattati per le esigenze delle genti medievali (in particolare i conventi e le chiese). All’epoca delle signorie sembra che le famiglie nobili li utilizzassero per la fuga, mentre in questo secolo quelli ancora percorribili servivano per ripararsi e proteggersi dalle bombe o dalla violenza dei soldati che saccheggiavano le case durante la guerra.

Risale all’epoca della guerra anche la costruzione del rifugio antiaereo posto sotto la Rocca Paolina. Il rifugio, con la sua struttura a H (due corridoi paralleli collegati da un tratto più breve) oggi è in completo disuso ma ancora interamente percorribile. Vi si possono trovare le tracce di un precedente assetto d’emergenza: panche laterali per sistemare i rifugiati, nicchie separate scavate nella roccia viva –  dove gli appartenenti alle diverse porte si ritrovavano, bagni e un locale di pronto soccorso, ecc. Restano oggi sono solo macerie di mattoni e sbarre di ferro orizzontali conficcate nel muro, ma il rifugio è stato molto utile alla città durante i bombardamenti.

Poco distante si trova inoltre l’ingresso per un altro tunnel, che fu esplorato circa vent’anni fa ma che da allora è rimasto chiuso.

Pochi indizi ma tutti in una precisa direzione: anche al di sotto di Perugia non vi è solo la grigia roccia…