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Natale è luogo dell’infinito e dell’attesa

21 dicembre 2009

di Anita D’Alessandro

Tutto l’arco che precede e conclude il tempo di Natale si può riassumere in una parola ”attesa”.

La Santità del Natale passa attraverso le nostre vite, unisce i nostri cuori colmi di grazia divina e ci proietta all’avvenire.

Ma perchè il Natale ci regala la gioia e la dolcezza di un momento che se condiviso in amore ci accompagna verso un futuro pieno di speranza? Quanti si saranno fatti questa domanda?

La verità che si deve dire è che la vita è attesa. È nell’attesa di qualcuno o qualcosa che si colloca e vive l’avvenire. Proviamo ad immaginare la nostra vita senza il desiderio di aspettarsi che accada qualcosa, che vita sarebbe, guai cessassimo di attendere qualcosa o qualcuno.

Una persona che non si attende più nulla dalla vita e che non aspetta desideroso di amare qualcuno,  può considerarsi inerte!

Dunque la vita è attesa, ma è anche vero il contrario: l’attesa è vita!

È in questo che si distingue l’attesa del credente da ogni altra attesa, perché colui che attende il Bambin Gesù che è già venuto e che cammina al suo fianco, ha la certezza che Egli venga davvero, quindi che ritorni per essergli nuovamente accanto. Dio viene come vita. Egli viene per stringerci in un abbraccio di energia vitale e di rinnovo. È nell’attesa del rinnovo che vive la fede.

Si vive dunque in prospettiva della fede, che si traduce in una forte fiducia per la vita che si sceglie per se stessi.  Ci si adopera per il bene di se stessi ma ci si adopera anche per il bene degli altri. Ed è proprio in questo scambio che si crea l’attesa, si crea la promessa: la fede.

Gesù ogni anno rinnova la sua promessa in mezzo a noi, viene ad abitare i nostri cuori, la nostra vita, le nostre case, le nostre strade facendosi esperienza di vita. Per cui l’esperienza di vita non è attesa vuota, un lasciar passare il tempo, ma è  attesa che diventa comportamento di vita.

Il Natale rappresenta il tempo ideale per meditare su tali “questioni umane” partendo dal mistero dell’incarnazione, una verità che l’Apostolo Giovanni nel quarto Vangelo riassume: « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Il verbo è la “luce”, è il “senso”, quel senso eterno che colma di grazia e di verità la nostra vita.

Così il Natale diventa un’occasione unica che ci invita a fermarci un istante, a fare il punto sulla nostra rotta, a porci alcune domande sul nostro percorso interiore del presente alla luce delle esperienze passate in una prospettiva futura.

Il Natale è la dolce conferma della calma e della riflessione in forma estatica come testimoniano i presepi viventi che animano e coinvolgono i cuori della gente di ogni età in ogni luogo, ed in forma ascetica perché eleviamo i nostri cuori al Signore, per questo viviamolo perchè Egli ci dona la luce del presente ma ci dona anche la luce per il futuro.

Ebbene ricordare come nelle letture della Santa Messa nel periodo di Avvento tutti i verbi sono al futuro “accoglieremo la Sua venuta…”, “verranno giorni in cui…”, tutto è proiettato al futuro, all’attesa, quindi alla vita che inizia e che continua.

È nella continuità di un evento tanto atteso che la nostra vita va verso un incontro, proprio per questo il Natale ha qualcosa di molto importante da dirci per la nostra vita.

Il Natale è attesa infinita, il Natale è vita e come tale coinvolge tutta l’umanità. L’umanità che si dipinge nel presepe, è accolta e protetta in quella mistica capanna. Quanta dolcezza può lasciarci dentro questa immagine così caritatevole, diventando intima per ognuno di noi.

E come dire fuori c’è tensione, fuori c’è rabbia, fuori c’è guerra…ma noi sotto quella capanna siamo beati, non “urliamo” perché i nostri cuori sono vicini e non lontani, con l’attesa di fare i primi passi verso una vita piena d’amore.

SULLE OLIVE E SULL’OLIO di Giovanni Batta

18 dicembre 2009

Cultura e tradizione sull’Extravergine DOP dell’Umbria

di Anita D’Alessandro

L’azienda agricola Batta vanta una lunga esperienza di generazioni di frantoiani, che si esprime attraverso gli ottimi olii extravergine che, anno dopo anno, Giovanni Batta ci offre, erede di una tradizione familiare iniziata nel 1923 da suo nonno e che tiene a sottolineare come la qualità dell’olio non è determinata soltanto dalla qualità dell’oliva, ma anche  e soprattutto per la modalità  di raccolta e di produzione. Infatti l’olio Extravergine di oliva prodotto dall’azienda Batta nasce sposando questi due fattori: qualità del prodotto ed estrema professionalità in fase di  estrazione.

Nei  suoi 15 ettari di oliveto specializzato e coltivato biologicamente sono messe a dimora 3.400 piante il cui assetto varietale è costituito prevalentemente dalla cultivar frantoio cui seguono dolce agogia, leccino e  moraiolo,  dalle quali nell’ultima campagna sono stati prodotti circa 60 ettolitri di ottimo  OLIO EXTRAVERGINE BIOLOGICO di cui una parte certificato anche DOP UMBRIA.

Pertanto da gran maestro dell’olio, ci introduce con sapienza ai segreti sulla cultura dell’olio in fase di raccolta e produzione. “È importante osservare il grado di maturazione e i tempi di raccolta per ottenere un gusto armonico dell’olio, le olive devono essere raccolte direttamente dall’albero, possibilmente non danneggiandole, ed evitare di ritardare la raccolta favorendo la caduta spontanea. Molto importante è il trasporto, in cassette areate, evitando i sacchi in tela o plastica, poiché  il rischio dello  schiacciamento, può innescare il processo di ossidazione e quindi bassa qualità finale”.

Altra fase di lavorazione fondamentale è da attribuirsi alla  molitura che deve essere effettuata dopo poco tempo dalla raccolta e con una sosta nel frantoio possibilmente non superiore alle 24-48 ore.  Tale processo è seguito immediatamente dalla gramolatura, che ha lo scopo di rimescolare la pasta d’oliva ottenuta in fase di molitura, per rompere l’emulsione fra olio e acqua e facilitarne la separazione nella fase successiva. I tempi di questa fase devono essere molto brevi perché si innescano subito reazioni chimiche che se prolungate portano al deterioramento dell’olio.

Dalle olive raccolte troppo acerbe si ottiene un olio dal gusto amaro-piccante, invece, dalle olive troppo mature si ottiene un olio con poco fruttato e con un gusto più dolce. Sottolinea Giovanni Batta, “che l’amaro piccante dell’olio è dato dalla presenza degli antiossidanti naturali come i polifenoli, tocoferoli, carotenoidi, vitamina E, etc, che aiutano a combattere i radicali liberi, e quindi a rallentare l’invecchiamento delle cellule del nostro corpo”. Senza dimenticare che sono anche apportatori del colesterolo buono, il cosiddetto “spazzino delle arterie”, che ci aiuta a prevenire le  malattie cardio-vascolari.

Più un olio contiene antiossidanti, più presenta queste caratteristiche: colore dell’olio tendente al verde; gusto dell’olio con amaro – piccante accentuato;

fruttato dell’olio intenso “odore-profumo che ricorda il frutto fresco”;

Il tutto si traduce in una maggiore conservabilità dell’olio ed in un eccellente prodotto dalle proprietà benefiche, quale risulta essere l’olio extravergine d’oliva del Frantoio Batta.

Esperienza,  qualità e tradizione, tutti ingredienti che meritano di essere apprezzati e condivisi, e per questo sono gradite visite dove vengono illustrati i processi di lavorazione, e invitiamo gli appassionati a chiamarci per concordare incontri all’interno dell’Azienda.

Crocifisso o compromessi sulle questioni religiose?

27 novembre 2009

anita d'alessandro

Per esortare alla riflessione, nei precedenti articoli, sul tema della secolarizzazione, sono stati affrontati alcuni argomenti che hanno posto alcuni interrogativi sulla religione oggi.

Pertanto si è ritenuto opportuno partire e soffermarsi sull’importante tema riguardante il progresso della scienza, argomento di grande rilievo culturale e sociale per l’essere umano, perché essendo la scienza il risultato di un rigoroso sillogismo scientifico ci ha beneficiati di tanta tecnologia e progresso, a tal punto da dominare la nostra vita su tutti i fronti, plagiando così il nostro “modus vivendi” ci ha resi meno propensi ad accettare le cose che non possono essere provate e dimostrate.

Ad un secondo livello è stato affrontato il tema della secolarizzazione, osservando la questione dei bisogni materiali prodotti dalla società confrontandosi con i precetti divulgati dalla Chiesa volti a sostenere un benessere spirituale.

Ora, questi fenomeni sociali, caratterizzano a tal punto la nostra esistenza allontanandoci da temi tradizionalmente forti, carichi di significato e di valori culturali, lasciando alla morale laica ampio spazio per la determinazione delle regole comportamentali.

Infatti, con la nascita dell’Unione Europea, che si compone di ben 27 stati membri, si assiste al grande fenomeno dell’immigrazione. È la nascita di una nuova società che racchiude in sé i suoi pregi e i suoi difetti; e che se analizzato da un punto di vista puramente umano, è da attribuire grande pregio a tale fenomeno sociale, perché ci rende cittadini del mondo generati da un unico Dio. Un Dio che ci vede uguali, che non ci giudica per le nostre differenze cultuali e di razza, è un Dio che ci esorta all’integrazione attraverso il recupero e l’elogio della nostra identità storica, culturale e religiosa. Egli non ci giudica! Anzi, la loro libera manifestazione è sinonimo di grazia divina, quindi amore e rispetto per il prossimo. Purtroppo, sovente la poca mancanza di morale, rende gli uomini ciechi, incapaci di difendere se stessi facendosi travolgere da correnti che non fanno altro che aggravare il senso di grande vuoto.

In tal senso la scarsa morale può favorire il nascere di azioni discriminatorie, si finisce col giungere a compromessi, anche da parte di istituzioni laiche, su questioni puramente religiose, portando come soluzione dei conflitti religiosi ad una diluizione dei principi e dei riti religiosi, in modo da non offendere la parti in causa. È questo il caso del non poco discusso tema del “crocifisso” nelle aule scolastiche del nostro paese, ritenuto dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, una “violazione della libertà  dei genitori ad educare i figli secondo le loro culture e credo religioso”. Ma nel caso specifico sarà questa la strada volta al dialogo e al confronto tra gente di cultura e di religione diversa? Sarà questa la strada che porrà l’equità religiosa tra le due parti in causa? Non è offuscando la propria cultura, la propria religione che si enfatizza il valore della non discriminazione sociale a favore dell’uguaglianza come aspetto supremo della dignità umana. È proprio attraverso il recupero e la manifestazione della propria identità storica, culturale, spirituale che si crea rispetto, integrazione, scambio. Perché laddove vige l’assenza di morale, di etica e sacralità, proprio lì vive il vuoto.

Ogni popolo, ogni cultura deve rendere atto della propria sacralità nel rispetto e nell’accettazione dell’altra. È bene ricordare, come afferma l’Osservatore Romano, che “il crocifisso tra tutti i simboli quotidianamente percepiti dai giovani è quello che più rappresenta una grande tradizione, non solo religiosa”.

È questo nel corso della storia un punto di riferimento incrollabile volto a simboleggiare la libertà e la dignità di ogni uomo.

La Chiesa e la società contemporanea

21 novembre 2009

di Anita D’Alessandro

 

Gli ultimi duecento anni di storia della Chiesa Cattolica sono caratterizzati da cambiamenti epocali per la storia dell’umanità in relazione ai cambiamenti sociali. Già con l’enciclica “ Rerum Novarum” di Papa Leone XIII (1878–1903), definito il papa più “Ardito”, si assiste alla costituzione di fondamenti rivolti a garantire e sostenere soluzioni su questioni di ordine sociale.

È l’alba di un nuovo cammino. La prosecuzione di tale cammino si va compiendo con fermezza e animo pastorale, alla fine del secondo conflitto mondiale con Pio XII seguito da Giovanni XXIII, Paolo VI, Papa Luciani, Giovanni Paolo II per arrivare ad oggi a Sua Santità Benedetto XVI che propone l’inserimento dei riti cattolici, come la Santa Messa celebrata in lingua latina. In relazione alla perdita dei valori sociali la dottrina millenaria della Chiesa, si posiziona alla base di un insegnamento ecclesiastico, proponendosi come strumento sempre valido e legittimo della comunione ecclesiale e come sostegno agli sforzi ecumenici, tesi a mostrare, con esattezza, il contenuto e l’armoniosa coerenza della fede cattolica. Pertanto la chiesa si è fatta portavoce e protagonista di radicali cambiamenti interni evolvendo in tal senso le sue strutture, i suoi metodi, il proprio adeguamento alla società in movimento. Il principio fondamentale che ha guidato in questi ultimi tempi tale evoluzione, è stato quello di avvicinare le masse e dialogare con loro, per risanare i danni, le brutalità e gli orrori, e che di fronte a tutto ciò gli uomini appaiono sconcertati, incapaci di trovare gli strumenti per ritrovare il loro equilibrio spirituale. Senza contare gli orrori che tuttora sono presenti nella società contemporanea ove popoli sono ancora dilaniati dalla guerra, dalla fame, dalla carestia: in una parola dal “male” che tanta parte ha nella radice dell’uomo. Per far fronte a tutto ciò la Chiesa è divenuta, come è stato detto, la Chiesa del miracolo: il dialogo porta alla comprensione, il dialogo porta alla pace, alla fine delle disuguaglianze di fatto ancora esistenti, alla condanna del razzismo, del colonialismo, della intolleranza. Si è portata vicino alle masse, ha ripreso la evangelizzazione di queste, ha ricominciato un nuovo apostolato sui principi che meglio potevano e possono adeguarsi alle trasformazioni sociali in atto. Specie dinanzi alla rivolta, alla protesta indiscriminata che quasi sempre finisce con la violenza, allo sfruttamento che uomini fanno a scapito di altri uomini, tutta l’organizzazione ecclesiale ha compiuto un movimento che, andando verso il popolo, ha posto e pone ogni sforzo, ogni suo mezzo per avvicinare, portando al confronto con Essa.

Malgrado ciò, oggi la società si aspetta dalla Chiesa ciò che vorrebbe sentirsi dire. Per cui, nell’immaginario collettivo, si cerca una Chiesa che trasformi i suoi veri fini, la sua vera missione, a favore di desideri da sembrare tanto insulsi ma che, se esauditi,  potrebbero accrescere lo smarrimento dovuto alla perdita di valori e punti di riferimento, ritenuti questi ultimi invece dalla Chiesa, linfa vitale per la società. Si deve iniziare ad osservare e non a puntare il dito sull’operato della Chiesa, che da sempre ha presente che naturalmente emergono, in una società in evoluzione, problemi sociali. A fronte di ciò la Chiesa propone comportamenti risolutivi affinché possano illuminarci nell’affrontare le emergenze del nostro tempo. È dovere fondamentale il ricordare come nei millenni la Chiesa abbia sempre operato in nome della carità, dell’amore e della giustizia per il prossimo. Alla società di oggi che, si è profondamente trasformata, occorre dare risposte a sostegno della morale e dell’etica per il bene di tutti.


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Il progresso scientifico e la religione oggi

13 novembre 2009

anita d'alessandro


di Anita D’Alessandro

Si  nota oggi un allontanamento dell’uomo dalla religione?

E’ il progresso scientifico causa di tale distacco?

Sono questi gli interrogativi che ognuno di noi dovrebbe porsi e che raramente ci si pone perché la vita di oggi, così veloce nel suo scorrere, lascia poco tempo per poter riflettere su quelli che dovrebbero essere e sono i grandi problemi dell’umanità.

Nel mondo di oggi la diffusione dello scetticismo è, senza dubbio alcuno, notevole e si è  spesso increduli sulle cose dell’aldilà perché pensiamo che ciò non costituisca un segno di cultura, di emancipazione, di progresso; oppure riteniamo, da un altro punto di vista,  che il seguire determinati culti, determinate pratiche religiose, ottemperare a talune rogole morali sia sufficiente per la quotidiana esistenza dell’essere umano. In entrambi i casi si giunge ad una forma di abulia, di apatia, di disinteresse ai gravi problemi  accennati: nel primo caso si ritengono  utili gli interrogativi sulla religione; nel secondo ci si ritiene  contenti di un cieco affidarsi a quelle pratiche ed all’osservanza di quei principi morali. Ora è vero che la surmodernità, non è connessa soltanto con la incredulità e scetticismo nelle masse, ma si ritiene possa  “favorire il sorgere di nuovi e più rilassanti costumi di vita”. In tal modo i mutamenti di costume, la perdita di molti pilastri della morale comune, e fattori come lo sviluppo della tecnica, come l’urbanesimo e il suo conseguente fenomeno odierno della città frammentata, la diffusione di nuove professioni, hanno sempre più inaridito il senso della religione: il risultato è la perdita di serenità, la vita sempre più convulsa, il bisogno di evasione, la incomunicabilità, la chiusura dalla società e dalla vita.

Pertanto le chiese e tutti  i  luoghi sacri sono affollati da gente che crede la fede faccia da antidoto ai propri sensi di colpa. “La fede non è questo”.

Non manca qualche studioso che ha sostenuto una religione cosmica, al posto delle religioni organizzate che le considera, cristallizzate e che lo scetticismo è dovuto a credere Dio non come forza naturale non come espressione della legge di causalità, bensì come essere antropomorficamente concepito. Senonchè anche questa spiegazione non appare convincente: muta il nome, mutano i caratteri della divinità ma il problema rimane sempre: chi fa ed ha fatto tutto l’universo, così precisamente calcolandone i limiti, le dimensioni e così via?

La  verità è un’altra che la scienza non dà sostegno psichico all’uomo e dice bene Alexis Carrel (Nobel per la medicina 1912) che la natura ha creato tutto ciò che all’uomo ed alla società serve; sicchè ad ogni bisogno ci può fornire quanto necessita per soddisfarlo. Ora, come dice il biologo, vi sono dei momenti in cui l’uomo avverte il bisogno di congiungere le mani e rivolgersi a qualcuno che soddisfa la necessità di uscire fuori da una disperazione o dalla carenza di serenità. Ed è una prova tangibile che dopo la preghiera esce rasserenato. Cominciamo dunque col credere, non cerchiamo di andare al di là delle nostre possibilità, di penetrare tutti i misteri, perché solo lasciando qualche cosa nel mistero l’uomo riesce a conservare la salute dello spirito; a comprendere quello che altrimenti non ha compreso e mai comprenderà. Vi è un “perché” che neppure la scienza più progredita può riuscire a spiegare: è quello che sta alla base di ogni discorso sul problema della vita e della morte: è quello che può essere avvicinato soltanto dalla scienza sorretta dalla fede.