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Tasse e centrodestra: come perdere le elezioni

13 giugno 2011

Mentre la discussione sulla riforma fiscale contrappone artificiosamente l’obbiettivo del deficit zero per il bilancio dello Stato e della riduzione delle tasse per le famiglie e le imprese, la realtà quotidiana porta alla sistematica distruzione della natura stessa del Pdl e del centrodestra che – non dovremmo mai dimenticarlo – sono nati insieme e su una nascente rivolta fiscale contro la voracità del sistema politico e della sua logica redistributiva fondata su sprechi, privilegi, assistenzialismo.

di Giorgio Stracquadanio

Così, mentre si discute se occorre più coraggio o più prudenza, si perde la cognizione della realtà, mentre la realtà procede implacabilmente a smentire programmi e impegni assunti con gli elettori.

Basta leggere l’editoriale dell’ultimo numero di Quattroruote (illustrato con la stessa vignetta che riportiamo a fianco), la più autorevole e diffusa rivista del settore automobilistico, un settore che rappresenta una quota significativa del Pil italiano e che tocca la generalità delle famiglie e delle imprese. “È proprio vero che non c’è mai limite al peggio. La riprova l’abbiamo ogni giorno che passa con la nostra beneamata automobile che deve farsi carico di ogni problema. Non basta il caro-benzina, che è un flagello indecoroso; non basta nemmeno che il Governo vada avanti senza che nessuno si ricordi delle promesse pre-elettorali riguardo l’abolizione del bollo. L’ultima mazzata, ma presto sarà la penultima perché ogni giorno se ne inventano una, riguarda la trasformazione della famigerata Ipt da tassa fissa a tassa progressiva in rapporto alla potenza delle auto. Idea in assoluto non sbagliata, ma pericolosissima, perché si rifà a quanto già avviene con l’usato, quindi con un possibile aggravio dei costi soprattutto per le vetture dei segmenti medi e medio-piccoli, in caso di acquisto di una vettura nuova. La mossa rientra nel decreto sul federalismo regionale, che va a caccia di molti milioni di euro (non meno di 100, ma il sogno degli enti locali è 300) a sussidio delle malconce quanto inutili Province. Se non s’interverrà in tempo, e i margini sono strettissimi, ci sarà un aggravio vergognoso per le tasche dei malcapitati automobilisti, sempre loro, cui si chiedono puntualmente sacrifici a favore della comunità.

Credere che sia indolore sommare al prezzo d’acquisto di un’auto di media cilindrata dai 200 ai 500 euro (questo è il rischio), oltretutto per tasse aggiuntive, è miopia assoluta. A maggior ragione se si tiene conto che si è in presenza di un mercato che langue e che quest’anno toccherà minimi assoluti di vendite tra privati (si prevedono non più di 1 milione e 300 mila auto, flotte e noleggi esclusi, roba da primi anni 70).

Un piano folle da governanti in piena paranoia, incapaci di valutare fino in fondo il peso delle loro azioni e senza la minima idea dei danni che causeranno a tutto il sistema auto. Quel sistema, peraltro, che adesso cercherà di mediare trattando con il legislatore per impedire lo scempio, anche se questo non tranquillizza troppo.

Sono anni che Anfia, Unrae e associazioni di concessionari prima gridano al lupo al lupo e poi provano a collaborare, senza però ottenere mai nulla, puntualmente calpestate dal governante di turno, non importa di che colore politico esso sia. Un vero peccato, perché l’Italia resta un mercato depresso inserito in un contesto altrimenti felicissimo.

Perché se da noi si piange, nel resto del mondo c’è invece da sorridere: infatti, tutte le previsioni riferiscono di un decennio di sogno alle porte (2011-2020), in cui si venderanno più automobili che in tutti i precedenti 50 anni. Nonostante noi”.

Il decreto attuativo del federalismo fiscale regionale è ancora in gestazione e dovrà essere poi approvato dal Parlamento. Ma effetti perversi li ha già prodotti, visto che questo editoriale è diffusissimo in rete e potete immaginare con che commenti favorevoli sul governo, sul federalismo e sul fisco.

Ma non basta tutto questo per comprendere il disastro politico in cui la distanza dalla realtà provoca. Perché sullo stesso mensile si ricorda che il 6 aprile scorso il governo ha aumentato di 0,73 centesimi l’accisa su benzina e gasolio e il prossimo 1° luglio entrerà in vigore un ulteriore aumento di accisa pari a 0,92 centesimi.

E tutto per finanziare il Fondo unico per lo spettacolo, sul quale abbiamo fatto cadere il ministro della Cultura per averlo tagliato (come andava fatto mettendo fine per sempre a una delle più autentici sprechi del bilancio pubblico) e abbiamo poi ceduto due volte.

La prima ripristinandolo con una imposta straordinaria di un euro sul biglietto del cinema, che almeno rispondeva alla logica secondo la quale “lo spettacolo finanzia lo spettacolo”, e la seconda cedendo anche su questo per colpire indiscriminatamente la benzina.

È colpa di Giulio Tremonti tutto questo? No, è colpa di tutti noi. È colpa di chi non ha voluto il coraggio di almeno discutere di abolizione delle province e oggi chiede coraggio agli altri; è colpa di chi ha detto che l’aumento delle accise sulla benzina sarebbe stato «un piccolo sacrificio che gli italiani saranno lieti di fare» quando è evidente che la verità è l’esatto contrario; è colpa di chi – presidente di centrodestra della provincia della più importante regione d’Italia – ha auspicato, a novembre dello scorso anno, «che l’avvento del federalismo fiscale coincida con il riconoscimento alle Province del gettito derivante dal bollo», senza nemmeno chiedersi “auspicabile da chi?”, visto che chi lo ha votato aveva votato anche perché era stata ipotizzata – tra gli impegni elettorali del 2008 – l’abolizione del bollo auto e magari anche dell’auto come bene mobile registrato. Infine è colpa di chi, in Parlamento e nel Pdl, non ha saputo alzare la voce quando era necessario per far aprire gli occhi a tutti che questi fatti, che sembrano piccoli, danno invece l’idea di una mutazione genetica del centrodestra e della sua trasformazione in una riedizione di quella partitocrazia vorace contro la quale Bossi e la Lega Nord, Berlusconi e Forza Italia sono nate.