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Beethoven, quinta sinfonia … per Elisa o per …Teresa?

8 giugno 2017
cutrona

Mariella Cutrona

di Mariella Cutrona

A distanza di quasi due secoli dalla morte Beethoven non ha posteri, ma solamente contemporanei. Noi viviamo la sua musica come se fosse ancora tra noi e potessimo udire quella sua voce irata, il suo riso selvaggio, il suo carattere tipicamente fiammingo, volubile. Nulla è svanito, l’umanità in lui diviene suono, e da lui riceve il più potente messaggio del proprio tempo perché Beethoven ha dolorosamente conquistato la propria umana dignità. Il  suo senso selvaggio di indipendenza, la fanatica volontà di perfezione, la grandezza morale e spirituale, la tragedia del suo vivere è divenuta un inno all’esistenza. Come nessun altro infatti, egli rappresenta la sorte umana, come nessun altro ha dato l’esempio dell’uomo che non si piega, che si erge in tutta la sua forza, la sua grandezza e suggella il proprio dolore sublimandolo e trasformandolo in musica. E in musica rappresenta l’inquietudine, l’amore, la felicità, le emozioni.
“La musica è un’espressione più alta di qualsiasi filosofia…nella musica vive una sostanza infinita non del tutto afferrabile”.
L’inquietudine si coglie nella 5 sinfonia scritta tra la fine del 1807 e l’inizio del 1808, quattro note “il destino che bussa alla porta” popolarmente interpretato come senso di inquietudine per la sordità crescente. Si

Beethoven

Beethoven

racconta che l’idea musicale gli fu stimolata da un avventore di un’osteria che durante l’attesa, tamburellava con una moneta sul bancone. Il destino batte alla porta, l’umanità lotta contro il fato avverso. La quinta sinfonia è il simbolo musicale della grandezza umana. Nei palchi di prima fila, un anno dopo la morte del compositore fece singhiozzare molti giovani, altri risero forte, altri ancora si strapparono i capelli tra mille contorsioni stravaganti.

L’amore…Per Elisa un pezzo pianistico del 1810 dedicato ad una donna Teresa Malfatti, uno dei grandi amori del compositore. Non esiste l’autografo di Beethoven, ma in una copia dell’epoca in possesso di un suo allievo non figura il nome Elisa ma Teresa, la figlia di un commerciante viennese. Amore delicatissimo, trasognato, affidato alle mani si anima brevemente per concludersi dolcemente con il ritorno al cullante tema iniziale.
La felicità…Inno alla gioia della nona sinfonia, su testo di Schiller composto tra il 1822 e il 1824 è una marcia di gioia, felicità festante che accompagna l’uomo che percorre il cammino gioioso della vita. Un messaggio grandissimo di pace e fratellanza universale. La gioia, non allegria e spensieratezza, ma risultato unico, speciale che l’uomo raggiunge quando si libera dall’odio e dalla cattiveria.
Nel 1985 i capi di Stato e di governo europei adottano l’Inno alla gioia come Inno ufficiale dell’Unione Europea.
” L’uomo è per ogni uomo un fratello! Che tutti gli esseri si abbraccino! Un bacio al mondo intero!”
E per rimanere in tema di emozioni anche la sua morte come scrisse il conte Zmeskall produsse a Vienna un’emozione di cui non si ebbe mai ricordo. Da venti a trentamila persone accompagnarono Beethoven alla tomba, Schubert reggeva i cordoni del feretro. Oggi, la musica di Beethoven viene suonata nelle scuole, per i bambini è importante capire che i suoni che ci circondano sono anch’essi musica e che loro stessi possono far parte del mondo musicale: cantare in locali chiusi per sentire l’effetto della propagazione sonora, associare diversi strumenti ai suoni della natura, iniziare a studiare uno strumento musicale, indovinare l’emozione che evoca un brano musicale, cantare una melodia ascoltata per la prima volta. Già le emozioni…
“Egli fu un’artista, e chi verrà dopo di lui non potrà proseguire lungo la sua via ma dovrà ricominciare da capo, perché Egli non si è fermato che là dove ha termine l’Arte…cosi lo saluta per l’ultima volta il suo amico Grillparzer” .

 

 

 

 

 

Marsciano, “I costumi di Beethoven” Concerto di UmbriAEnsemble

23 settembre 2011

Il Beethoven che non ti aspettavi.  Sabato 1° Ottobre, con inizio alle ore 17, al Teatro Concordia di Marsciano  – ingresso  libero

Il Beethoven che non ti aspettavi.  Sabato 1° Ottobre, con inizio alle ore 17, al Teatro Concordia di Marsciano  – l’ingresso è libero – un evento culturale da non perdere. Organizzato dai Lions InterClub Marsciano e Perugia Fonti di Veggio in occasione della presentazione del libro di Gilberto Squizzato “La TV che non c’è” , il Concerto di UmbriAEnsemble offrirà un repertorio di grande interesse e raro ascolto. In programma alcune tra le più fulgide pagine della produzione cameristica di Beethoven, tutte accomunate e caratterizzate dall’elemento folclorico, dall’ascendenza popolare del materiale tematico, elaborato magistralmente dal genio beethoveniano che ne ha plasmato opere d’arte. Trascritte – o meglio, riscritte-  per voce, archi e pianoforte tra il 1810 ed il 1820, le diverse raccolte di “Songs of Various Nationalities” furono commissionate al compositore tedesco da un mecenate scozzese, George Thomson, desideroso di conservare nel modo artisticamente più degno la memoria musicale della sua terra. Ma già le prime pubblicazioni, dedicate ai canti gallesi ed irlandesi, furono artisticamente così felici che nel giro di pochi anni Thomson chiese a Beethoven di dedicarsi anche ai canti popolari tedeschi, inglesi, tirolesi, spagnoli, russi, svedesi ed italiani. Ancora un tema popolare ispira le “Sieben Variationen” (WoO46)  per violoncello e pianoforte su un tema del Singspiel mozartiano “Die Zauberflöte”: qui il materiale tematico originario, mutuato da Mozart, offre lo spunto per un superbo esercizio di stile e di virtuosismo strumentale. Completa il programma del Concerto il Duetto per Viola e Violoncello “mit zwei obligaten Augenglasern“ (WoO32), detto anche “il duetto degli occhiali” per la richiesta espressamente indicata in partitura.Un aspetto del genio beethoveniano meno noto e senz’altro assai curioso, quello suggerito da questi piccoli capolavori, capaci di racchiudere in brevissime partiture interi universi espressivi, e di anticipare così una tendenza stilistica che vedrà la luce solo un secolo più tardi.