Posts Tagged ‘bertinotti’

Risposta a Fausto Bertinotti, comunista pentito

5 settembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo

Per rilanciare il progetto del Socialismo reale, della rivoluzione, del cambiamento, del rovescio del malato sistema capitalista, occorre anche evitare di ripetere i soliti dogmi e le consuete “liturgie”; al contrario, bisogna innanzitutto compiere una analisi critica e profonda del nostro passato, purchè tale analisi non sia liquidatoria (cosa che già hanno fatto e continuano a fare in molti, anche tra coloro che si professano Comunisti), dato che non è possibile cancellare decenni di storia che hanno fortemente influenzato gli eventi del secolo da poco concluso.

Come è stato liquidato il Socialismo reale durante la “monarchia bertinottiana”? In occasione di un convegno tenutosi a Livorno intorno alla prima metà degli anni ’90, Bertinotti presentò un temino ginnasiale in cui cancellò l’intera storia del ‘900.
Togliatti – che pur essendo stato leninista ebbe le sue responsabilità sia sul (more…)

Fausto Bertinotti, comunista pentito: “Abbiamo sbagliato tutto”

1 settembre 2014
Fausto Bertinotti

Fausto Bertinotti

Il comunismo? «Ha fallito». La cultura politica da cui si deve ripartire? «Quella liberale, che ha difeso i diritti dell’individuo». Il gesto più rivoluzionario di questi anni? «Le dimissioni da Papa di Joseph Ratzinger». L’unica delle tre grandi culture del Novecento che è in vita oggi? «Quella cattolica, che è stata rivitalizzata da papa Francesco che si sta guadagnando consenso e attenzione di mondi lontani». Parole clamorose, perché a pronunciarle è l’ultimo dei Mohicani della vecchia sinistra italiana: Fausto Bertinotti, il leader di quella che è stata (more…)

PD –NUOVO ULIVO ADDIO, ARRIVA LA BARRA AL CENTRO

4 ottobre 2011

di Ciuenlai

La Direzione nazionale del Pd ha segnato un punto di svolta. La sinistra si è scoperta minoranza nel partito. Una svolta che non è giunta inaspettata e della quale si aveva sentore ormai da tempo. Bastava ascoltare, nelle ultime settimane, i racconti dei protagonisti delle varie riunioni che si succedono quotidianamente nella sede romana del Pd. Racconti che parlavano di forti malumori per la linea “rossa” (sic) del segretario. La maggioranza dei leader democratici non vuole il “Nuovo Ulivo”. Salvo i fedelissimi di Bersani e pochi altri, Area Dem, Modem, pezzi di maggioranza (Letta e Fassino) pensano che lo schema del segretario vada completamente ribaltato. Non si deve partire da un’intesa di ferro con Vendola e Di Pietro, da allargare possibilmente all’Udc, ma da un intesa con il terzo polo, da allargare eventualmente alla sinistra. Sta in questa distinzione la diatriba tra elezioni subito e Governo di emergenza. Il passaggio per un esecutivo largo è lo strumento necessario a cementare le future alleanze e la collaborazione con i centristi. E lo strumento metterebbe i più pericolosi concorrenti (Sel e l’Idv) nell’angolo, costringendoli o ad aderire ad un progetto moderato o a stare fuori dall’alleanza. Incanalandoli verso un cammino irto di difficoltà. Se aderiscono si snaturano, se vanno da soli saranno costretti a sopportare, per l’ennesima volta, una campagna di stampa ed elettorale tutta in salita all’insegna della responsabilità nazionale e del voto utile, contro il fantasma di Berlusconi. Le argomentazioni non mancano : il momento è difficile, anzi drammatico, occorre una maggioranza larga per governare e ricostruire il paese, ci vuole una grande alleanza tra moderati e progressisti per vincere le elezioni ecc. ecc. L’offensiva non arriva a caso. Tutti i sondaggi, quelli noti e, soprattutto, quelli riservati, dicono che se si votasse oggi il centrosinistra classico vincerebbe a mani basse. E vincerebbe su un progetto sbilanciato a sinistra. La proposta di Governo di emergenza, come scelta strategica, serve dunque a decantare questa situazione e a produrre una inversione di tendenza. La scelta si porta dietro anche un’ altra conseguenza. Non ci saranno le primarie. Il prossimo capo del Governo dovrà essere una personalità “bipartisan” in grado di azzerare tutte le pretese di leadership nell’area antiberlusconi, con buona pace di Bersani e di “Nichi”. In questa ottica appare anche meno incomprensibile l’uscita “massimalista” di Fausto Bertinotti, che invita la sinistra a rifugiarsi tra i movimenti, rinunciando a qualsiasi ipotesi di governo. Il minoritarismo come ideologia e la rinuncia alla sfida del Governo non sono certo soluzioni auspicabili per la sinistra, ma è indubbio che un simile scenario complicherebbe le cose. C’è però da dire che anche la strada del voto utile e della rincorsa al centro, comporta i suoi rischi per il Pd. Le simulazioni attuali parlano di una sinistra guidata da Vendola in grado di arrivare fino al 25% dei voti in caso di corsa solitaria. Questo avverrebbe a scapito del Pd, che si troverebbe a non essere più la forza principale ed egemone di una alleanza al centro, con il terzo polo rinforzato da truppe provenienti dal centrodestra. Per questo sono in molti tra i democratici a sperare che alla fine uno dei due “radicali” accetti di far parte della nuova coalizione. E le pressioni sono tutte per Vendola, perché Casini Di Pietro non lo digerisce proprio.