Posts Tagged ‘catania’
Sanità, ci sarà un caso Catania anche negli ospedali umbri?
14 febbraio 2015In questi giorni sui giornali si è fatto il nome di Walter Orlandi, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, come papabile assessore alla sanità nel caso in cui Catiuscia Marini venisse rieletta. Nonostante le smentite di rito della Marini, si parla quindi di un’ulteriore avanzamento per il Direttore Orlandi, che entrerebbe “finalmente” in politica passando dalla porta principale… Nulla di strano, (more…)
Catania ancora al buio. A Perugia la luce non si accende
14 settembre 2014
Buio pesto. Il Catania cade anche allo stadio Renato Curi. Prestazione da dimenticare per i rossoazzurri che soffrono dannatamente sin dai minuti iniziali del match. Ci si aspettava un segnale di reazione dalla squadra dopo avere vissuto una settimana “calda”. Invece il campo ha decretato la seconda sconfitta consecutiva. Atteggiamento molle, troppi errori in fase d’appoggio, scarsa lucidità negli ultimi metri e poca incisività.
Praticamente inoperoso l’estremo difensore del Perugia, che ha vissuto un pomeriggio tranquillo “abbronzandosi” nella propria area di rigore sotto il sole perugino. Pellegrino ha provato svariati schemi per impensierire la retroguardia del Grifone: il 4-2-3-1, il 4-1-4-1 ed il 3-5-2. Il risultato? Generare confusione in una squadra in netta difficoltà nella costruzione della manovra.
Si è fatta sentire l’assenza in extremis di Rinaudo per un problema fisico. L’apporto di Calello avrebbe dovuto non fare rimpiangere l’assenza dell’ex giocatore dello Sporting Lisbona, invece il centrocampo del Catania non ne ha beneficiato in qualità e Calello ha perso palloni in quantità industriale. Ripartenze macchinose e prevedibili, giro palla lento, pressing biancorosso asfissiante che ha messo in apprensione il Catania per l’intera durata del match.
Rosina mai pericoloso in avanti, giocando lontanissimo dalla porta per dare manforte ad un centrocampo asfittico. Perugia capace di sfondare sia per vie centrali che sulle corsie esterne. Gyomber regge, Spolli pure ma poi va in tilt lasciando Falcinelli libero di colpire di testa in occasione dell’1-0. Per quanto riguarda il reparto offensivo, generoso ma impalpabile Martinho, Calaiò sgomita ma i compagni non lo assistono a dovere. Nessuna parvenza di gioco, le idee latitano, manca la grinta. I segnali sono sempre più preoccupanti, la luce è spenta e bisognerà fare qualcosa per riaccenderla.
foto: ilcalciocatania.it
Livio Giannotta
Il presidente Napolitano a Catania, applausi e contestazione
3 marzo 2014Diciamolo con franchezza. Al di là del cerimoniale e degli onori riservati, come da protocollo, al Capo dello Stato, la visita a Catania di Giorgio Napolitano è stata tutt’altro che un gioioso bagno di folla. Dalla Golden Suite con vista mozzafiato sul mare, di un noto albergo della costa di Aci castello, dove ha soggiornato accompagnato dalla moglie Clio, il Presidente forse si aspettava una Catania in festa per il suo arrivo in città. Il soggiorno da Mille e (more…)
ARTE. mostra a Roma di opere di Emilio Greco, i Segni e le Forme
1 novembre 2013
16/10/2013 12/01/2014
In occasione del centenario della nascita di Emilio Greco, Londra, Roma e Catania rendono omaggio al Maestro con una serie di eventi organizzati dagli Archivi Emilio Greco in collaborazione con Il Cigno GG Edizioni di Roma. (more…)
Perle della Rete, poesia d’amore su internet
7 ottobre 2013A volte il linguaggio o la lingua se volete, diventano essi stessi portatori di sentimenti veri e popolari, provate a tradurlo in altri dialetti e il significato è sempre lo stesso, a causa della crisi economica e di valori c’è un forte ritorno ai comuni ed al territorio di origine, come se si volesse ritrovare l’identità perduta e cosi nasce l’Italia dei comuni delle frazioni, e dei castelli, e nonostante internet si sente un profumo di medioevo, ma in questa occasione il profumo vero è del gelsomino bianco di Sicilia o se preferite… dei fichidindia.
Un giorno un catanese s’innamorò di una messinese e le dedicò la seguente poesia:
“Oh mia bedda missinisi, ma quantu mi piaci, l’occhi toi rapaci mi livaru la paci, ma d’una cosa nun mi fazzu capaci: ma picchì avivi a iessiri propriu missinisi!!
e a missinisi c’a rispunniu:
“Taci!!! picchì pi l’amuri ca ti portu, mi fici a peri da missina fino a Catania, passannu ppi tutti li Aci, ppi livarimi st’infamia di esseri missinisa e pigghiarimi l’onuri d’addivintari catanisa!!!”.
INCONTRI – AGATINO SCUDERI: LA MUSICA E’ UN GIOCO SERIO
22 agosto 2013di Benedetta Tintillini
Ho avuto il grande piacere, soprattutto dal punto di vista personale, di conoscere il Maestro Scuderi durante il mio recente soggiorno in Sicilia, in occasione del Meeting Internazionale Chitarristico da lui organizzato e curato, giunto quest’anno alla IX edizione.
Mi piace ricordare brevemente l’importanza che la figura del Maestro Scuderi riveste nell’ambito della musica, della chitarra (more…)
Sabato 15 Settembre 2012 a Fossato di Vico: “Una giornata con gli Antichi Umbri”.
14 settembre 2012Il Comune di Fossato di Vico per il secondo anno ha affidato la realizzazione della “Giornata con gli Antichi Umbri” all’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri (IRDAU), (more…)
NERA, FORTE; FORGIATA DAL FUOCO DELL’ETNA, CATANIA INVINCIBILE
19 settembre 2011di Roberta Capodicasa
A differenza di Siracusa, fondazione dei Dori del Peloponneso, la moderna Catania, in greco, Katane, fu fondazione ionica dei Calcidesi. Visitando la città, il riscontro delle sue origini greche non è così immediato come a Siracusa ma a testimoniarne l’ascendenza greca abbiamo il nome e la prepotente tradizione storica che fa capo a Tucidide nel libro VI della sua opera: Tra i Greci i primi colonizzatori furono i Calcidesi , che fondarono Nasso (Naxos nei pressi di Taormina) … L’anno seguente Archia della famiglia degli Eraclidi, venne da Corinto e fondò Siracusa…Tucle e i Calcidesi, partiti, poi, da Nasso nel quinto anno dalla fondazione di Siracusa, fondarono Leontini, (attuale Lentini presso Siracusa) scacciati i Siculi con una guerra e in seguito Catania (729 a.C.). Della sua storia in questo primo periodo, si conosce davvero poco, solo la notizia dell’origine catanese di Caronda, un celebre legislatore di cui ci parla Aristotele: Caronda di Catania diede leggi ai concittadini e alle altre città calcidesi in Italia e in Sicilia (VI sec.a.C.). Secondo un altro grande storico greco, Plutarco, il suo nome deriverebbe dal termine katane, grattugia a sottolineare le asperità del territorio che sorge sulla lava del vulcano che le svetta alle spalle, od anche dal latino katina (catino, bacinella) per la disposizione delle
colline tutto intorno alla città(!). L’etimologia è, dunque, anch’essa oscura: secondo altre interpretazioni, il nome deriverebbe dall’apposizione del prefisso greco katà- al nome del vulcano Aitnè, vale a dire in greco nei pressi di o appoggiata all’Etna. Questa è per me l’interpretazione più suggestiva dato che corrisponde alla prima impressione che si riceve dalla visita della città, quella di un luogo in strettissima simbiosi con il vulcano. Mi invase gli occhi quel colore scuro, quasi nero, in forte contrasto con l’architettura barocca trionfante dopo il devastante terremoto del 1693, degli edifici cosi antitetico rispetto al
bianco di Siracusa, neri perché realizzati con la pietra lavica dell’Etna che non solo non riuscì mai a travolgere e sommergere Catania ma divenne strumento indispensabile per la sua necessaria sopravvivenza. Le eruzioni d’altra parte non furono mai catastrofiche perché la lava quando fuoriesce dal cratere è molto viscosa e procede lentamente consentendo la fuga: “Iddu” , ( o idda… “a muntagna”) come i catanesi chiamano l’Etna, alto più di 3300 m., protagonista di più di 20 eruzioni solo nel Ventesimo sec., è una colossale montagna che non dorme mai, come un guardiano che veglia sulla città e la protegge dai venti del nord rendendo il suo clima fra i più dolci apprezzati del Mediterraneo, tutto il territorio etneo per circa 60.000 ha di superficie. Il Mongibello, con un altro dei suoi nomi derivato dall’arabo, gebel-monte, ha nel corso degli anni
formato un fertilissimo altipiano lavico plasmato, potremmo dire, con il fuoco. La sua imponenza è tale che, passeggiando alle sue pendici, sembra quasi di respirarne gli effluvi, di sentirne l’intimo respiro, la presenza oscura e imponente, forte fino quasi a forgiare il carattere dei catanesi che lo amano in maniera viscerale. Empedocle, celebre poeta e filosofo della metà del V sec. a.C., poteva dire riguardo i fenomeni vulcanici dell’Etna: Molti fuochi ardono sotto la terra e Lucrezio, il poeta latino grande ammiratore di Empedocle, dirà nel De Rerum Natura a proposito del Vulcano e del suo territorio: Qui c’è l’orrenda Cariddi, qui ci sono i rimbombi sinistri dell’Etna che minaccia di radunare di nuovo le sue irose fiamme e dalle fauci vomitare ancora il fuoco a scagliare ancora dal cielo il bagliore delle fiamme. Questa grande terra sembra degna di ammirazione per tanti aspetti e altrettanto degna che la conoscano molte genti, ricca di molti beni, ammirevole per i molti ingegni.
Senza voler troppo indugiare in una magari inopportuna ed esagerata retorica, la cosa migliore è una verifica diretta possibile a chiunque almeno fino al rifugio Sapienza, mantenendo sempre, però, una prudente e rispettosa condotta nei confronti della natura e senza esagerare come avrebbe fatto il nostro amico Empedocle che, in maniera presuntuosa, si sarebbe gettato nell’ Etna aspirando ad una divinizzazione almeno secondo quanto sostiene Diogene Laerzio! Su tale evento non cessarono di ironizzare autori antichi come Luciano:
“E questo tutto abbrustolito chi è? – Empedocle. – Si può sapere perché ti gettasti nel cratere dell’Etna? – Per un eccesso di malinconia. – No, per orgoglio, per sparire dal mondo e farti credere un dio. Ma il fuoco rigettò una scarpa e il trucco fu scoperto” (I dialoghi, trad. Mosca; BUR, Rizzoli, 1990).
Nel V secolo la città ebbe vari e importanti contrasti con Siracusa il tiranno della quale, Ierone, nel 476 ne deportò molti degli abitanti e cambiò il nome in Aitna, titolo con cui è celebrata nella Pitica I di Pindaro e nella perduta tragedia di Eschilo Le Etnee. Solo qualche anno più tardi Catania recuperò, però, il suo nome e i suoi antichi abitanti. In seguito la polis vide una serie di continui disastri alternatisi tra guerre ed eruzioni del vulcano che comportarono frequenti distruzioni anche in età romana. Nonostante tutto Catania conservò notevole importanza e ricchezza tanto che il nostro amico Cicerone nelle Verrine la definisce ricchissima: garanzia di tutto il fatto che Verre vide anche qui di rubare qualcosa, una gigantesca e bellissima statua di Demetra. Lasciando Verre al suo processo e ai suoi ladrocini, continuiamo la passeggiata per le vie della città. Inevitabile assaggiare una granita, con innumerevoli scelte di sapori e di profumi, che nelle ore calde del giorno non potrà che essere graditissima e rinfrescante fino ad imbattersi nell’altro elemento della città che mi colpì particolarmente e che risultò anch’esso collegato col vulcano, il simbolo di Catania, l’elefante o U’ Liotru. La statua dell’elefante simbolo di Catania, si trova proprio dinanzi al duomo dedicato a Sant’Agata che, mollemente adagiato al centro della piazza, gli si erge di fronte.
Il nome deriva da una storpiatura del sostantivo Eliodoro il negromante che lo avrebbe forgiato con la lava del vulcano per cavalcarlo. Attorno ad Eliodoro e all’elefante si hanno una serie innumerevole di leggende, tutte con risvolti magici, difficili ovviamente da registrare e che lasceremo dunque in una beata inconsapevolezza, una statua pagana capace di evocare un aspetto magico e oscuro: ancora una volta un simbolo fortemente collegato all’Etna, che, in ogni minimo aspetto, a Catania la fa da padrone.