
giovanni crisotomo
Corleone,
“ti da la capacità di guardare ed osservare la gente non come curiosità effimera.
Conversazioni…..
di Francesco La Rosa
Viaggiare per le colline di Doglio può essere bello se cerchi la serenità dei boschi incontaminati e l’atmosfera magica di un tempo passato, ma diventa più entusiasmante trovarsi davanti ad un camino scoppiettante in compagnia di Giovanni Crisostomo.
Il “nostro” sembra capitato li per caso, e forse non sappiamo ancora perché dalla natia Sicilia e passando da Parigi, Giovanni decide di condividere, e di trarne ispirazione, la sue emozioni di artista con un ambiente tanto intenso per la sua bellezza silenziosa e selvaggia .
Nato a Palermo nel 1940, già da giovanissimo esprime la sua vocazione artistica suonando chitarra classica fino a quando fu travolto dall’interesse del flamenco grazie ad una ragazza spagnola che gli regala un disco, un 45 giri, con brani di flamenco dell’artista Nino Riccardo.
L’interesse per questa nuovi ritmi lo porta in Spagna alla ricerca di spartiti musicali, praticamente introvabili in Italia dove quel tipo di musica era accostato alla tradizione gitana, ed in Francia dove approfitta della sua capacità di esprimere il flamenco per guadagnarsi qualche soldo per sopravvivere. Ancora oggi resta la sua grande passione.
Vissuto a Corleone negli anni ’50, si sente “cresciuto in fretta” , Corleone , dice, “ti da la capacità di guardare ed osservare la gente non come curiosità effimera, ma come modo di rapportarsi con essa, e tutto questo ha sviluppato una ipersensibilità verso tutto ciò che è nuovo e di intimo che accompagna ogni abitante del luogo facendomi capire ancora oggi quanto la realtà fosse superiore all’immaginazione e dove ancora le coppole ed il mantello a ruota erano simboli già decaduti di una Sicilia che il resto del mondo avrebbe malconosciuto. Questa ipersensibilità mi fa capire, quando sono al cospetto di un fatto non chiaro, che essere legati a quei sentimenti è ancora oggi un valore.”.
Da questo mi viene difficile capire come l’arte abbia potuto condizionare e influenzare la sua vita in maniera cosi intensa e coinvolgente, ma la sua risposta, accompagnata da un sorriso amaro e insieme ammiccante, svela la sua sicilianità … ”non lo so”, è la sua risposta, accompagnandola da una citazione di Calvino, “i grandi dolori, come le grandi gioie, sono muti”.
Un attimo si silenzio, infatti. ci separa come un impenetrabile muro nero di pietra lavica dell’Etna, e a questo punto ricordandomi di essere siciliano anche io, mi viene voglia di “prendere la coppola e andare via”, invece mi attacco disperatamente alla crostata che in ossequio alla straordinaria tradizione di ospitalità siciliana mi viene offerta, per pensare ad una nuova domanda, ma guardandolo negli occhi ho l’impressione che lui creda di essersi liberato di me, infatti continua a tacere e sorridere, ma poi con fare benevolo, si alza e mi invita a visitare il suo studio al piano inferiore. Dopo pochi istanti, la rivelazione, nonostante la grande confusione dello studio, mi trovo al cospetto di immagini e colori che pochissime persone hanno avuto il privilegio di ammirare, opere di grande dimensione, anche 2 metri per 3, e dipinti più piccoli, non firmate a differenza di una raccolta di venti piccoli di cm 25 x 35, realizzati con tecnica mista su carta, dove ogni immagine rappresenta un racconto che è nella mente dell’artista…storia 10…..sole e verità…. ecc. che con la collaborazione della poetessa tedesca Linde… saranno oggetto di un libro di prossima pubblicazione, e che portano la sua firma. Colori forti, intensi, ispirati oltre che dallo straordinario istinto creativo, e qui la rivelazione, ultimamente anche dall’ascolto musicale delle esecuzioni del maestro Fernando Grillo.
Particolare impressione desta un’opera di grandi dimensioni m 3,20 x 1,80 dedicata al balletto “Enfant e Sortilege” di Ravel e ispirata dai disegni di bambini provenienti da diverse parti d’Europa, e di un altro di dimensioni leggermente più contenute ispirato da un famosissimo dipinto di Guttuso “ Il Merlo” e una natura morta che ricorda il pittore fiammingo del ‘700 David Dehem dal quale aveva avuto ispirazione addirittura Matisse.
Opere che nella essenzialità raffigurativa cercano di eliminare dai soggetti il superfluo, e che esprimono attraverso i colori una grande musicalità e che si rifanno a “l’Odisseo” l’eroe omerico di Joice e a quello nascosto di Kafka.