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LIBRI:Recensione: “La Fisica di Dio” di Sabato Scala – Fiammetta Bianchi

25 aprile 2012

di: Diego Antolini – Thexplan.net

Si tratta di un libro che, per quanto gli autori si siano impegnati nel rendere la lettura il più comprensibile possibile a tutti, tratta concetti molto complessi, seppur di estremo interesse sociale. Si perché con il tentativo di unificare la Teoria della Relatività di Einstein (valida per la struttura del Macrocosmo) e la Teoria dei Quanti di Schroedinger, Planck, e Heisenberg (valida per le strutture del Microcosmo) con la Teoria Neurale dell’Universo pensante e Creatore, in pratica si tenta di spiegare le origini dell’Uomo. Non a caso il volume si apre con il Maestro dell’Inconscio Collettivo Carl Gustav Jung, collegando l’idea dell’atomo con il concetto dell’archetipo. Per chi possiede una conoscenza di base delle discipline alchemiche e della simbologia esoterica, molti spunti trattati dagli autori suoneranno comprensibili a livello concettuale (sul piano prettamente matematico è un discorso riservato ai soli matematici). In ogni caso all’inizio e alla fine di ogni capitolo gli autori hanno inserito delle “guide” per facilitare la lettura: una bussola che introduce l’argomento che sarà poi sviluppato nelle pagine successive; e una sintesi che riassume per punti quanto appena esposto. La tesi che gli autori propongono muove dalla Mass Theory di Burkhard Heim, una Teoria del Tutto che considera la presenza, al di fuori della nostra realtà fisica dello Spazio-Tempo, di almeno altre tre variabili “invisibili”: Spazio delle Strutture, Spazio delle Informazioni, Spazio della Mente di Dio. Tali variabili vengono rappresentate a “cascata”, dove l’una si sovrappone all’altra e comunicano attraverso particelle visibili (fotoni) e invisibili (gravitofotoni). Tale sistema a piani ha fatto parte della concezione cosmologica di Celti e Maya sin dall’inizio della loro cultura. Gli autori sviluppano tale teoria per concepire il nostro Universo come una proiezione olografica di una matrice che “vibra” negli spazi al di fuori della nostra realtà. Tale matrice è stata quantizzata da Heim nell’unità minima indivisibile chiamata Metrone, che ha una struttura poliedrica vibrante e, soprattutto, neurale. Ecco quindi che l’Universo Olografico Quantizzato si pone come una Mente Suprema (nello spazio riservato a “Dio”) che proietta informazioni e strutture che poi si condensano nella nostra realtà fisica come materia. Materia che a questo punto, secondo la teoria degli autori, diviene illusoria, e non può non tornare alla mente il famosissimo Mito della Caverna di Platone con le sue Ombre e le sue Idee. Nell’ambito dell’aspetto neurale della “Materia Olografica”, da notare l’interessante descrizione di come il gravitofotone arriva al nostro cervello e ai neuroni attraverso il biofotone sui “binari” della Tubolina, e di come solo in condizione di Gel essa possa ricevere input che trasforma in informazioni. Ma a cosa porta questa “Mente di Dio” in un Universo dominato dalla legge entropica del Caos? […]

La recensione integrale può essere letta su:

http://www.thexplan.net/Rubriche/recensioni/unoinfinito_lafisica.htm

 

San Francesco e il miracolo di Gubbio

29 gennaio 2010

San Francesco e il lupo

di Emanuela Ruffinelli

Francesco, giunto un giorno nella città di Gubbio, apprese con dolore che la popolazione era spaventata, a causa di un grosso e feroce lupo che da molto tempo tormentava gli abitanti della zona, faceva strage di animali, ma assaliva anche uomini, donne e bambini e li uccideva.

Il Santo ebbe compassione di quella povera gente e, ispirato dal Signore, andò, solo ed inerme, ad affrontarlo: uscì dalle mura della città e andò incontro al lupo. Quando lo vide da lontano si fece il segno della Croce e si fermò ad aspettarlo in mezzo alla strada, con le braccia allargate. Il lupo si avvicinò a Francesco e stette ad ascoltarlo: “Caro lupo, non fare più male a nessuno e io ti prometto che gli abitanti di Gubbio si prenderanno cura di te”. Il lupo, come se comprendesse quelle parole, chinando il capo e agitando festosamente la coda, sollevò la zampa e la mise tra le mani di Francesco: era il suo modo di dirgli che sarebbe diventato mansueto  e non avrebbe più ucciso nessuno.

prof. Roberto Bellucci

Infatti il lupo divenne docile come un cagnolino, camminava per le strade del paese a testa bassa, giocava con i bambini, faceva la guardia alle case quando i proprietari uscivano. Gli abitanti di Gubbio, in cambio della sua bontà, gli davano ogni giorno tanto buon cibo. Quando il lupo, diventato vecchio, morì, tutti erano tristi e venne seppellito vicino al camposanto.

Il prodigioso incontro tra San Francesco e il lupo è stato narrato in molte lingue a bambini di tutto il mondo. E’ stato un incontro storico, carico di significati, tanto da essere sempre vivo nella memoria degli eugubini e dei cristiani di tutto il mondo. Chiunque sia venuto a conoscenza dell’episodio, anche in età giovanissima, non ne ha perso nel tempo, il ricordo, anzi ha mantenuto impresso nella mente l’ammansimento del feroce lupo che aveva tramutato la sua forte carica aggressiva in forza d’amore.

Gubbio

Nel centro storico della città di Gubbio, nei pressi della Chiesa di San Francesco, nel giardino che gli eugubini chiamano l’orto dei frati, si può ammirare la splendida scultura  che ne rappresenta il miracolo. Autore della scultura, il prof. Roberto Bellucci, nativo di Gubbio: “Ho sempre sentito il fascino del messaggio francescano, e questo mi ha aiutato molto nella lunga ricerca della definizione dell’opera. Quello che mi preoccupava di più era il timore di scivolare sul banale, sul lezioso come spesso succede nella rappresentazione di soggetti religiosi. Comunque ce l’ho messa tutta nella creazione di questa scultura tesa verso il cielo”.

Nel monumento è raffigurato San Francesco che, dopo aver ammansito il lupo lo tiene sulle ginocchia mentre con un braccio teso verso l’alto, indica che è Dio che ha operato il miracolo per mezzo di un umile fraticello ed è pertanto il Creatore che va ringraziato dal Santo, perché ha compiuto il miracolo per tramite suo. L’opera ha un’altezza di 3 metri ed un peso di 16 quintali ed è stata realizzata presso la fonderia Brustolin di Verona.

Lo scultore prof. Roberto Bellucci ha interpretato con vigore uno dei momenti più significativi del francescanesimo, soprattutto perché riepiloga quell’amore verso la natura e le sue creature esaltato dal patrono d’Italia, inoltre ha saputo dare il senso di religiosità all’opera con quello slancio di San Francesco verso l’alto: la mano e lo sguardo elevato in alto, la bestia accucciata in un patto di amore e di abbandono. Lo slancio è il frutto di una storia sempre attuale: riconciliazione con Dio e ringraziamento al Creatore, la pace infatti, passa attraverso la riconciliazione con Dio e tra gli uomini. Il significato del messaggio che giunge dall’opera è che occorre avere la pace nel cuore di ciascuno, perché è dal cuore che sorgono gli ideali di pace con l’uomo e con la natura.