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“Le vie del Brigante”- L’Umbria segreta su RAI 2

29 novembre 2009

a destra franco valentini e danilo ronzi regista della trasmissione nell’eremo di Pale

di Francesco La Rosa

E’ stata trasmessa da Rai2 in orario per insonni, “le vie del Brigante” rivisitazione in chiave ironica e curiosa di alcuni luoghi tradizionalmente esclusi dagli itinerari turistici più conosciuti. Cosi la curiosità di conoscere l’autore del programma che è umbro mi porta a Foligno e mi permette di presentarvi un personaggio che appare veramente fuori dal tempo.

Franco Valentini è curiosamente noto a Foligno con lo pseudonimo “il Brigante” e  per cercare di capire cosa può aver motivato la produzione di questo programma televisivo sono andato a trovarlo nel suo “eremo” di Piaggia nei pressi di Sellano.

L’uomo, davvero appare un brigante,  la barba bianca gli da un aspetto apparentemente truce, sprofondato su una seggiola mi scruta e aspetta la mia prima mossa, ed io muovo subito…

Sig. Valentini ci diamo del tu o del lei?

Per costume locale in questo modo di interloquire, ti danno del lei quando vogliono punirti, quindi diamoci del tu.

Come è nata l’idea di questo programma?

L’idea è nata dopo una simpatica conversazione con amici fra i quali un noto artista romano che da qualche tempo risiede a Stifone presso Narni, e quasi come  sfida ho accettato di produrre questo documento televisivo, cercando di dare un contributo per una lettura dell’Umbria  fuori dagli stereotipi.

Quali aspetti intendevate evidenziare con questa opera?

Siamo partiti dalla consapevolezza che il territorio umbro già da sé è “la storia dell’arte” e dai secoli passati possiamo considerarlo come una semina di fatti e di avvenimenti culturali che ne hanno fortemente condizionato ogni angolo dello stesso.

Perché l’ironia come filo conduttore?

Beh, la mancanza di mezzi finanziari e mezzi tecnici non ci lasciava altra scelta e quindi abbiamo cercato l’impatto mediatico  utilizzando come patrimonio l’ironia delle persone normali.

Riesci a conciliare il tuo lavoro con questi impegni artistici?

Ho sempre pensato che esiste un lavoro per vivere e un lavoro per fare, e di solito accade che il lavoro per vivere è “quello che è” non si ama, invece il lavoro per “fare” è quello che soddisfa le più intime esigenze dell’uomo, come lo straordinario  concerto organizzato al Castello di Giomici poco tempo fa. Per queste cose cosi importanti ed esaltanti il tempo dobbiamo trovarlo

Parlaci di questo concerto…

L’idea di questo concerto è nata conversando con il maestro fernando Grillo, da importanti critici considerato ”il Buddah del contrabbasso”, ma che io considero invece “l’angelo del contrabbasso”  con il quale “discuto musicalmente” da quaranta anni, abbiamo pensato di invitare un quintetto d’archi composto da artisti che possono essere considerati nel loro campo fra i più grandi esecutori del nostro tempo, come il russo Dimitri Tombassov, primo violino della Orchestra Filarmonica di Berlino, e che abbiamo potuto offrire all’Umbria anche grazie alla appassionata competenza e partecipazione di un caro amico, Luciano Vagni, proprietario del Castello di Giomici i cui saloni  hanno  fatto da magica scena all’evento.

Cosa ti ha dato dal punto di vista musicale e umano l’incontro con Tombassov?

Dimitri è un uomo che ha compiuto una scelta di vita importante lasciando la Filarmonica di Berlino per essere grande solista fra grandi solisti, e studiare e sperimentare insieme a lui presso il Castello di Pupaggi le prove del concerto, anche grazie alla sua straordinaria umiltà è stato esaltante per me e mi resta un ricordo incancellabile, e anche se con grande simpatia il quintetto mi ha nominato presidente onorario in realtà mi sento il rozzo che poco può contribuire al compimento culturale di questi grandi musicisti.

Perché avete scelto Pupaggi per il laboratorio?

L’idea è partita dal soffitto della chiesina del ’500  di Pupaggi dove il soffitto è riempito magnificamente da un grande affresco che rappresenta Dio che è contornato da due quintetti di angeli contrapposti con in mano archi e vielle, angeli che curiosamente hanno le ali dipinte con il tricolore, ma anche dal fatto che la zona è stata nei secoli passati un grande laboratorio di sperimentazione di medicina e chirurgia e percorso di grande valore musicale. Da sottolineare anche la splendida ospitalità nel castello  della famiglia Onori che ci ha permesso di penetrare in maniera precisa nell’ambiente e nella gente di questo territorio che  nei propri cromosomi ha sintetizzati gli eventi più importanti dei passaggi della storia del mondo moderno. Il riferimento a San  Benedetto non è casuale come non è casuale che Benedetto sia il Patrono di Europa.

Cosa farai da grande?

Farò da grande tutto ciò che ho fatto da piccolo, e continuerò a riflettere sugli stessi errori, che stranamente ricordo come i  momenti più belli e senza i quali non sarei quello che sono, tanto è vero che il mio modo di vivere nella mia lunga e stratificata” professione di ateo” non ho mai avuto paura di ringraziare il cielo e dire: Signore ti ringrazio per quello che mi dai.

Per concludere vuoi dedicare una tua riflessione in versi ai lettori di Goodmorning Umbria?

“Quando la sera guardo il sole ed il suo tramonto, anche i miei pensieri si uniscono nella mia fronte e si abbracciano come le onde del mare al pari delle rughe che ormai segnano i lunghi giorni della mia vita”.

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Giovanni Crisostomo

11 ottobre 2009
giovanni cristomo

giovanni crisotomo

Corleone,

“ti da la capacità di guardare ed osservare la gente non come curiosità effimera.

Conversazioni…..

di Francesco La Rosa

Viaggiare per le colline di Doglio può essere bello se cerchi la serenità dei boschi incontaminati e l’atmosfera  magica di un tempo passato, ma diventa più entusiasmante trovarsi davanti ad un camino scoppiettante in compagnia di Giovanni Crisostomo.

Il “nostro” sembra capitato li per caso, e forse non sappiamo ancora perché dalla natia Sicilia e passando da Parigi,  Giovanni decide di condividere, e di trarne ispirazione, la sue emozioni di artista con un ambiente tanto intenso per la sua bellezza silenziosa  e selvaggia .

Nato a Palermo nel 1940,  già da giovanissimo esprime la sua vocazione artistica suonando chitarra classica fino a quando fu travolto dall’interesse del flamenco grazie ad una ragazza spagnola  che gli  regala un disco, un 45 giri, con brani di flamenco dell’artista Nino Riccardo.

L’interesse per questa nuovi ritmi  lo porta in Spagna alla ricerca di spartiti  musicali, praticamente introvabili in Italia dove quel tipo di musica era accostato alla tradizione gitana, ed  in Francia dove approfitta della sua capacità di esprimere il flamenco per guadagnarsi qualche soldo per sopravvivere. Ancora oggi resta la sua grande passione.

Vissuto a Corleone negli anni ’50, si sente “cresciuto in fretta” , Corleone , dice, “ti da la capacità di guardare ed osservare la gente non come curiosità effimera, ma come modo di rapportarsi con essa, e tutto questo ha sviluppato una ipersensibilità verso tutto ciò che è nuovo e di intimo che accompagna ogni abitante del luogo facendomi capire ancora oggi quanto la realtà fosse superiore all’immaginazione e dove ancora le coppole ed il mantello a ruota erano simboli già decaduti di una Sicilia  che il resto del mondo avrebbe malconosciuto. Questa ipersensibilità mi fa capire, quando sono al cospetto di un fatto non chiaro, che essere legati a quei  sentimenti è ancora oggi un valore.”.

Da questo mi viene difficile capire come l’arte abbia potuto condizionare e influenzare la sua vita in maniera cosi intensa e coinvolgente, ma la sua risposta, accompagnata da un sorriso amaro e insieme ammiccante, svela la sua sicilianità … ”non lo so”,  è la sua risposta, accompagnandola da una citazione di Calvino, “i grandi dolori, come le grandi gioie, sono muti”.

Un attimo si silenzio, infatti. ci separa come un impenetrabile muro nero di pietra lavica dell’Etna, e a questo punto ricordandomi di essere siciliano anche io, mi viene voglia di “prendere la coppola e andare via”, invece mi attacco disperatamente alla crostata  che  in ossequio alla straordinaria tradizione di ospitalità siciliana mi viene offerta, per pensare ad una nuova domanda, ma guardandolo negli occhi ho l’impressione che lui creda di essersi liberato di me, infatti continua a tacere e sorridere, ma poi con fare benevolo, si alza e mi invita a visitare il suo studio al piano inferiore. Dopo pochi istanti, la rivelazione, nonostante la grande confusione dello studio, mi trovo al cospetto di immagini e colori che pochissime persone hanno avuto il privilegio di ammirare, opere di grande dimensione, anche 2 metri per 3, e dipinti più piccoli, non firmate a differenza di una raccolta di venti piccoli di cm 25 x 35,  realizzati con tecnica mista su carta, dove ogni immagine rappresenta un racconto che è nella mente dell’artista…storia 10…..sole e verità…. ecc. che con la collaborazione della poetessa tedesca Linde… saranno oggetto di un libro di  prossima pubblicazione, e che portano la sua firma. Colori forti, intensi, ispirati oltre che dallo straordinario istinto creativo, e qui la rivelazione, ultimamente anche dall’ascolto musicale delle esecuzioni del maestro Fernando Grillo.

Particolare impressione desta un’opera di grandi  dimensioni m 3,20 x 1,80 dedicata al balletto “Enfant e Sortilege” di Ravel e ispirata dai disegni di bambini provenienti da diverse parti d’Europa, e di un altro di dimensioni leggermente più contenute ispirato da un famosissimo dipinto di Guttuso “ Il Merlo” e una natura morta che ricorda il pittore fiammingo del ‘700 David Dehem dal quale aveva avuto ispirazione addirittura Matisse.

Opere che nella essenzialità raffigurativa cercano di eliminare dai soggetti il superfluo, e che esprimono attraverso i colori una grande musicalità e che si rifanno a “l’Odisseo” l’eroe omerico di Joice e a quello nascosto di Kafka.