riceviamo e pubblichiamo
Lo scriteriato Dimensionamento scolastico del Comune di Perugia ci assegna al circolo di Ponte Valleceppi e il Comune penserebbe di potenziare i mezzi pubblici su una strada così stretta, priva di (more…)
riceviamo e pubblichiamo
Lo scriteriato Dimensionamento scolastico del Comune di Perugia ci assegna al circolo di Ponte Valleceppi e il Comune penserebbe di potenziare i mezzi pubblici su una strada così stretta, priva di (more…)
Il giorno 3 ottobre 2013, alle ore 15,30, presso la Caserma “FERRANTE GONZAGA
DEL VODICE” si è svolta la cerimonia di avvicendamento al comando del Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito tra il Generale di Divisione Franco PRIMICERJ ed il Generale di Brigata Massimo FOGARI proveniente dallo Stato Maggiore della Difesa – Ufficio Generale del Capo di SMD con l’incarico di Capo Ufficio Pubblica Informazione. (more…)
Il giorno 9 settembre 2013, alle ore 17,00, presso la Caserma “GONZAGA” sede del Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito, in occasione del 70° anniversario dell’ Armistizio (8 sett. ‘43) e della morte per mano nazista del Generale Ferrante Gonzaga del Vodice (8 sett. ’43), sarà celebrata una cerimonia commemorativa per ricordare la figura dell’Alto Ufficiale decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare, ed a cui, nell’anno 1954 venne intitolata l’allora Scuola Allievi Ufficiali e Sottufficiali di Artiglieria (S.A.U.S.A.) oggi Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito.
Saranno presenti, accolti dal Comandante del Centro, Generale di Divisione Franco PRIMICERJ, i due figli maschi del compianto Ufficiale e precisamente: il Principe Maurizio Ferrante Gonzaga del Vodice di Vescovato ed il Principe Corrado Gonzaga del Vodice. Per condividere con la città (more…)
“Il quadro della situazione del polo siderurgico ternano è estremamente preoccupante e penalizzante per la città e il suo fondamentale assetto industriale. Scelta dunque giusta quella del sindaco Di Girolamo di convocare gli Stati Generali per unire in un’unica voce tutti coloro si (more…)
di Matteo Bressan
L’allarmismo lanciato dal Senatore del PD Francesco Ferrante sulla possibilità di realizzare al confine con l’Umbria un deposito di stoccaggio delle scorie nucleari, rilancia una annoso dibattito della politica italiana: nucleare si nucleare no. La storia del nucleare italiano è, se vogliamo, lo specchio di assenza di politica strategica e sperpero di risorse che per anni hanno caratterizzato il nostro paese.L’Italia, è bene ricordarlo, è stata uno dei paesi più all’avanguardia nel settore della ricerca e della produzione dell’energia nucleare.Se consideriamo infatti le limitazioni imposte all’Italia con il Trattato di Pace del 1947, si rimane stupiti nel constatare che nel 1966 l’Italia era il terzo produttore di energia nucleare dopo Stati Uniti e Gran Bretagna. L’Italia in una prima fase si dotò di tre tipi di reattori differenti ma tutti di tecnologia anglo americana, che una volta sviluppati raggiunsero i più alti standard di produzione a livello europeo.
Gli esiti del referendum del 1987 contro il nucleare, determinato dall’emotività suscitata dal disastro di Černobyl’ e da una sapiente campagna di informazione mirata ad affossare il programma nucleare italiano, portarono alla scelta politica negli anni 1988 e 1990 di interrompere la produzione dell’energia nucleare e la chiusura delle tre centrali ancora funzionanti. Sarebbe interessante capire quali attori internazionali spinsero l’allora classe dirigente ad affidare un tema così strategico per la sicurezza nazionale al non certo indicato strumento referendario che, mai come in quella occasione, favorì il nostro attuale maggior fornitore di energia nucleare, vale a dire la Francia. Il pensiero dominante di quella fase storica fu che con l’interruzione del programma nucleare italiano, che di fatto tagliò le gambe ad anni di investimenti e know how non indifferente, si poteva essere il paradiso ecologico dell’Europa pur avendo centrali nucleari a ridosso dei propri confini, si veda Francia e Jugoslavia. È evidente che questo approccio altamente autolesionista ed ipocrita, tipicamente italiano, è stato la causa principale del costo record in Europa, per chilowattora, che i contribuenti pagano per l’energia.Ciò non significa che i risultati raggiunti prima del 1986 contribuissero al fabbisogno energetico nazionale, ma certamente possiamo altrettanto dire che la strada delle sole energie rinnovabili o alternative non può da sola compensare un giusto mix di approvvigionamento energetico all’interno del quale il nucleare gioca un ruolo certamente importante. Se al referendum del 1987 aggiungiamo i costi e problemi derivati dalla gestione dei cinque impianti, per i quali ancora oggi la Società gestione impianti nucleari (SOGIN) è attiva nella fase di nuclear decommissioning, possiamo ben comprendere quali e quanti danni abbia rappresentato l’uscita dell’Italia dal programma nucleare.
Oggi assistiamo, ancora una volta, alle prese di posizioni di una certa parte politica e alle barricate alzate da alcune Regioni che si stanno nuovamente scagliando contro il nucleare, in una fase storica caratterizzata dalla permanente instabilità dei nostri maggiori paesi fornitori di energia (si vedano le rivolte di questi giorni in Libia, Tunisia, Egitto e Iran). La partita del nostro fabbisogno energetico è stata spiegata in maniera molto chiara dal Governo Berlusconi che si è posto come obiettivo quello di suddividere la produzione di energia elettrica dalla seguenti fonti: 25% da energia nucleare, 25% da fonti rinnovabili e 50% da fossile. La nuova politica annunciata dal Governo italiano punta a tagliare le emissioni di gas serra, ridurre la dipendenza energetica dall’estero e abbassare il costo dell’energia elettrica all’utente finale.