di Darko Strelnikov Strelnikov.d@libero.it
Il ripetuto “mi ricandido” del Sindaco di Perugia Vladimiro Boccali denuncia una anomalia
politica, che può determinare e sconvolgere il corso dell’intera legislatura amministrativa. L’attacco alle Province ha in pratica sancito l’apertura della campagna elettorale due anni prima del previsto. I posti che contano diminuiscono, quindi ogni partito, ogni componente e ogni aspirante candidato deve fare i conti con la contrazione dell’offerta. Le Province potranno anche resistere fino alle prossime elezioni, ma non saranno più un posto appetibile. Oramai sono il male nell’immaginario collettivo, come dimostra un sondaggio di un blog umbro, nel quale l’86% delle persone interpellate si sono espresse favorevolmente per la loro totale abolizione e solo il 4% per il mantenimento nella forma attuale. Quindi, al di là dei tempi di cambiamento, chi ci si avventurerà, rischierà di fare la parte del commissario liquidatore. Un tipico ruolo da fine carriera. Lo sanno in parecchi e la “grande fuga” da Piazza Italia 11 è già iniziata. Da qui i “mi ricandido” che sanno tanto di gente che mette il
cappello sulla sedia occupata per non perdere il posto. Non è il caso di Boccali, che questa mossa non avrebbe mai voluto farla. Perlomeno adesso. Secondo persone vicine al primo cittadino di Perugia la sua intenzione sarebbe stata esattamente quella opposta. E c’è da capirlo : oggi fare il Sindaco è solo oneri e niente onori. E questa è una condizione che può levare il sonno a coloro che oggi siedono sugli scranni più alti dell’Umbria. La diminuzione degli incarichi a 5 stelle aumenta, inevitabilmente, il numero dei concorrenti. In questa situazione è impensabile che il centrosinistra possa scegliere la strada delle riconferme per i secondi mandati. Le primarie sono una opzione “senza se e senza ma”. E, in questa situazione, chi rischia di più sono, paradossalmente, Boccali e la stessa Marini. La crisi favorisce gli sfidanti. In un contesto fatto di tagli e di tasse, di diminuzione dei servizi e di aumento delle tariffe, di ticket sanitari e di panini che sostituiscono i secondi (come ai miei tempi) nelle mense scolastiche, Sindaci e Presidenti possono giungere all’appuntamento letteralmente spompati e con un alto tasso di impopolarità. Per di più sotto la minaccia del “fuoco amico” di consiglieri fedeli ai pretendenti al trono. Non c’è, nel partito di maggioranza relativa, il clima giusto per un accordo. Quello precedente (Regione e Comuni di Perugia e Terni alla maggioranza e Province alla minoranza) è stato fatto saltare in aria dalla nuova realtà dei fatti. Farne uno nuovo è difficile. Le inchieste giudiziarie hanno scosso dalle fondamenta gli equilibri interni alle componenti del Pd. Gira un aria di sospetto da far paura. L’accordo di pace tra Dalemiani e Area Modem siglato in un famoso pranzo è quasi carta straccia. L’unica soluzione sarebbe quindi quella di competere alle primarie e poi trattare sulla base dei risultati raggiunti. Ma questo presuppone che correnti, cordate e componenti parlino con una voce unica. Non è così. Meno posti fa rima con più litigi. Risultato i Bersaniani sono spaccati e i modem sono divisi. La frammentazione aumenta e la fa da padrona. Non esiste un leader riconosciuto, non esiste un gruppo dirigente autorevole, non esiste una linea politica da indicare e da seguire. Si va alla giornata, secondo gli umori e tenendo conto delle tante asperità di percorso. Si va per compromessi che spesso sono storia di un minuto. Le cosiddette riforme regionali risentono di questo clima. Spostare o abrogare qualcosa è una delle 7 fatiche di Ercole. Ogni giorno è un passo indietro rispetto al punto di partenza. E allora enti e strutture da salvare si moltiplicano ogni documento che esce. Ma più conservazione si fa e più gli elettori si distaccano dall’attuale classe dirigente. E, a modo loro, lo fanno anche sapere. Per il secondo anno consecutivo le feste di partito hanno impietosamente fatto registrare il tutto deserto per il Pd e il tutto esaurito per Vendola e Soci. Mentre la Presidente Rosy Bindi parlava nel pieno centro di Perugia a 4 gatti e tre micine, in quel di Ramazzano, sperduta contrada di campagna, per raggiungere la quale è consigliato il navigatore, tale Don Andrea Gallo, alla kermesse regionale di Sel, trascinava fino ad ore piccole, migliaia di persone. Una aspetto che marca la diversità tra l’indifferenza per gli uni e la passione per gli altri. Ma c’è un altro indicatore che registra queste difficoltà. Le ennesime elezioni amministrative parziali. Anche stavolta, come qualche mese fa, i rumors parlano di difficoltà dei democratici ad individuare candidati forti a Todi, Bettona e Deruta. Nella città della Marini si andrà probabilmente alle primarie nelle quali quasi tutti i partiti del centrosinistra hanno già un candidato decente. Tutti meno il Pd dilaniato tra l’avvocato Marconi e l’ex segretario Rossini. Due persone che non sembrano riscuotere grandi consensi dentro e fuori il partito. E allora spunta il grande favorito. L’uomo che ancora non c’è; il candidato dei socialisti. Come andrà a finire lo vedremo, ma questa è l’ennesima prova di un partito che non riesce più a governare e ad egemonizzare la coalizione. E stavolta non sono elezioni normali, sono elezioni parziali in casa della destra (Todi, Deruta e Bettona). Perderle vorrebbe dire sancire definitivamente le ragioni di un declino. E pensate che potrebbe succedere dentro il gruppo dirigente del Pd, se in casa della Presidente il candidato non fosse del Pd e non risultasse vincente. Dicono che Antonino Ruggiano abbia ultimamente ricevuto strani segnali di appoggio. Sarà vero?