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Emozioni, ritmo, grande musica … come solo il jazz sa offrire.
16 luglio 2011di Roberta Capodicasa
Mentre il Festival rapidamente sta raggiungendo il suo termine e tra ventiquattro ore Perugia perderà d’improvviso il carattere di polis internazionale rivestito i questi giorni, è bello guardare indietro ad alcune profonde emozioni che anche quest’anno Umbria Jazz ha trasmesso: parlo dei ‘pochi’ concerti cui sono riuscita ad assistere.
Folgorante la voce della cantante jazz di Chicago Dee Alexander nella serata inaugurale al Santa Giuliana e ancora più emozionante l’esecuzione di Herbie Hancock, Wayne Shorter, Marcus Miller che, in occasione del ventesimo
anniversario della morte di Miles Davis , hanno tenuto uno splendido concerto. Impossibile non fermarsi a spendere preziose parole per la pianista giapponese Chihiro Yamanaka che nella stessa sera ha colmato l’Arena di ritmi straordinari su una tecnica pianistica eccezionale, così come ha ripetuto la sera successiva la sua connazionale Hiromi che anticipava il concerto del grande maestro del pianoforte Ahmad Jamal; entrambi hanno lasciato col fiato sospeso il pubblico amante del pianoforte-Jazz nella sicura certezza che
con tali rappresentanti il Jazz non morirà mai! La serata successiva del Santa Giuliana ha visto protagonista il sassofono di Branford Marsalis che ascoltavo, ahimè, per la prima volta e che mi ha lasciato letteralmente senza fiato in un crescendo continuo di emozioni.
Si sono così concluse le mie serate Umbria Jazz all’ Arena visto che amo ascoltare, in occasione dl festival del Jazz, solo Jazz e che gli appuntamenti successivi ivi previsti, pur comprendendo grandissimi nomi, non erano dedicati a questa sonorità: ho fatto una eccezione per Liza Minelli che ha suscitato, nonostante tutto, la mia simpatia e la mia profonda tenerezza. Sono cominciati ,dunque, per me i concerti che non prevedevano
grandissimi nomi, ma sicuramente grandissima musica; il primo grande meraviglioso è stato quello ‘round midnight del perugino Gabriele Mirabassi , un clarinetto che sembrava tutt’uno con colui che lo suonava, che si muoveva danzando e ondeggiando fino a cercare luoghi inaccessibili dell’anima come solo il jazz sa fare. Nonostante il caldo sentito nel teatro, questo è il concerto in assoluto più suggestivo cui ho assistito nell’edizione 2011 di Umbria Jazz e sono stata veramente fiera di avere un così grande concittadino; sì, perchè Gabriele Mirabassi è nato a Perugia e qui ha studiato la musica alimentandosi sicuramente anche al contesto eccezionale fornito ormai da anni da Umbria Jazz. Al di là della tecnica singolare e unica di Gabriele, non è possibile non spendere qualche parola per la piccola band di bravissimi giovani musicisti argentini che hanno suonato con lui: il jazz
come diceva in Inglese un esponente dell’European Jazz Ensamble, appartiene a tutti i popoli. E su questo tono era anche ieri sera al Brufani Anat Cohen che, ancora una volta con il clarinetto, protagonista quest’anno di molti momenti per me unici, ha saputo davvero emozionare un numero più ristretto di ascoltatori presenti nella sala Raffaello dell’Hotel. Tale tipo di concerti è effettivamente più intimo e particolare e, se pure vale la pena ascoltarli tutti, è quello che riscontra il mio assoluto favore.
Smetto di scrivere questa nota amabile considerando che nelle prossime brevissime 24 ore avrò forse l’opportunità di ascoltare ancora dal vivo del Jazz che, se non si fosse capito, è la mia musica preferita. Ogni volta è un po’ un leggero e fluttuante ‘soffrire’ sapere che bisognerà aspettare un altro anno per ritrovare l’atmosfera unica trasmessa da Umbria Jazz.