Forse ha ragione, ancora una volta, Papa Benedetto: i nostri tempi sono caratterizzati da una sorta di degrado antropologico che si manifesta, agli inizi, con l’attaccare la Chiesa e il cristianesimo, per poi giungere a corrodere la pacifica convivenza e i valori fondamentali di una intera civiltà. Il pensiero corre naturalmente ai gravi incidenti avvenuti a Roma sabato 15 ottobre, nell’ambito della manifestazione dei cosiddetti “Indignados”, all ‘interno della quale gruppi di anarchici, anarco insurrezionalisti, centri sociali, black bloc, antagonisti (tutti riconducibili all’estrema sinistra extraparlamentare) hanno devastato il centro della capitale. Al di la’ della mera contabilita’ comunicata dalla Questura (135 feriti, soprattutto tra gli appartenenti alle forze dell’ordine; 13 arrestati, 8 denunciati; 5 milioni di euro di danni complessivi), l’impressione e’ che si sia consumato uno sfregio pesante, non solo per Roma, ma per l’intera comunità italiana, segnali inquietanti dei tempi che stiamo attraversando. Emblemi del “sacco” di Roma sono diventati, plasticamente, le immagini del ragazzo a torso nudo che scaglia l’estintore verso i poliziotti (solo per un miracolo si e’ evitata la strage), e la statua della Madonna del Labicano fatta a pezzi; il tutto contornato da episodi di violenza inaudita contro sedi istituzionali, forze dell’ordine, banche, vetture ed abitazioni di semplici cittadini, una delle quali, incendiata, e’ stata fatta evacuare appena in tempo, salvando da morte certa una anziana coppia di coniugi malati. L’odio verso i simboli religiosi richiama alla mente episodi propri dei totalitarismi di sinistra del ventesimo secolo (in primis Unione Sovietica e Spagna anarco-comunista della guerra civile). Peraltro, la furia devastatrice di questi criminali ricorda, per analogia, gli altri sfregi subiti dalla città eterna nel corso dei secoli (dalle varie devastazioni barbariche al sacco dei lanzichenecchi, dalla breccia di Porta Pia alle ferite della seconda guerra mondiale), ma un paragone mi sembra che calzi meglio di altri: il sacco inferto a Roma dai Visigoti di re Alarico, nel 410 d.C. Per tre giorni, dal 24 al 27 agosto, la capitale dell’Impero fu saccheggiata e distrutta da questi barbari, in un crescendo di violenze descritte mirabilmente da S. Agostino nella “Città di Dio”: quell’episodio rappresentò plasticamente la fine di una civiltà, quella romana, che peraltro già da tempo mostrava ineluttabili segni di cedimento, decadenza e degrado. Degrado che sembra marchiare in modo indelebile anche i nostri tempi. Se i black bloc sono i nuovi barbari, sintomo ed espressione di un malessere profondo che rischia di decapitare la nostra convivenza, quali i possibili rimedi?
Come ricorda Papa Ratzinger, da tempo la civiltà occidentale non crede più in sé, alle proprie , nobili radici giudaico-cristiane, ma sembra pervasa da una sorta di sfiducia, di ripiegamento, attraversata com’e’ dalle insidie del relativismo avaloriale e da venature di un neopaganesimo d’accatto. Si aggiunga poi che nel nostro Paese queste crisi si amplificano a causa di una lotta politica che raggiunge, anche a causa della persistenza di grumi di estremismo di sinistra e di un’opposizione di irresponsabili, vette di violenza sconosciute ad altri Paesi ( si pensi alle tragedie causate dal post 68 con la lunga scia di sangue che ha caratterizzato i cosiddetti “anni di piombo”).
Inutile nascondercelo: il nostro Paese, persa la bussola della fede, si e’ progressivamente sfrenato, incattivito, ed e’ ripiegato su se stesso.
Fino a quando ne pagheremo le conseguenze?
Vincenzo Merlo