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IL NOSTRO PAESE HA PERSO LA BUSSOLA?

24 ottobre 2011

Forse ha ragione, ancora una volta, Papa Benedetto: i nostri tempi sono caratterizzati da una sorta di degrado antropologico che si manifesta, agli inizi, con l’attaccare la Chiesa e il cristianesimo, per poi giungere a corrodere la pacifica convivenza e i valori fondamentali di una intera civiltà.  Il pensiero corre naturalmente ai gravi incidenti avvenuti a Roma sabato 15 ottobre, nell’ambito della manifestazione dei cosiddetti “Indignados”, all ‘interno della quale gruppi di anarchici, anarco insurrezionalisti, centri sociali, black bloc, antagonisti (tutti riconducibili all’estrema sinistra extraparlamentare) hanno devastato il centro della capitale.  Al di la’ della mera contabilita’ comunicata dalla Questura (135 feriti, soprattutto tra gli appartenenti alle forze dell’ordine; 13 arrestati, 8 denunciati; 5 milioni di euro di danni complessivi), l’impressione e’ che si sia consumato uno sfregio pesante, non solo per Roma, ma per l’intera comunità italiana, segnali inquietanti dei tempi che stiamo attraversando.  Emblemi del “sacco” di Roma sono diventati, plasticamente, le immagini del ragazzo a torso nudo che scaglia l’estintore verso i poliziotti (solo per un miracolo si e’ evitata la strage), e la statua della Madonna del Labicano fatta a pezzi; il tutto contornato da episodi di violenza inaudita contro sedi istituzionali, forze dell’ordine, banche, vetture ed abitazioni di semplici cittadini, una delle quali, incendiata, e’ stata fatta evacuare appena in tempo, salvando da morte certa una anziana coppia di coniugi malati.  L’odio verso i simboli religiosi richiama alla mente episodi propri dei totalitarismi di sinistra del ventesimo secolo (in primis Unione Sovietica e Spagna anarco-comunista della guerra civile).  Peraltro, la furia devastatrice di questi criminali ricorda, per analogia, gli altri sfregi subiti dalla città eterna nel corso dei secoli (dalle varie devastazioni barbariche al sacco dei lanzichenecchi, dalla breccia di Porta Pia alle ferite della seconda guerra mondiale), ma un paragone mi sembra che calzi meglio di altri: il sacco inferto a Roma dai Visigoti di re Alarico, nel 410 d.C. Per tre giorni, dal 24 al 27 agosto, la capitale dell’Impero fu saccheggiata e distrutta da questi barbari, in un crescendo di violenze descritte mirabilmente da S. Agostino nella “Città di Dio”: quell’episodio rappresentò plasticamente la fine di una civiltà, quella romana, che peraltro già da tempo mostrava ineluttabili segni di cedimento, decadenza e degrado.  Degrado che sembra marchiare in modo indelebile anche i nostri tempi.  Se i black bloc sono i nuovi barbari, sintomo ed espressione di un malessere profondo che rischia di decapitare la nostra convivenza, quali i possibili rimedi?
Come ricorda Papa Ratzinger, da tempo la civiltà occidentale non crede più  in sé, alle proprie , nobili radici giudaico-cristiane, ma sembra pervasa da una sorta di sfiducia, di ripiegamento, attraversata com’e’ dalle insidie del relativismo avaloriale e da venature di un neopaganesimo d’accatto.  Si aggiunga poi che nel nostro Paese queste crisi si amplificano a causa di una lotta politica che raggiunge, anche a causa della persistenza di grumi di estremismo di sinistra e di un’opposizione di irresponsabili, vette di violenza sconosciute ad altri Paesi ( si pensi alle tragedie causate dal post 68 con la lunga scia di sangue che ha caratterizzato i cosiddetti “anni di piombo”).
Inutile nascondercelo: il nostro Paese, persa la bussola della fede, si e’ progressivamente sfrenato, incattivito, ed e’ ripiegato su se stesso.
Fino a quando ne pagheremo le conseguenze?

Vincenzo Merlo

Gli indignados italiani: la brutta copia di girotondini e popolo viola in salsa black block

16 ottobre 2011

L’OPINIONE di Matteo Bressan

Commentare le immagini di devastazione avvenute ieri a Roma è impresa quanto mai ardua in questo complesso momento politico ed economico.
La guerriglia urbana premeditata scatenata dai black block sbarcati a Roma che di fatto hanno condizionato e sconfitto chi in maniera pacifica era giunto a manifestare deve avviare un’attenta riflessione sul clima che negli ultimi dieci, quindici anni ha accompagnato le varie forme di protesta, più o meno organizzata, più o meno spontanea in questo paese.
Se andiamo a ritroso fino agli scontri del G8 di Genova del 2001 ritroviamo da una parte una schiera di manifestanti che in modo del tutto pacifico contestavano i grandi della Terra e dall’altra un nutrito gruppo di delinquenti che in maniera del tutto premeditata mise a ferro e a fuoco la città.
A quella esperienza seguirono poi i movimenti contrari alla politica statunitense dell’amministrazione Bush e il fenomeno tutto italiano dei girotondini. In tutti e tre i casi, seppure con sfumature e differenze qualitative e quantitative, anche la parte sana dei manifestanti ha sempre operato e si è sempre ispirata a dei cattivi maestri. Così è avvenuto quando illustri icone della peggiore sinistra italiana bruciavano la bandiera americana insieme a quella israeliana e così è stato quando i leader dei girotondi paventavano addirittura il rischio di una nuova dittatura in Italia.
Il linguaggio e le argomentazioni di questa “presunta cultura” è stato anche infarcito da immagini e terminologie che andavano a richiamare nelle menti addirittura la resistenza.
Da queste pericolose premesse ha preso forma la versione italiana degli indignados: un popolo caricato ad uso e consumo di chi negli ultimi giorni non ha fatto altro che invocare lo scontro fino ai limiti estremi e che oggi dopo i fatti di Roma ha creato quelle premesse pseudo culturali per cui anche tra i manifestanti pacifici si sentono dire frasi del tipo: “tutto sommato bisogna capire questi ragazzi che sono arrabbiati.”
Ovviamente anche la versione italiana degli indignados gode della straordinaria logistica e organizzazione di cui godevano qualche anno fa i girotondini e che consentiva di spostare con estrema facilità centinaia di persone sui pullman.
A questa folla però non solo si sono aggiunti e contrapposti i black block, ma sono arrivati ancora una volta i NO TAV che di certo non sono noti per i metodi gandhiani.
All’appello, sembrerebbero non essere pervenuti i NO Dal Molin, ma al di là del puro censimento delle note sigle della protesta in Italia, si possono riscontrare delle ricorrenti mobilitazioni di gente pronta alla guerriglia urbana in grado di essere presenti al momento del bisogno.
Va ricordato come anche nelle proteste campane contro le discariche e i termovalorizzatori accanto alle comunità locali si registrasse la presenza di svariate sigle, anche anarco-insurrezionaliste, sempre pronte allo scontro con le forze dell’ordine.
Il contrasto a questi eserciti della protesta dovrà essere sempre più rigoroso ma molto dovrà fare la politica affinché queste simili forme di guerriglia non siano minimamente e subdolamente tollerate o peggio ancora incoraggiate.

ALEMANNO PREOCCUPATO PER IL DERBY DELL’OLIMPICO

“Il derby di oggi desta preoccupazione, ma ciò che più mi preoccupa e’ che, dopo quello che e’ successo ieri, non succeda ciò che e’ accaduto a Roma il 14 dicembre dello scorso anno, quando successero incidenti molto simili, e il giorno successivo i manifestanti arrestati furono tutti rilasciati perché, con il solito permissivismo, si disse che erano solo dei ragazzi che manifestavano”.

I precari del Comitato 9 aprile: “Respingiamo al mittente qualsiasi tentativo di strumentalizzazione. Da qualsiasi parte esso arrivi. Noi non ci facciamo manipolare da nessuno”. E sugli scontri: “l’azione di piccoli gruppi organizzati di violenti non ci appartiene e  non ci rappresenta”.

Rete degli Studenti Medi e Unione degli Universitari: Dura la denuncia delle due associazioni studentesche: l’intento dei black block “era noto da tempo. Siamo profondamente amareggiati per la mancata volontà di isolare politicamente tali pratiche già nella fase di preparazione e organizzazione della data”.

Tilt. La rete dei movimenti di sinistra: “Non vogliamo che tutto questo offuschi il vero messaggio della giornata di ieri, ovvero che un’alternativa a questo sistema di sviluppo,  anzi di non-sviluppo, è davvero possibile. E noi vogliamo dirlo con voce forte, chiara, che non lasci alibi a chi continua a difendere sempre e solo gli interessi dei soliti noti, che oggi hanno avuto un grande alleato nel gruppo di violenti armati che come i peggiori vigliacchi non hanno avuto neanche il coraggio di agire a viso scoperto”.