
Mariella Cutrona
di Mariella Cutrona
A distanza di quasi due secoli dalla morte Beethoven non ha posteri, ma solamente contemporanei. Noi viviamo la sua musica come se fosse ancora tra noi e potessimo udire quella sua voce irata, il suo riso selvaggio, il suo carattere tipicamente fiammingo, volubile. Nulla è svanito, l’umanità in lui diviene suono, e da lui riceve il più potente messaggio del proprio tempo perché Beethoven ha dolorosamente conquistato la propria umana dignità. Il suo senso selvaggio di indipendenza, la fanatica volontà di perfezione, la grandezza morale e spirituale, la tragedia del suo vivere è divenuta un inno all’esistenza. Come nessun altro infatti, egli rappresenta la sorte umana, come nessun altro ha dato l’esempio dell’uomo che non si piega, che si erge in tutta la sua forza, la sua grandezza e suggella il proprio dolore sublimandolo e trasformandolo in musica. E in musica rappresenta l’inquietudine, l’amore, la felicità, le emozioni.
“La musica è un’espressione più alta di qualsiasi filosofia…nella musica vive una sostanza infinita non del tutto afferrabile”.
L’inquietudine si coglie nella 5 sinfonia scritta tra la fine del 1807 e l’inizio del 1808, quattro note “il destino che bussa alla porta” popolarmente interpretato come senso di inquietudine per la sordità crescente. Si

Beethoven
racconta che l’idea musicale gli fu stimolata da un avventore di un’osteria che durante l’attesa, tamburellava con una moneta sul bancone. Il destino batte alla porta, l’umanità lotta contro il fato avverso. La quinta sinfonia è il simbolo musicale della grandezza umana. Nei palchi di prima fila, un anno dopo la morte del compositore fece singhiozzare molti giovani, altri risero forte, altri ancora si strapparono i capelli tra mille contorsioni stravaganti.
L’amore…Per Elisa un pezzo pianistico del 1810 dedicato ad una donna Teresa Malfatti, uno dei grandi amori del compositore. Non esiste l’autografo di Beethoven, ma in una copia dell’epoca in possesso di un suo allievo non figura il nome Elisa ma Teresa, la figlia di un commerciante viennese. Amore delicatissimo, trasognato, affidato alle mani si anima brevemente per concludersi dolcemente con il ritorno al cullante tema iniziale.
La felicità…Inno alla gioia della nona sinfonia, su testo di Schiller composto tra il 1822 e il 1824 è una marcia di gioia, felicità festante che accompagna l’uomo che percorre il cammino gioioso della vita. Un messaggio grandissimo di pace e fratellanza universale. La gioia, non allegria e spensieratezza, ma risultato unico, speciale che l’uomo raggiunge quando si libera dall’odio e dalla cattiveria.
Nel 1985 i capi di Stato e di governo europei adottano l’Inno alla gioia come Inno ufficiale dell’Unione Europea.
” L’uomo è per ogni uomo un fratello! Che tutti gli esseri si abbraccino! Un bacio al mondo intero!”
E per rimanere in tema di emozioni anche la sua morte come scrisse il conte Zmeskall produsse a Vienna un’emozione di cui non si ebbe mai ricordo. Da venti a trentamila persone accompagnarono Beethoven alla tomba, Schubert reggeva i cordoni del feretro. Oggi, la musica di Beethoven viene suonata nelle scuole, per i bambini è importante capire che i suoni che ci circondano sono anch’essi musica e che loro stessi possono far parte del mondo musicale: cantare in locali chiusi per sentire l’effetto della propagazione sonora, associare diversi strumenti ai suoni della natura, iniziare a studiare uno strumento musicale, indovinare l’emozione che evoca un brano musicale, cantare una melodia ascoltata per la prima volta. Già le emozioni…
“Egli fu un’artista, e chi verrà dopo di lui non potrà proseguire lungo la sua via ma dovrà ricominciare da capo, perché Egli non si è fermato che là dove ha termine l’Arte…cosi lo saluta per l’ultima volta il suo amico Grillparzer” .