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Naxos-Tauromenion, emozioni oltre la barriera del tempo

13 ottobre 2011

di Roberta Capodicasa

Proprio a ridosso della strada che s’affaccia sulla splendida e famosa  spiaggia di Giardini Naxos, (Giaddini  in siciliano) frequentata da  numerosi  turisti, si trova lo scavo di Naxos una delle colonie greche più  antiche di Sicilia. Lo scavo, a quanto mi ricordo, è così bene nascosto a sguardi troppo  indifferenti al passato da rendere del tutto probabile la  permanenza a  Giardini per una vacanza e non rendersi neanche conto di trovarsi nei pressi di  uno scavo di straordinario rilievo.

porta di Apollo

Si comincia  la visita da un piccolo Antiquarium all’interno di una struttura  borbonica a Capo Schisò; da qui è possibile orientarsi sull’area archeologica  vera e propria. Mi rendo perfettamente conto a questo punto del bisogno sempre  più necessario di spiegare  la grande rilevanza che dò a questa località, il  motivo affettivo che ad essa mi lega. Ricordo chiaramente che fu uno dei miei
momenti più emozionanti  in Sicilia,  l’accorgermi all’improvviso, girato  l’angolo oltre la splendida e mondana spiaggia di Giardini Naxos , di trovarmi  su uno scavo greco arcaico; d’incanto  la confusione era cessata, lo spazio si era  come dilatato, il silenzio dominava le cose. Mi sembrò di aver superato, senza  accorgermene, la barriera del tempo.  Nasso  fu la prima colonia greca di Sicilia, se vogliamo prestar fede a   Tucidide, e numerosi autori tramandano di Teocle calcidese che insieme ad  alcuni Ioni di Nasso, l’omonima isola delle Cicladi,  avrebbe occupato l’area di Capo Schisò sottraendola probabilmente a degli indigeni Siculi. Il sito dove  sarebbe sorta Naxos doveva essere un approdo sicuro  ed obbligato per le navi  che facevano

panorama Giardini Naxos - Taormina

rotta verso Occidente dal Mediterraneo Orientale. I primi coloni  sarebbero arrivati su una spiaggia dove eressero un tempio ad Apollo  Archeghetes il dio di Delo protettore dell’impresa coloniale, nell’anno 754 a. C.: anche questo riferimento a Delo ci riporta all’area delle Cicladi da cui proveniva il nucleo forte dei coloni, considerato anche il nome dato al sito e  mutuato probabilmente dalla omonima isola dell’Egeo, Nasso. Dai pochi dati che  abbiamo risulta che la polis fu partecipe degli eventi politico economico  militari che riguardarono la costa est della Sicilia per tutta l’età arcaica e  si trovò spesso in lotta con Siracusa. Le guerre intestine caratteristiche del  mondo greco la videro completamente distrutta da Dionigi, il celebre tiranno  siracusano, nel 403 a. C.. Gli abitanti superstiti cercarono continuamente  di

Gelsomino

riprendere possesso della polis fino a che Andromaco, padre del grande storico  Timeo, non vide più opportuno abbandonare il sito di Nasso per preferire  quello  prospiciente di Tauromenion, la moderna Taormina, città gentilmente  appoggiata su una collina a 200 m. slm. da cui è possibile uno sguardo  meraviglioso sulla costa est della Sicilia fino all’Etna. Il dato d’eccellenza,  tra i molti, su cui ci soffermeremo  è l’essere stata celebre nell’antichità  per il rinomato vino di cui ci testimonia Plinio il Vecchio nella sua opera  Naturalis Historia  insieme alle monete su cui è spesso raffigurato il dio del  vino, Dioniso. Plinio famoso per la sua competenza in materia, prediligeva il vino ‘Taormina bianco’ prodotto con le antiche uve Catarratto bianco*,

grappolo uva catarratto

Carricante, Grillo, Inzolia e Minella bianca.  Tali testimonianze, consentono a questo punto di spendere qualche  insufficiente e certamente povera parola sul vino di Sicilia: il vino siciliano
potrebbe essere davvero confuso con un’ambrosia divina, direttamente donata da  Dioniso; le uve particolari, i raggi del sole cocente sotto cui i chicchi  maturano, il paesaggio caldo e mediterraneo che lo nutre, il suo profumo  impregnato di mare, con il retrogusto al sapore di mandorle,  gli conferiscono un carattere particolare che lo rendono inimitabile: non  riesco mai a decidere dinanzi ad un vino siciliano se mi affascini di più il  colore, il profumo o il sapore. La miscela dei tre è, comunque, un cocktail   prediletto tra le cose amabili di questo mondo e della Sicilia in particolare.

*Il catarratto, l’uva a bacca bianca più diffusa in Sicilia