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Alcuni osservatori affermano di aver individuato recentemente una tendenza

Helmut Kohl
tedesca a mettersi “fuori dalla Unione europea” e il pensiero di entrare in “una globalizzazione solitaria”. Siamo di fronte ad una nuova “Großdeutschland”?
Kohl:
Non credo proprio che in Germania qualcuno con delle responsabilità abbia l’intenzione di seguire questa idea. Uno sguardo alla nostra storia ci ricorda che non possiamo permetterci un’azione solitaria della Germania.
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Già nel 2010 sul giornale tedesco Bild, Lei aveva avvertito: “Il nazionalismo nascente e la crescente ostentazione nazionalistica ostacolano l’unificazione europea”. A chi è rivolta in particolare questa affermazione?
Kohl:
Ai tedeschi, anche se con questa affermazione avevo in mente anche altri. Purtroppo è vero, soprattutto i tedeschi devono riconoscersi in questo avvertimento. Tenendo in considerazione la nostra eredità storica e il suo significato, abbiamo una responsabilità particolare.
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Rispetto alla crisi in Grecia, alla “American Academy” a Berlino, Lei ha di recente affermato: “Seguiremo il nostro percorso anche insieme alla Grecia… per quanto il cammino possa essere difficile” In seguito, nella Sueddeutsche Zeitung Lei è stato definito come l’“europeo di cuore” che avrebbe reagito più generosamente rispetto alla “europea di testa” Angela Merkel, se si fosse trovato ad affrontare i problemi della Grecia nella Sua epoca. Si può fare questa distinzione? In Germania esiste ancora un numero sufficiente di europei e politici appassionati?
Kohl:
Ritengo la distinzione tra “europeo di cuore” e “europeo di testa” fondamentalmente sbagliata, anzi pericolosamente ingannevole. Come capo di stato di un paese non si può semplicemente prendere decisioni con il cuore o con la testa: ovviamente bisogna decidere con entrambi. Da un lato è necessario avere passione e voglia di fare per svolgere i propri compiti perché altrimenti nessuno sarebbe in grado di affrontare la carica istituzionale, nella la sua immensa responsabilità e con l’enorme dispendio di tempo che essa richiede. D’altro lato non é possibile portare avanti le proprie idee, se in certi momenti non si è in grado di mostrarsi risoluti. Senza queste abilità semplicemente non si è adatti per questo lavoro. L’Europa era e rimarrà qualcosa che mi sta a cuore, ma ciò non contraddice e anzi completa l’idea che l’Europa sia prevalentemente un prodotto della ragione. In altre parole: l’Europa non é un’utopia fine a se stessa di alcuni ingenui sognatori, ma rimane l’unica alternativa possibile, soprattutto per la Germania. La situazione della Grecia é uno splendido esempio di che cosa questo significhi in concreto. Gli errori con la Grecia sono stati fatti nel passato; in questo momento di crisi l’Unione europea e i membri della Zona Euro non possono porsi il dubbio se essere o meno solidali con la Grecia, perché la Grecia fa parte di entrambe. Del resto è anche vero che durante la mia carica di cancelliere, la Germania non avrebbe mai approvato l’ammissione della Grecia nella Zona Euro a fronte di drastiche riforme strutturali nel paese, perché ad un esame attento la situazione effettiva della Grecia non sarebbe certo potuta rimanere nascosta. So di cosa parlo , perché vi ho preso parte. Già durante le trattative per l’introduzione dell’Euro, i greci facevano una forte pressione su di noi per essere parte dell’Eurolandia sin dall’inizio; ciononostante io, insieme al ministro delle finanze Theo Waigl, ho sempre sostenuto ed espresso con chiarezza le ragioni per cui respingevo la loro entrata. Purtroppo però, con il nuovo governo nel 1998, la linea dura della Germania si è ammorbidita. Con me alla guida del paese, la Germania non avrebbe violato il PCS. Ritengo che queste due decisioni siano il motivo principale che ci ha costretto ad assistere agli errori che ora giustamente critichiamo nell’Eurolandia e nei suoi singoli stati membri,. Nel nostro paese si dimentica spesso che dobbiamo queste due decisioni alla coalizione tra SPD e Die Grünen ( socialdemocratici e verdi). Vorrei sottolineare che queste decisioni non sono state generate da necessità della Realpolitik ma si è trattato semplicemente di un atteggiamento irresponsabile. Le conseguenze lo dimostrano chiaramente. D’altra parte è vero che gli errori fatti non possono essere cancellati, che lamentarsi non aiuta e mettere in dubbio la stabilità dell’Euro aiuta ancora meno. La buona notizia è che possiamo correggere gli errori e risolvere i problemi. Sarebbe un errore cadere nell’illusione che si tratti unicamente di una questione di soldi, o come la propone Lei, una questione di generosità. Nella crisi l’Europa ha bisogno di un attivismo determinato e un pacchetto di misure lungimiranti, scelte con saggezza e senza ideologie. Solo così potremo rimettere l’Europa sulla retta via e garantirle un futuro sicuro. Pagheremo senz’altro un prezzo più alto di quanto avremmo fatto senza aver preso decisioni errate, ma non abbiamo altra scelta se non vogliamo far crollare l’Unione Europea. Le misure necessarie prevedono tra l’altro che gli stati membri in difficoltà come la Grecia ricevano il sostegno della comunità, anche se questi dovranno prima fare da soli i loro compiti a casa.. Una comunità come l’UE e l’Unione monetaria potrà funzionare nel lungo periodo solo se ognuno si prenderà la proprie responsabilità. Al momento vedo purtroppo qualche mancanza o – in altre parole – vedo pochi europei convinti. Ma questo non contraddice il fatto che tra i nostri politici europei ci sia sufficiente passione: dobbiamo semplicemente permetterle di emergere.
IP:
“Riprenderei tutte le decisioni importanti fatte.”, ha concluso nel 2010. Vale anche per l’Unione monetaria dove gli errori di costruzione stanno diventando palesi?
Kohl:
Questa conclusione è valida guardando indietro a tutta la mia vita, e sopratutto per l’Unione monetaria, così come per tutte le decisioni riguardanti l’Europa che sono state prese durante il mio incarico di cancelliere. Anche il dibattito attuale non cambia nulla sul mio percorso. Non dimentichiamo che l’Europa si è sviluppata sempre a piccoli passi. Non è mai stato facile andare avanti con l’UE e non l’abbiamo mai presa alla leggera. Le trattative tra gli stati membri dell’UE, e precedentemente tra gli stati membri CEE, spesso duravano fino al sorgere del sole. Per l’Europa unita abbiamo combattuto una lotta dura, chiedendoci cosa ci portasse avanti, fino a quale punto potessimo andare avanti senza sovraccaricare i singoli e fino a quale punto ci avrebbero seguito tutti. Si può criticare questo metodo, però alla fine bisogna accettarlo, e diventa più facile accettarlo se la solidarietà tra i membri aumenta. É un’esperienza che ho fatto spesso. Naturalmente ogni tanto avrei desiderato prendere decisioni più estese, sopratutto negli anni novanta in connessione all’Euro e all’unione politica. Ma se in quel periodo avessi insistito su tutto ciò che desideravo fare e consideravo necessario sul lungo periodo, non avremmo mai fatto quel passo in avanti con l’Europa che infine abbiamo fatto. Per esempio sono convintissimo che ancora oggi non avremmo l’Euro. A questo scopo ho fatto dei tagli che ritenevo e ritengo ancora giustificabili. Considero l’espressione “errore di costruzione” del tutto sbagliata. In questo ambito. È vero che non abbiamo raggiunto gli obiettivi come avremmo desiderato. Però abbiamo fatto il possibile e la direzione era giusta, questo è ciò che conta. Devo ammetterlo, il fatto che dopo il mio mandato l’UE senza una vera ragione sia tornata indietro su questioni generali che avevamo già risolto – come il patto di stabilità e la Grecia – e che non riesca a fare progressi, per giunta sotto la guida franco-tedesca, ha superato la mia immaginazione, e continua a farlo.
In breve: abbiamo raggiunto insieme gli obiettivi che potevamo raggiungere secondo le circostanze del momento, e anche osservando dalla prospettiva odierna si può giudicare come un’ottima prestazione.
IP:
Nel autunno dell’anno scorso si è distanziato chiaramente dall’abrogazione del servizio militare obbligatorio: “In base a quello che vedo e sento, non mi pare che il mondo sia cambiato in modo tale da non poter rendere possibile il servizio militare obbligatorio.” L’abrogazione è stato un errore?
Kohl:
Sì.
IP:
La rivoluzione del mondo arabo rappresenta la più grande sfida strategica per l’Europa, è paragonabile alla caduta del muro nel 1989? Quale strategia consiglia Lei per l’Europa?
Kohl:
Attualmente la più grande sfida per l’Europa è l’Europa stessa. L’Europa deve rendersi conto di avere una responsabilità per il resto del mondo e comprendere quale questa sia. Dobbiamo assolutamente smettere di perderci nelle piccolezze e invece ricominciare a parlare come una unica voce. In nessun modo voglio negare la portata delle sfide della crisi finanziaria ed economica,le sfide sono immense – ma ancora una volta – anche nel passato abbiamo avute grandi sfide. Penso alla caduta del Muro nel 1998, a cui si Lei fa riferimento. Se in quel periodo avessimo reagito così debolmente, come alcuni fanno oggi, usando regolarmente superlativi per descrivere la situazione, sicuramente non avremmo mai raggiunto la riunificazione tedesca nel 1990. Le sfide esistono per essere affrontate e per essere risolte con coraggio e voglia di fare. Questo valeva nel passato ed è valido ancora oggi, senza differenze. Adesso è necessario uscire dalla crisi con una linea chiara e mettere l’Europa in grado di reagire su altri temi, come per esempio la rivoluzione del mondo arabo, da Lei prima menzionata. Come ho già detto prima, non è la sfida più importante per l’Europa, ma si tratta comunque di una grande sfida strategica. Il nostro compito sarà sostenere questi paesi nel loro percorso verso la libertà, la democrazia e lo stato di diritto, per renderli capaci di aiutare se stessi. Non ci sarà una soluzione generale che possa essere valida per tutti. Si può trattare solo di un sostegno ponderato che deve essere adatto alle esigenze dei singoli paesi. La mia raccomandazione é di esaminare e giudicare accuratamente fatti e provvedimenti.
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L’ex presidente americano Bill Clinton ha recentemente nominato Lei come modello per la Sua lungimiranza strategica. Se pensiamo alla notevole ascesa della Cina, dell’India o altri paesi, all’ancora incompiuto percorso della Russia verso la democrazia e al fatto che gli Stati Uniti non vogliono più assumersi tutta la responsabilità e hanno l’intenzione di ritirarsi almeno parzialmente, per la Germania e l’Europa quali sono le priorità più importanti della politica estera?
Kohl:
Per la Germania e l’Europa la priorità principale è assumere le proprie responsabilità insieme agli USA per tutto il mondo. Oltre a Russia, a Cina, Asia e il mondo arabo, esiste anche l’Africa di cui non dobbiamo dimenticarci, insieme a tutti i problemi e difficoltà presenti. In questo ambito, il mio desiderio per il nostro paese e anche per l’Europa che la consapevolezza aumenti ancora; la storia non è determinata a priori, ma è piuttosto il risultato delle azioni delle singole persone. Questa è il criterio con cui veniamo misurati nella storia. Non dobbiamo esserne spaventati, ma al contrario questa idea dovrebbe infonderci coraggio e ottimismo per il percorso che ancora dobbiamo percorrere. E dobbiamo cogliere tutte le occasioni che abbiamo. Anche a rischio di ripetermi, questa è la più importante priorità per la politica estera della Germania e dell’Europa: assumere la responsabilità per il mondo intero.
Domande poste da Henning Hoff, Joachim Staron e Sylke Tempel della rivista POLITICA INTERNAZIONALE