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Angelico Fabbri

11 ottobre 2009
angelico fabbri

angelico fabbri

di Loris Accica  

A Gubbio, antichissimo insediamento umbro, testimoniato dalle famose Tavole Eugubine, nasce Angelico Fabbri il 22 Agosto 1822, dal farmacista Raffaele e da Francesca Leonardi.

All’epoca la Signoria di Gubbio, per donazione dell’ultimo dei discendenti dei Della Rovere al pontefice regnante Pio VII, è parte integrante dello Stato Pontificio.

Il giovane Angelico è avviato ai primi studi nella millenaria Canonica Regolare eugubina di San Secondo, dove sono protagonisti del sapere e dell’insegnamento uno sparuto gruppo di sacerdoti.

Ovviamente il padre lo vuole farmacista e dopo l’istruzione primaria, lo iscrive fiducioso alla prestigiosa Università degli Studi di Bologna, dove riesce comunque a conseguire la laurea in Scienze Fisiche e Naturali.

Ma Angelico non è mai stato un brillante studente, anzi, fin dall’inizio è distratto e pervaso da una continua insofferenza verso i suoi sacerdoti insegnanti ed ancor più verso i lacciuoli dispotici del Governo pontificio, lasciandosi progressivamente sedurre dagli ideali derivanti dall’illuminismo. Alla precoce età di diciott’anni, matura in lui e si fa sempre più spazio la cultura massonica, destinata in futuro a diventarvi dominante ed a condizionarne l’intera esistenza.

Nel 1840 infatti, diventa il più giovane Libero Muratore, affiliato all’attiva Loggia Giordano Bruno di Gubbio, della quale sarà in seguito Venerabile e, allorquando le Logge Umbre si unificheranno in una Gran Loggia, sarà pure eletto all’unanimità Gran Maestro.

Nel corso degli studi universitari a Bologna, conosce occasionalmente, frequenta e subisce una notevole influenza del radicale democratico Felice Orsini, quell’esule italiano che in Francia, anni dopo, assurge a notorietà perché scaglia proditoriamente tre bombe contro la carrozza dell’imperatore Napoleone III. L’Orsini, immediatamente individuato, arrestato e processato, finirà al patibolo, ma l’astuto conte di Cavour ne approfitta per trasformare l’isolato cospiratore in un martire e convincere i francesi a cacciare gli odiati austriaci dal suolo italico.

Sospinto dagli ideali patriottici Angelico Fabbri non si accontenta dei primi timidi provvedimenti liberali del nuovo papa Pio IX, succeduto a GregorioXVI e, nel medesimo anno 1846, condividendone appieno le visioni e gl’intenti si affilia prima alla Carboneria e l’anno seguente alla Giovine Italia di Mazzini. Quest’ultima un’associazione molto diversa dalla Carboneria, ritenuta dal “profeta”, potente, ma troppo chiusa, di casta aristocratica moderna, ma lontana dal popolo, rivoluzionaria, ma troppo nascosta.

E’ già pronto, lui insieme con tanti altri, a quelle nuove spinte sociali, economiche, culturali e politiche già presenti in altri Stati, rispetto all’arretratezza ed alle divisioni degli abitanti della penisola. La grave crisi economica sopraggiunta, aggrava la già esplosiva situazione.

Nel 1848 l’anno della rivolta antiaustriaca, l’anno del ritorno in Italia di Garibaldi, l’anno in cui inizia ad emergere la figura di Cavour, il Fabbri si arruola nella Compagnia Volontari Eugubini partecipando alla campagna della prima guerra d’indipendenza, ricevendo il grado di Sottotenente e l’anno seguente, è tra i primi ad accorrere coraggiosamente alla difesa della breve vita della Repubblica Romana, conquistando sul campo la stima, la fiducia e l’amicizia di Garibaldi, nonché una meritata promozione sul campo al grado di Capitano.

Angelico Fabbri entra così da protagonista in quel processo di unificazione dell’Italia, che secondo le varie visioni degli Artefici, porterà alla nascita del Regno d’Italia con Roma capitale.

Con questo primario obiettivo e con la consapevolezza della sua missione, tornato a Gubbio, si fionda generosamente in un’intensa attività sociale e politica. Fonda l’associazione Italia e Popolo, che raccoglie in sé ed arma, un piccolo esercito di anticlericali, che esorta e convince, con il precipitare degli avvenimenti nel 1859, ad arruolarsi per la seconda guerra d’indipendenza. Raggiunge i Mille, aggregandosi col grado di Capitano, alla eroica spedizione garibaldina. Nel 1861 quando nasce ufficialmente il Regno d’Italia è eletto Consigliere e nominato Assessore al Comune di Gubbio, dedicandosi alle mansioni politiche ed amministrative con grande capacità ed entusiasmo e sempre attento alle esigenze dei più bisognosi. Nel 1865 è l’ideatore, il promotore, il fondatore ed eletto Presidente della prima Società Operaia di Mutuo Soccorso di Gubbio influenzando politicamente, ma anche aiutando con tutti i mezzi disponibili gli operai più disagiati e gli artigiani eugubini. A questi ultimi, dediti in particolar modo alla ceramica, fornisce strumenti ed indirizzi atti a far rivivere in qualche modo l’alta maestria acquisita nel passato dal famoso precursore Mastro Giorgio.

Si candida alle elezioni politiche del 1866 ed è eletto deputato al Parlamento, ma sospende l’attività legislativa allo scoppio della terza guerra d’indipendenza alla quale partecipa con tale coraggio, da meritare una medaglia d’argento, anche se, sempre al seguito di Garibaldi nell’infausto tentativo di riprendere Roma, subirà con lui l’amara sconfitta di Mentana nel 1867.

Quando la Città Eterna cessa di far parte del potere temporale dei papi, dopo il 20 settembre 1870, rientrato a Gubbio, nel 1876 si candida ancora una volta alle elezioni amministrative locali ed è eletto Sindaco della città, lasciando un’impronta indelebile della sua amministrazione in campo scolastico, urbanistico e viario.

Alle elezioni politiche nazionali del 1882, si candida alla Camera dei Deputati ed è eletto con una preferenza che oggi definiremmo bulgara, adoperandosi ostinatamente nel corso di quella che sarà la sua ultima legislatura da parlamentare, per dotare il territorio eugubino di un collegamento ferroviario con l’emergente centro commerciale e industriale aretino.

Con il fisico minato da una grave malattia, l’indomito, audace garibaldino, reduce da tante cruente battaglie, spira nella sua amata città il 7 Luglio 1886.

La salma, composta in una camera ardente nella stupenda Sala Maggiore dell’imponente Palazzo dei Consoli, realizzato dal Gattapone nel XIV secolo, è onorata per giorni da una interminabile moltitudine di concittadini, patrioti e massoni, accorsi dall’Umbria come da tutta Italia.

Ariodante Fabretti

10 ottobre 2009

Ariodante Fabbretti

storia del principe della tolleranza

di Loris Accica

Rimasto vedovo da nove anni, stanco e afflitto da una grave malattia, il 15 settembre 1894, spira nella sua villa di Monteu da Po, l’antico borgo romano ad est di Torino, il famoso erudito archeologo Ariodante Fabretti, principe della tolleranza. Nato a  Perugia il 1° ottobre 1816, è rimasto legato per tutta la vita alla sua città natale da un sincero e radicato sentimento di appartenenza.

La sua infanzia è priva di importanti avvenimenti e, fin dai primi anni di vita scolastica, si rivela un brillante studente. La progressione negli studi e la volontà paterna lo destinano a Bologna, dove s’iscrive all’antica Università degli Studi e frequenta con profitto la facoltà di medicina-veterinaria. Ma ben presto emergono in lui notevoli capacità di ricercatore e scrittore ed insieme è attratto e pervaso da una forte passione civile e politica verso un mondo liberale, sospinto da tante esigenze intellettuali, morali, psicologiche. Inizialmente di tendenze radicali, si trasforma gradualmente in un fervente repubblicano, laico, anticlericale. Anche negli studi compie una non trascurabile svolta avviandosi in un nuovo lungo percorso di approfondimento storico-letterario.

Nonostante una grave omissione nei libri scolastici, Ariodante Fabretti lascia numerose indelebili tracce  nella storia nazionale italiana, oltre che in quella europea e americana, quando intere generazioni sono coinvolte nel sogno dell’Italia libera e unita, promosso ed alimentato dagli artefici primi Cavour, Garibaldi e Mazzini. Estremamente devoto a quest’ultimo, riuscirà a mantenere con lui un raro e fecondo rapporto di amicizia di lunga durata. E’ il periodo in cui tanti italiani sognano una Nazione in forma unitaria o federale, politicamente indipendente, libera, democratica e laica.

Tutte le forze politiche si sentono legittimate a perseguire e imporre questi valori nazionali indistintamente a tutti gli strati sociali del Paese, nobili, possidenti, professionisti, artigiani, contadini. Valori da secoli assenti nella vita degli italiani e la presa di coscienza di questa integrazione non appare né facile, né scontata. Né è facile modificare quell’atavico confessionalismo dello Stato, ormai privo di ogni legittimità intellettuale. Al contrario, sarà un percorso difficile, complicato, lungo e tortuoso molto oltre il prevedibile, per una serie di concause. Comunque, lentamente vaste correnti di opinioni in varie forme, s’impossessano degli uomini e dei loro sentimenti in tutta Italia, anche in Umbria e a Perugia. Tra i primi in questa fiduciosa attesa dell’avvenire c’è il cattolico, gnostico, Ariodante Fabretti, carbonaro, affiliato alla Giovine Italia, massone della Loggia perugina “Fermezza”, dove nel 1838 ne è Oratore ed in seguito Venerabile.

Nel 1847 è Ufficiale della ricostituita Guardia Civica di Perugia e l’anno seguente è fondatore insieme con Annibale Vecchi del “Circolo Popolare”, considerato il vero centro rivoluzionario della città e del quale assume la segreteria. Nel 1844 contrae matrimonio con l’amata concittadina Filomena Ferretti, dolce sposa ed energica compagna di vita. Il 9 febbraio 1849, con la momentanea caduta del papa re, Pio IX, e la proclamazione della Repubblica Romana, è eletto all’Assemblea Costituente quale Segretario insieme con Giovanni Pennacchi, altro massone umbro di Bettona, che sarà poi rettore dell’Università degli Studi di Perugia fino alla morte. Con la restaurazione del Governo Pontificio e disilluso dalle mancate azioni riformatrici promesse dal pontefice, Ariodante Fabretti è inevitabilmente costretto all’esilio, riparando prima a Firenze poi ancora nella più sicura e lontana Torino, dove vive nella precarietà di saltuarie lezioni private, ritrovandosi con tanti altri esuli, anche umbri, come il ternano Ottavio Coletti ed i perugini Orazio Antinori e Annibale Vecchi, con i quali condivide origini, cultura, valori e passione politica.

Qualche tempo dopo è nominato Presidente della Società della Emigrazione Italiana, una carica che manterrà fino alla prematura morte di Cavour, avvenuta nel 1861, e diventa assistente, in virtù delle   indiscutibili competenze, al Museo Egizio e delle Antichità di Torino.

Ed è proprio da Torino che l’esule è costretto, suo malgrado ansiosamente inerme, a partecipare con profonda angoscia ai drammatici brutali eventi perugini del 20 giugno 1859, dov’è la sua famiglia, i suoi affetti, i suoi amici. Eventi per i quali il  gonfalone della città sarà insignito di medaglia d’oro.

L’Università degli Studi di Torino gli affida per legittimi meriti, nel 1860, la cattedra di Archeologia e gli è pure conferito l’alto onore di essere associato alla prestigiosa Accademia delle Scienze, divenendo quindi degno Accademico dei Lincei.

Affrancato dalle nuove agiate condizioni economiche e riacquisita un pò di serenità, sente forti in sé i richiami degli ideali massonici ed è affiliato alla Loggia Dante Alighieri di Torino, sorta per ispirazione e volontà dello stesso Cavour, adoperandosi con l’Antinori a costituire anche nella sua indimenticabile Umbria una unitaria Gran Loggia, che confluirà in seguito nel Grande Oriente d’Italia. Infatti il 21 giugno 1867, alla Costituente massonica di Firenze, quando Garibaldi è acclamato Gran Maestro onorario “ad vitam”, entra a far parte della Giunta Esecutiva insieme con il Gran Maestro, Filippo Cordova. Nel 1875 ascende al Supremo Consiglio del 33° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato e il 24 aprile 1879, con l’elezione a Gran Maestro di Giuseppe Mazzoni, entra nuovamente nella Giunta Esecutiva insieme con il conte Luigi Pianciani, altro famoso Libero Muratore, passato alla storia anche come il massonizzatore di Roma capitale, città della quale sarà il primo sindaco.

Professionalmente gli sono riconosciute innumerevoli onorificenze, ed altrettanti riconoscimenti gli sono tributati nel mondo scientifico da varie parti d’Italia e dall’estero.

Nel 1874 è fondatore ed eletto Presidente della prima Società per la Cremazione italiana.

Torna anche alla politica attiva dal momento che  lo troviamo Consigliere al Comune di Torino, nel 1887 e, soltanto due anni dopo, è nominato Senatore del Regno.

Alla sua dipartita terrena, tante le manifestazioni di  profondo sincero cordoglio e rimpianto.

Le sue ceneri traslate a Perugia, sono onorate dall’intera cittadinanza, con una memorabile celebrazione affidata al rettore, Prof. Giuseppe Bellucci, il quale insieme con altri eminenti cittadini si attiverà per intitolare una strada della città, proprio quella dell’Università, al patriota scomparso che, solo qualche giorno prima di spirare, era stato unanimemente acclamato Presidente onorario della Società Umbra di Storia Patria. Anche il Tempio Crematorio nel Cimitero monumentale di Perugia, dove sono conservate le sue ceneri, prenderà il suo nome. Alla Biblioteca Comunale di Perugia l’illustre personaggio, che in vita si è diviso tra scienza, politica e massoneria, lascia generosamente per testamento, un considerevole numero di pubblicazioni, libri e documenti di notevole interesse scientifico e storico, che costituiscono il ponderoso cosiddetto “Fondo Fabretti”, ma anche i fortunati orgogliosi eredi possono rallegrarsi, per poter ancor oggi gelosamente custodire ed ammirare innumerevoli ricordi e reperti d’inestimabile valore storico oltre che affettivo.

Ne sono orgogliosi anche i contemporanei quando, insoddisfatti degli odierni valori, ricercano nel passato validi preziosi esempi da imitare, per cercare di cambiare.