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I CELTI E L’UMBRIA

11 ottobre 2009
croce celtica

croce celtica


di Diego Antolini

Dal punto di vista militare i Celti possedevano grandi abilità, che permisero loro di espandersi praticamente su tutto il continente europeo, dalla Spagna alla Boemia, dalle Isole Britanniche al Mediterraneo.

I Celti, popolazione di origine indoeuropea dal passato ancora in buona parte oscuro,  si sarebbero formati come popolo all’incirca nel 600 a.C. nel bacino dell’Europa centrale (tra il basso Rodano e l’Alto Danubio). Di cultura nomade, essi furono protagonisti di varie e importanti ondate migratorie che li portarono a colonizzare l’Europa, venendo a contatto con le genti che allora popolavano il continente (Sciiti, Kurgan, Greci, Etruschi, popoli del Nord). Da tale incontro i Celti mutuarono alcune usanze, come la costruzione di tumuli funerari e la venerazione per il cavallo. I Romani, dalle cui fonti abbiamo la maggior parte di notizie riguardanti questo popolo misterioso, narrano di gente guerriera e barbara, che conservava le teste dei nemici a protezione della casa e praticava sacrifici umani e cannibalismo.

Sarebbe tuttavia riduttivo dipingere un’immagine dei Celti così limitata e crudele, se pensiamo alla loro struttura sociale, stratificata in tre livelli di base: il druido (sacerdote), il cavaliere (uomo di potere economico e militare) e il popolo. Il trittico sacro era abilmente intrecciato nel tessuto sociale, con il Druido come “tramite” tra la natura e l’uomo, il guerriero come condottiero in battaglia e il popolo come piattaforma sociologica familiare. Se è vero infatti che i Druidi, erano l’apice della piramide sociale, la famiglia, riunita in clan, ne rappresentava le fondamenta. Da qui il perfetto equilibrio trifunzionale di questa cultura.

Dal punto di vista militare i Celti possedevano grandi abilità, che permisero loro di espandersi praticamente su tutto il continente europeo, dalla Spagna alla Boemia, dalle Isole Britanniche al Mediterraneo.

La religione, che risente moltissimo dell’origine indoeuropea del ceppo originario celtico, contemplava la reincarnazione, la rigenerazione dell’anima e la resurrezione; il culto della natura e il contatto con il cosmo era la matrice mistica fondamentale. Del pantheon celtico va menzionato il trittico Teutate (dio molto potente che veniva placato con sacrifici umani), Eso (anch’esso dio sanguinario, simboleggiato dal Toro) e Tarani (dio della guerra). In seguito il dio Lugh prese il potere su tutti.

Anche l’Italia ha conosciuto l’influenza celtica. In Umbria questo è ravvisabile anzitutto nel nome di alcune divinità locali antichissime, come il Dio Penn, o Pennin.

Penn significa “cima”, ma alcuni storici romani ne parlano come di una misteriosa divinità femminile. La Dea Pennina venne in seguito sostituita da un nuovo culto maschile, quello di Giove, poi detto Pennino.
L’Umbria sarebbe una delle regioni italiane che presentano più connessioni con il “Popolo della Quercia”, come dimostrano le molte similitudini tra il dialetto umbro e la lingua celtica (ancora oggi conservata intatta grazie alla diffusione del gaelico in Irlanda, in Galles e in Scozia).

Ad esempio l’articolo “il” si dice “Lu” in gaelico, ma anche nel dialetto ternano. Come Asun è Asino, Mul è Mulo e Gapr è la Capra per entrambi gli idiomi.

Il professor Farinacci fondò anni fa un’associazione (nel ternano) con lo scopo di dimostrare l’origine celtica delle popolazioni e delle tradizioni umbre. Questa sua tesi è accompagnata da moltissimi indizi: a Monte Spergolate (Stroncone) si trova un tempio dedicato al Sole; a Torre Alta c’è un osservatorio astronomico ancestrale, formato da una roccia–menhir con la cima scavata, a formare una vaschetta quadrata riempita d’acqua. Le costellazioni si specchiavano nella vasca e indicavano nei vari periodi dell’anno solstizi ed equinozi con precisione matematica; a Cesi vi sarebbe la “Pietra Runica di Cesi”, una pietra che presenta simboli runici e che, secondo Farinacci, sarebbero attributivi del “culto fallico”, rituale presente anche a Carsulae.
Qui vi sarebbero tracce del “Culto del Priapos”, antico rito della fertilità legato al Sole che con i suoi raggi mutati in pietra penetrava la Madre Terra e la rendeva fertile.

La conferma dell’esistenza di tali riti nella zona si troverebbe nella presenza di simboli sotto il Menhir, che rappresenterebbero segni zodiacali e il “Fiore della Vita”, simbolo di fertilità, orientato ad Est, verso il Sole (elemento maschile) che tramite il “Priapos” rende fertile la terra (elemento femminile).
Il santuario del culto fallico si sarebbe trovato al posto dell’attuale Chiesa di San Damiano; lì gli iniziati venivano portati per il sacrificio rituale.
Altri indizi a sostegno della tesi dell’influenza celtica in Umbria sono il mosaico con le croci uncinate (o svastiche) e il nodo gordiano, che un tempo dovevano ornare il Santuario del Culto Fallico (oggi il mosaico è conservato al Museo Civico di Spoleto). Nel mosaico è rappresentato un uomo che porta un bastone con una scacchiera in equilibrio e orina. L’immagine descrive forse un Druido nell’atto di preparare la magica “Acqua Santa”, che utilizzava una miscela di orina e acqua. La scacchiera potrebbe rappresentare l’unione delle tribù celtiche sotto il comando di Carsulae.

Presso questo luogo mistico vi sarebbe inoltre l’ingresso del Regno dei Morti, o la Porta di Saman (oggi Arco di San Damiano).

Sulla cultura celtica si protendono ancora molte ombre di carattere mistico ed esoterico, relative soprattutto al ruolo effettivo dei druidi e a quello della donna, la quale era considerata un “veicolo” spirituale e medianico importantissimo. Il principio femminile è stato in seguito interamente sostituito dal predominante maschile della cultura romana, e questo rende molto difficile il lavoro di chi tenta di riportare alla luce i segreti di un popolo che, attraverso i millenni, è capace ancora di suscitare fascino e mistero.