di Ciuenlai
Sistemate le questioni delle tessere, ridate alla parte (areadem) guidata dall’assessore comunale Luca Secondi, le 80 iscrizioni contestate, si può aprire la pratica “Congresso del Pd di Città di Castello”. Come accade in questi casi, siamo al raddoppio delle iscrizioni. E’ stato ampiamente superato il picco delle 700 tessere fattosi registrare al tempo della sfida Bersani – Franceschini. Adesso siamo oltre 900, in un comune che, in tempi normali, lontani da votazioni interne, supera, e non di molto, i 400 tesserati. Questo dato sta cambiando le carte in tavola. Non tanto per l’elezione del segretario che sarà il “bottiniano” Gionata Gatticchi, votato dai principali gruppi in lizza, ma quanto per gli equilibri interni che si potrebbero modificare e di brutto. Sulla base di una proiezione fatta da persone neutrali e verificata con personalità delle due principali correnti, dovrebbe essere questa, uno più uno meno, la divisione degli ottanta delegati che andranno a comporre l’assise comunale : una quarantina all’ex minoranza (area dem), una trentina all’ex maggioranza (i bersaniani), 5 o sei ai lettiani (Ciliberti), 5 o sei ai veltroniani (Verini). Se questi dati venissero confermati i bersaniani non avrebbero più la maggioranza nel partito. Per la regola deduttiva l’assessore regionale Fernanda Cecchini andrebbe in minoranza. Anzi dicono “in netta minoranza”. Gli osservatori gli accollano infatti una sconfitta più pesante dei numeri esposti. Perché diversi di quelli che si rifanno al segretario nazionale del Pd, marcherebbero una forte distanza dalla”donna che viene da Morra” (lo stesso Gatticchi, Anna Ascani, i giovani democratici ecc.). Ma allora perchè chi sta per conquistare il primato voterebbe uno della parte avversa come segretario? Perché la candidatura di Gatticchi è stata una proposta bipartisan, originariamente messa in pista da una coalizione di “anticecchiniani”. Il segretario dei Giovani Democratici, pur rivendicando la sua appartenenza all’area di Bottini, si presenta come una figura atipica, autonoma e non legata, in Umbria, ai rigidi schemi delle componenti. Insomma, dopo Cintioli e Mismetti, un altro caso di “camaleontismo” in casa D‘Alema and son. Per ora il possibile cambio di orizzonte non dovrebbe provocare scossoni. La Cecchini restèrà, senza problemi, sul suo scranno di Assessore, con molte incognite per il futuro. Perché, si sa, “domani è un altro giorno e si vedrà”, soprattutto se hai perso la maggioranza.