Posts Tagged ‘natura’

UmbriaEnsemble –Musica e Natura

10 Maggio 2017
natGiovedì 11 e Venerdì 12 Maggio, ore 9-13, Bosco Didattico di P.Felcino (PG)
“La Natura dell’Arte”- quinta edizione
Domenica 14 Maggio, ore 11, Bosco di Collestrada (PG) “Il Bosco risuona”

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PERUGIA ARTE: LA NATURA MORTA TRA LA COLLEZIONE MARABOTTINI E I TESORI DELLA FONDAZIONE

8 giugno 2016

info1VISITA GUIDATA GRATUITA A TEMA

 La natura morta intesa come genere di rappresentazione autonomo, oppure come particolare di un quadro d’insieme più articolato e profondo. Gli esempi sono numerosi e saranno illustrati in una selezione di opere della  Collezione Marabottini e de I Tesori della Fondazione, in occasione di un percorso guidato tra  Palazzo Baldeschi al Corso e Palazzo Lippi Alessandri di Perugia.

VISITE ALLE 11, 12, 17 E 18.

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA PALAZZO BALDESCHI AL CORSO, Corso Vannucci 66 di Perugia PALAZZO LIPPI ALESSANDRI, Corso Vannucci 39 di Perugia palazzobaldeschi@fondazionecariperugiaarte.it 0755734760 in orari di apertura museo

www.fondazionecariperugiaarte.it

 

ARTE: LA NATURA MORTA TRA LA COLLEZIONE MARABOTTINI E I TESORI DELLA FONDAZIONE

6 giugno 2016

la natura mortaLa natura morta intesa come genere di rappresentazione autonomo, oppure come particolare di un quadro d’insieme più articolato e profondo.

Gli esempi sono numerosi e saranno illustrati in una selezione di opere della Collezione Marabottini e de I Tesori della Fondazione, in occasione di un percorso guidato tra Perugia,  Palazzo Baldeschi al Corso e Palazzo Lippi Alessandri. (more…)

Colle della Trinità, pneumatici come frutti di bosco?

26 dicembre 2011

Colle della Trinità

Una volta i boschi ci davano frutti e prelibatezze come funghi, erbe aromatiche,  castagne e frutti. Oggi non sembra più cosi,  “crescono pneumatici”. Una volta si diceva che la natura si risvegliava per offrirci  il suo splendore, sarà ancora cosi? E se invece la natura  si ribellasse? Alzi la mano che potrebbe darle torto.

Il bosco che costeggia il Colle della Trinità, fotografato prima dell’incrocio della deviazione all’albergo del Colle e del parco.

Commento di Stelio Bonsegna: Ecco come gli Enti preposti, curano il più bel sito naturale perugino. a soli 3,5 Km da Perugia.
Veramente io questi giorni, ai bordi della stessa strada, ho notato un retrotreno di auto, con relativi mozzi ruote, abbandonato.
Senza contare le varie lattine in plastica, che fanno da contorno a questa natura, veramente selvaggia.
Se questo è il modo di governare il territorio, delle attuali fazioni politiche al potere, stiamo freschi. Altro che Napoli.

Monte Tezio: meraviglie di archeologia e natura.

3 dicembre 2010

Francesca Romana Plebani

di Francesca Romana Plebani

Abbracciato da sentieri che si snodano attraverso querceti naturali, boschi misti di roverella e leccio, pinete il cui profumo si stempera in quello di ginepri, biancospini e ginestre, il Monte Tezio (961m s.l.m.), preziosa oasi naturalistica del Comune di Perugia, conserva la testimonianza di un abitato protostorico. Il Tezio, infatti,  si inserisce in una catena di rilievi che taglia longitudinalmente la valle del Tevere da nord-ovest a sud-est, dal Monte Acuto (926m s.l.m.) al Monte Civitella (634m s.l.m.),  posizione geografica strategica di difesa e controllo, che ne ha favorito la sua occupazione già in tempi antichissimi geografica.

È la cima del monte, in apparenza simile ad una naturale distesa verdeggiante intercalata da qualche discontinuità, ad essere sede di antiche occupazioni antropiche, le cui tracce risultano in prevalenza evidenti  attraverso la documentazione fotografica dal cielo. Difatti, nel corso del tempo, l’abbandono del sito, la conseguente perdita di consistenza e di volume degli alzati e dei loro dislivelli, uniti all’inesorabile sgretolarsi sul terreno degli stessi hanno determinato una sorta di apparente recupero dell’originaria conformazione dell’ambiente naturale, che ne cela ad un occhio non esperto le tracce da terra[1].

Esattamente, l’artificiosa configurazione dell’area sommitale del Tezio ha fatto sì che si desse il via alle prime ricerche archeologiche. Le operazioni di scavo, attualmente in corso, sono, a partire dal Maggio 2007, sotto la direzione scientifica del Prof. Maurizio Matteini Chiari dell’ Università degli Studi di Perugia[2] (che ringrazio per le informazioni documentarie).

Già durante la prima campagna di scavo è stato riscontrato, l’ormai noto, recinto perimetrale[4] di delimitazione, delineato sul terreno da un doppio terrapieno concentrico con fossato intermedio in forma di ellisse[5]. Tale recinzione era posta a protezione dell’abitato, sorto non a caso proprio sulla cima di un monte che garantiva, grazie alla sua posizione strategica, il controllo di un’amplissima estensione territoriale, e principalmente dell’asse tiberino[6]. L’insediamento, ascrivibile ad un orizzonte cronologico che va dalla fase finale dell’Età del Bronzo alla  Prima Età del Ferro, occupa come già detto l’area sommitale del Tezio. I materiali rinvenuti, quasi esclusivamente ceramici e più raramente bronzei allo stato frammentario (con l’unica eccezione di uno spillone), hanno infatti permesso di fissarne estremi cronologici così determinati.

Le ultime campagne di scavo (2009-2010) hanno ribadito e confermato la fase di presenza e di occupazione prolungata della cima del monte, testimoniando una frequentazione estesa  nell’arco di più generazioni. Tale continuità di vita risulta  parimenti rimarcata dai materiali rinvenuti: notevole la quantità di frammenti ceramici d’impasto, spesso decorati e associati a congerie cospicue di reperti ossei animali – prevalentemente ossa di ovini – .

L’area del Tezio è inoltre oggetto di numerose e diversificate iniziative tese al recupero ed alla valorizzazione e salvaguardia dell’ambiente. Ne sono validi esempi l’organizzazione del parco naturale, di proprietà comunale e la realizzazione di una vasta area faunistica “polifunzionale”, prima in Italia nel suo genere. Inoltre, l’intera superficie del parco è attrezzata per ogni genere di escursioni: vasta la gamma di itinerari percorribili, dai più distensivi a quelli più adatti ad escursionisti esperti.
Le tabelle disposte lungo i punti di accesso distinguono infatti i sentieri in Turistici (contrassegnati da una T) ed Escursionistici (contrassegnati da una E), per i quali, diversamente dai primi, viene consigliato un abbigliamento adeguato (scarponcini ed equipaggiamento da trekking).

Il patrimonio archeologico e ambientale del Parco del Tezio lo rendono una tra più interessanti itinerari naturalistici e culturali – seppur ancora tra i meno noti –  da percorrere attraverso il territorio rurale  del Comune di Perugia.

 

Per ulteriori approfondimenti sul sito archeologico e sul parco del Monte Tezio:

http://www.fastionline.org/micro_view.php?fst_cd=AIAC_2390&curcol=main_column

http://turismo.comune.perugia.it/canale.asp?id=197

http://www.montideltezio.it/sentieri_nel_parco.htm

aC. (numerose le statuine in bronzo a figura umana o animale rinvenute) e posti più a valle, i quali oltre a fornire un’idea della continuità di vita di questa zona e della sua importanza – naturale linea di demarcazione tra regioni etrusche ed umbre –, restituisce uno spaccato della popolazione del tempo che viveva in questi territori: di non elevate condizioni economiche, dedita all’agricoltura ed alla pastorizia, orientata ad una forma di culto di tipo agro-pastorale legato alla fertilità della terra.

 


[1] Le foto da terra in condizioni ottimali (ad esempio in fase di disgelo con la neve che si accumula nelle superfici concave e protette del fossato perimetrale) restituiscono gli esatti contorni di strutture e sezioni.

[2] Lo scavo è in concessione alla Fondazione Ecomuseo dei Colli del Tezio, con la Direzione scientifica e operativa dell’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Scienze Storiche, Sezione di Scienze Storiche dell’Antichità, Cattedra di Urbanistica del Mondo Classico (http://dipartimenti.unipg.it/scienzestoriche/sezioni/85-monte-tezio-descrizione-dettagliata).

[4] La recinzione risultava nota da tempo e apprezzabile sia da terra quanto, e soprattutto, dal cielo.

[5] Durante la campagna di scavo 2009, che ha ancora interessato il settore occidentale della cima del  Monte Tezio, è tornato in luce un lungo tratto di una sorta di paramento in grandi lastre di calcare infisse a terra e disposte di taglio, destinate a fungere, con tutta probabilità, da contenimento alla muratura retrostante, edificata a secco.

[6] Situazione analoga a quella del prospiciente Monte Acuto. Si segnala, in proposito, come recenti indagini effettuate nell’area tra il Tezio e Monte Acuto abbiano rimesso in luce numerose tracce di insediamenti umani, databili al V sec. aC. (numerose le statuine in bronzo a figura umana o animale rinvenute) e posti più a valle, i quali oltre a fornire un’idea della continuità di vita di questa zona e della sua importanza – naturale linea di demarcazione tra regioni etrusche ed umbre –, restituisce uno spaccato della popolazione del tempo che viveva in questi territori: di non elevate condizioni economiche, dedita all’agricoltura ed alla pastorizia, orientata ad una forma di culto di tipo agro-pastorale legato alla fertilità della terra.

San Francesco e il miracolo di Gubbio

29 gennaio 2010

San Francesco e il lupo

di Emanuela Ruffinelli

Francesco, giunto un giorno nella città di Gubbio, apprese con dolore che la popolazione era spaventata, a causa di un grosso e feroce lupo che da molto tempo tormentava gli abitanti della zona, faceva strage di animali, ma assaliva anche uomini, donne e bambini e li uccideva.

Il Santo ebbe compassione di quella povera gente e, ispirato dal Signore, andò, solo ed inerme, ad affrontarlo: uscì dalle mura della città e andò incontro al lupo. Quando lo vide da lontano si fece il segno della Croce e si fermò ad aspettarlo in mezzo alla strada, con le braccia allargate. Il lupo si avvicinò a Francesco e stette ad ascoltarlo: “Caro lupo, non fare più male a nessuno e io ti prometto che gli abitanti di Gubbio si prenderanno cura di te”. Il lupo, come se comprendesse quelle parole, chinando il capo e agitando festosamente la coda, sollevò la zampa e la mise tra le mani di Francesco: era il suo modo di dirgli che sarebbe diventato mansueto  e non avrebbe più ucciso nessuno.

prof. Roberto Bellucci

Infatti il lupo divenne docile come un cagnolino, camminava per le strade del paese a testa bassa, giocava con i bambini, faceva la guardia alle case quando i proprietari uscivano. Gli abitanti di Gubbio, in cambio della sua bontà, gli davano ogni giorno tanto buon cibo. Quando il lupo, diventato vecchio, morì, tutti erano tristi e venne seppellito vicino al camposanto.

Il prodigioso incontro tra San Francesco e il lupo è stato narrato in molte lingue a bambini di tutto il mondo. E’ stato un incontro storico, carico di significati, tanto da essere sempre vivo nella memoria degli eugubini e dei cristiani di tutto il mondo. Chiunque sia venuto a conoscenza dell’episodio, anche in età giovanissima, non ne ha perso nel tempo, il ricordo, anzi ha mantenuto impresso nella mente l’ammansimento del feroce lupo che aveva tramutato la sua forte carica aggressiva in forza d’amore.

Gubbio

Nel centro storico della città di Gubbio, nei pressi della Chiesa di San Francesco, nel giardino che gli eugubini chiamano l’orto dei frati, si può ammirare la splendida scultura  che ne rappresenta il miracolo. Autore della scultura, il prof. Roberto Bellucci, nativo di Gubbio: “Ho sempre sentito il fascino del messaggio francescano, e questo mi ha aiutato molto nella lunga ricerca della definizione dell’opera. Quello che mi preoccupava di più era il timore di scivolare sul banale, sul lezioso come spesso succede nella rappresentazione di soggetti religiosi. Comunque ce l’ho messa tutta nella creazione di questa scultura tesa verso il cielo”.

Nel monumento è raffigurato San Francesco che, dopo aver ammansito il lupo lo tiene sulle ginocchia mentre con un braccio teso verso l’alto, indica che è Dio che ha operato il miracolo per mezzo di un umile fraticello ed è pertanto il Creatore che va ringraziato dal Santo, perché ha compiuto il miracolo per tramite suo. L’opera ha un’altezza di 3 metri ed un peso di 16 quintali ed è stata realizzata presso la fonderia Brustolin di Verona.

Lo scultore prof. Roberto Bellucci ha interpretato con vigore uno dei momenti più significativi del francescanesimo, soprattutto perché riepiloga quell’amore verso la natura e le sue creature esaltato dal patrono d’Italia, inoltre ha saputo dare il senso di religiosità all’opera con quello slancio di San Francesco verso l’alto: la mano e lo sguardo elevato in alto, la bestia accucciata in un patto di amore e di abbandono. Lo slancio è il frutto di una storia sempre attuale: riconciliazione con Dio e ringraziamento al Creatore, la pace infatti, passa attraverso la riconciliazione con Dio e tra gli uomini. Il significato del messaggio che giunge dall’opera è che occorre avere la pace nel cuore di ciascuno, perché è dal cuore che sorgono gli ideali di pace con l’uomo e con la natura.

UMBRIA MISTICA E SANTA

1 gennaio 2010

Santa Rita da Cascia

San Francescodi Emanuela Ruffinelli

L’Umbria evoca nella fantasia collettiva l’idea di pace e tranquillità. Una regione in cui la vita ha ancora una dimensione umana, lontana dai ritmi frenetici delle regioni fortemente industriali o altamente turistiche. La natura, la storia e l’arte la fanno da padrone e ne fanno un luogo dell’anima. In un periodo in cui accanto al benessere materiale si ritorna a cercare con forza il benessere spirituale, l’Umbria diventa polo d’attrazione per quanti intraprendono un cammino alla ricerca di sé attraverso la scoperta di luoghi d’arte e di cultura, luoghi mistici e spirituali e una natura austera e solenne. Le principali figure religiose che nel corso dei secoli hanno contribuito a creare e a diffondere in tutto il mondo l’immagine dell’Umbria come luogo mistico e meta del turismo religioso, sono state senza dubbio San Francesco, Santa Chiara, San Benedetto e Santa Rita dei quali si tramanda memoria anche attraverso i monumenti che sono stati eretti successivamente alla loro morte, a testimonianza della loro fede e della loro vita religiosa, diventando luoghi di culto altamente simbolici.

Tali luoghi richiamano ogni anno migliaia di pellegrini che da tutto il mondo raggiungono l’Umbria per respirare quell’atmosfera di serenità e pace che va ben oltre allo spirito, fino ad essere promessa per l’umanità. Assisi, la città di San Francesco è simbolo mondiale di pace, luogo di incontro non solo tra diverse razze e culture, ma anche fra le diverse religioni. D’altra parte non poteva essere diversamente; terra di quel Santo che si è spogliato di tutto per parlare con Dio e il suo creato, gli animali e la natura. Il Santo della povertà, dell’umiltà e della spiritualità. Il Santo povero che ha saputo parlare ai potenti della terra e rimanere umile, povero tra i poveri. Il Cantico delle Creature è il testo più antico della letteratura italiana, scritto in più fasi da San Francesco riassume la sua concezione positiva del mondo e della vita. La natura è immagine di Dio e l’uomo è parte della natura e per questo motivo frate Francesco si rivolge ai suoi elementi chiamandoli fratelli e sorelle. Assisi è anche la città di Santa Chiara che seguite le orme di San Francesco fu da lui vestita con il saio francescano e successivamente nominata badessa dell’ordine delle clarisse da lei costituito. Chi visita questi luoghi dimentica inevitabilmente la vita di tutti i giorni e percepisce e sente la visione religiosa di San Francesco. Seguendo le tracce del Santo si arriva al luogo in cui parlò al lupo, la città di Gubbio, stupendo borgo medioevale, che vale una visita e una sosta. Gubbio è forse l’unica comunità in Umbria in cui ancora la celebrazione del Santo Patrono si vive intensamente, con autentico trasporto e partecipazione e non come semplice evento folcloristico laico. Ogni anno si ripete la “ Corsa dei Ceri” in un bagno di folla che travolge ed emoziona anche chi non è del luogo in un’atmosfera impetuosa colma di euforia e di passione.
Forte nel mondo è anche la popolarità di Santa Rita da Cascia e San Benedetto da Norcia, ed ugualmente emozionante la visita dei luoghi in cui vissero la loro fede. Se San Francesco è simbolo di povertà e pace, Santa Rita è simbolo d’amore incondizionato, capace di darsi completamente alla sua famiglia, all’umanità e soprattutto a Dio. Un amore che sa andare ben oltre all’odio e al rancore fino al perdono totale. Santa Rita è conosciuta anche come la Santa degli Impossibili, poiché si dice che tuttora aiuti i più bisognosi, le persone senza speranza.  L’Umbria Mistica e Santa, va gustata lentamente, passo dopo passo, perché questa Regione (che vanta «cento e più» centri storici, ognuno dei quali ha qualcosa da mostrare, una leggenda o una storia da raccontare), è un autentico scrigno di ricchezze e di bellezze, alcune famose, conosciute, propagandate, altre – e sono numerosissime – nascoste, da scoprire, da ammirare, da gustare, appunto.

in collaborazione con http://www.elama.it