
orazio antinori 1811 - 1882
L’arabo perugino.
di Loris Accica
Il 23 ottobre 1811 nasce a Perugia Orazio Antinori, dal marchese Giacomo e dalla contessa Tommasa Bonaini Boldrini, di antica nobile famiglia.
Avviato agli studi nel collegio dei benedettini dell’Abbazia di San Pietro, ne esce diciassettenne senza alcun diploma, per la scarsa propensione agli studi.
La sua smodata passione è il disegno e la caccia. Un monaco gl’insegna i segreti e l’arte della tassidermia, un professore di scienze naturali lo indottrina sull’ornitologia e, in pochi anni Orazio Antinori diventa il più esperto conoscitore, disegnatore e imbalsamatore di uccelli della regione, mettendo insieme una ricchissima e corposa collezione, che in seguito dona all’Università degli Studi di Perugia.
Nel 1838 acquisita una notevole esperienza in queste discipline, si trasferisce prima a Roma, alla corte del principe Conti di Albano come preparatore naturalista e poi a Canino, nella bassa maremma, alla corte del principe Carlo Luciano Bonaparte col quale collabora alla stesura e all’edizione della “Fauna italica” e del “Conspectus generum avium”.
I capovolgimenti politici nazionali, culminati nella prima guerra d’indipendenza, coinvolgono a tal punto il sedentario marchesino, che improvvisamente sospinto da un’entusiasmo dirompente, lo trasformano in un fervente patriota ispirato dai principi liberali.
Torna a Perugia nei primi mesi del 1847, si immerge letteralmente nei circoli liberali repubblicani dove aleggia il pensiero mazziniano, entra in massoneria presumibilmente nel 1848 e siede sugli scranni tra le Colonne con i Fratelli Ariodante Fabretti, Giovanni Pennacchi, Reginaldo Ansidei, Pompeo e Nicola Danzetta, Carlo Bruschi ed altri, divenendo attivo protagonista della “Vendita” perugina e degli alti gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato.
L’anno successivo si arruola come ufficiale nell’esercito pontificio, agli ordini del comandante Giovanni Durando e partecipa alla sfortunata campagna del Veneto, dove il 9 maggio a Cornuta, è colpito da una pallottola austriaca al braccio destro. A giugno è ancora al fronte nei pressi di Vicenza e batte in ritirata col suo reggimento.
Tornato nella capitale dello Stato pontificio, partecipa intensamente ai moti democratici d’indipendenza per la costituzione della Repubblica Romana, battendosi con coraggio, da tiratore scelto qual’era, nell’assedio di Roma, che induce alla fuga papa Pio IX. e, con Giuseppe Mazzini ed altri, il 17 marzo 1848, è eletto deputato alla Costituente della Seconda Repubblica Romana.
La successiva caduta della Repubblica con conseguente restaurazione papalina, costringono l’Antinori al volontario esilio e lascia l’italia per un percorso itinerante in Grecia, Turchia, Egitto e Sudan. Un esilio che rappresenta anche la chiave di svolta della sua vita avventurosa.
In questo periodo la sua unica fonte di sostentamento è la caccia di animali, che imbalsama e vende a musei di Germania e Inghilterra, con il sostegno e la collaborazione del socio occasionale Guido Ganzenbach, console svizzero, col quale instaura una duratura amicizia.
Nel 1858, con la morte del padre eredita una discreta fortuna, pari a tredicimilalire, che gli consente un’ indipendenza economica e soprattutto la ripresa degli studi naturalistici con un ambizioso programma di esplorazione di quegl’immensi territori sconosciuti nel continente africano.
L’anno successivo infatti torna in Africa, fissa la sua base a Kartum e inizia a compiere una lunga serie di escursioni nel Sudan e in Egitto, e consacra definitivamente la sua vocazione all’esplorazione conseguendo tangibili risultati scientifici.
La spedizione incontra ostacoli di ogni tipo, sofferenze fisiche e malattie comprese, deve fare i conti con guide, portatori, tribù ostili, tanto che più volte rischia la vita, come quando davanti ad un leone, si accorge che ha il fucile caricato a pallini per piccoli uccelli. Ma la fortuna aiuta gli audaci e l’Antinori di coraggio ne ha in abbondanza, una dote innata che lo sostiene per tutta la vita.
Tornato a Kartum prende amara coscienza di trovarsi sul lastrico. I denari che aveva lasciato in deposito, a causa di un fallimento, sono perduti. Corre a Smirne dove aveva consegnato il resto del contante, ma non riesce a riscuotere una lira, perché il depositario nel frattempo era morto.
Con l’aiuto del fratello Raffaele riesce a rientrare in Italia nel 1861, è festosamente acclamato dagli amici e i Fratelli di Loggia lo eleggono Venerabile, ma trova a Perugia una situazione politica profondamente mutata.
L’Umbria insieme con altre regioni, fa parte del regno d’Italia e il re di Casa Savoia è Vittorio Emanuele II. Dopo due anni d’intensa attività massonica e politica, col mal d’Africa che si ritrova, torna al Cairo e presenta i risultati dell’ampia opera di esploratore, geografo, di osservatore della flora e della fauna, nonché degli usi e costumi indigeni.
Antesignano nel documentare scientificamente, le sue opere unanimemente considerate autorevoli, sono richieste ed accolte da tutte le riviste specializzate d’Europa.
Vendute le sue notevoli preziose collezioni ornitologiche al Governo per oltre ventimilalire, si trasferisce a Torino, dedicandosi alla stesura di altre documentazioni da pubblicare. E’ qui affiliato alla Loggia massonica Dante Alighieri, dove Ariodante Fabretti è il Venerabile e con lui, da Torino, si adopera per il rilancio della massoneria a Perugia e a Terni riuscendo infine a costituire una Gran Loggia dell’Umbria, che poi confluirà nel Grande Oriente d’Italia.
Nel 1866 parte alla volta della Tunisia per realizzare un accurato tracciamento della cartografia idrografica ed un eccellente repertamento di vari monumenti archeologici d’epoca romana.
L’anno successivo insieme con altri insigni geografi, fonda la Società Geografica Italiana, con sede prima a Firenze poi a Roma e né è direttore e segretario, impegnandosi non poco anche alla realizzazione del Notiziario Scientifico il cui primo numero è datato 1868.
La fama acquisita e l’autorevolezza riconosciutagli inducono il Governo italiano ad inviarlo, quale rappresentante dello Stato, alla cerimonia d’inaugurazione del Canale di Suez, che si tiene il 17 novembre 1869, alla presenza dell’imperatrice Eugenia, consorte di Napoleone III, di molti regnanti e centinaia di ministri provenienti da tutto il mondo. Con l’occasione qualche giorno dopo si dirige per un’ennesima esplorazione intorno al mar Rosso e nel paese dei Bogos.
Orazio Antinori è ancora ad Assab per la caccia a fini puramente scientifici, quando Sapeto al comando della compagnia Ribattino, prende possesso dell’intero territorio d’Etiopia.
Rientrato in Italia il Ministero della Pubblica Istruzione gli dà mandato di compiere la “Grande Spedizione” finalizzata all’esplorazione dei grandi laghi equatoriali e, alla partenza è solennemente salutato dal principe Umberto. Questa volta coinvolge anche l’amico fraterno Giuseppe Bellucci, noto docente e più volte rettore dell’Università degli Studi di Perugia. Gli esiti della spedizione tuttavia, risulteranno disastrosi per la diffidenza e l’ostilità del governatore egiziano ed un banale incidente di caccia lo priva della mano destra.
Malato e demoralizzato, decide di non rientrare in Italia e accetta l’ospitalità di Menelik, imperatore dello Scioa, autoproclamatosi re dei re, il quale gli concede un’ampio territorio dove l’Antinori edifica in breve una vera e propria stazione scientifica secondo gli standard internazionali più evoluti del tempo.
Quasi certamente Orazio Antinori rappresenta anche il punto di riferimento del Governo italiano per il compimento delle imprese coloniali d’Africa, poiché quella parte del Continente assurge a straordinaria importanza strategica militare e commerciale dopo l’apertura dell’istmo di Suez.
Certo è che la sua vita sembra un bellissimo e affascinante racconto. In Europa gli scienziati lo ritengono un talentuoso naturalista esploratore, a Perugia anche un patriota e pilastro fondamentale della massoneria umbra, ma le sue doti sono ancora più grandi, perché vive e si adopera costantemente nel percorso della conoscenza per il progresso dell’Italia e dell’intera umanità.
Sente dentro di sé questa missione e vi si dedica con coraggio, con generosità, con passione e perizia, trasmettendo al mondo intero tutto quello che in campo zoologico, naturalistico, geografico, cartografico e astronomico riesce a scoprire e descrivere con precisione nelle sue opere, pare trentasei pubblicate .
Anche nell’ultimo periodo della sua esistenza si affanna per realizzare una scuola tecnica agraria a beneficio degli indigeni e al tempo stesso promuovere l’espansione del commercio italiano con questa regione d’Africa.
Ed è qui a Let-Marefià che, gravemente malato da mesi, “l’arabo perugino” spira il 26 agosto 1882. Gli indigeni perdono un carismatico rispettato amico e l’imperatore fa erigere in suo onore una tomba a forma di capanna, secondo le tradizioni abissine. Il mondo intero perde una grande figura risorgimentale con l’irresistibile vocazione alla scienza, che spesso oggi come ieri, il grande pubblico non conosce.
Nel 1936, con l’occupazione coloniale italiana d’Etiopia, i primi soldati che arrivano, trovano la tomba di Orazio Antinori ancora intatta. Dopo cinquantaquattro anni.
“Io credo che poche ebrezze siano comparabili a quella di colui che si mette in cammino per inoltrarsi verso paesi ignoti…” così ben riassume anche le motivazioni che sono alla base del periodo “romantico” della scoperta del continente africano, il cui interno rimane praticamente sconosciuto agli europei fin quasi la fine del XVIII secolo.