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CICLAMINO, (ciclamen porpurescens o europaem)

6 febbraio 2010

di Loriana Mari

Caratteristiche: originario della Grecia, del Medio Oriente e dell’Africa, il ciclamino deve il suo nome dal greco kyklos, che significa cerchio, per il particolare movimento dello stelo.

Habitat: Cresce nei terreni ricchi di humus dei boschi, nei luoghi freschi, vicino ai torrenti e tra le rocce. Li puoi trovare nei boschi di lecci delle nostre regioni meridionali Il ciclamino è una pianta che cresce allo stato spontaneo in tutti i Paesi che si affacciano sul  bacino del Mediterraneo, ed anche in Paesi molto lontani come la Somalia e l’Iran.

Il tubero di questa pianta è tossico.

Fiorisce alla fine di gennaio e febbraio.

Storia, leggenda e magia: secondo un’antica leggenda (così narra Plinio il Vecchio), i luoghi in cui viene piantato il ciclamino sarebbero immuni da malefici e filtri nefasti. Così si attribuì a questo fiore la proprietà di guarire dal morso dei serpenti. Secondo alcuni era sacro ad Ecate, divinità dell’oltretomba, che presiedeva ad incantesimi e magie. Il ciclamino vivo influenza i centri di energia vitale; tenendo questa pianta  nella propria casa si avranno grandi benefici per l’ispirazione e la sicurezza di sé.

In epoca cristiana la pianta divenne attributo di Maria, dove le macchioline rosse che spesso sono all’interno del fiore simboleggiano il suo dolore per la morte del Figlio sulla croce.

ll profumatissimo ciclamino, analogamente alla Mandragora, è detta “Pianta di Ecate” o “Pianta del diavolo”, sottolineando come Ecate sia spesso vista, erroneamente, collegata ad un’entità negativa come Satana che è stata inventata dal cristianesimo e, quindi, molto successiva alla nascita di  Ecate.  E’ una pianta nota fin dall’antichità. La sua bellezza e le sue forme avevano già colpito la fantasia degli antichi, i quali elaborarono su di esso molte leggende, che si sono tramandate fino ai nostri giorni.

Gli antichi greci attribuivano al ciclamino una valenza magica per la forma tondeggiante del tubero e per la tendenza del gambo del fiore ad attorcigliarsi a spirale quando il fiore è fecondato. Gli antichi greci “leggevano” in queste forme “circolari” una affinità con il cerchio, inteso come figura magica perchè rappresenta l’universo, nel suo eterno ciclo di rinnovamento. Dunque, una pianta con quella forma diventava una pianta dalle virtù magiche. Il nome stesso del ciclamino si ispira a questo aspetto “magico”,  deriva dalla parola greca kyklos, cerchio.

La leggenda più famosa sul ciclamino ci è stata tramandata da alcuni scritti di un famoso naturalista greco, Teofrasto, vissuto nel III secolo a.C. Secondo Teofrasto, il ciclamino propiziava l’amore e la sensualità. Probabilmente Teofrasto aveva ricondotto la forma rotondeggiante e compressa ai poli del tubero all’utero femminile, associando così la pianta al concepimento. Questa credenza risultava inoltre rafforzata da una antica usanza, quella di adornare la camera dei giovani sposi con piccoli mazzi di questo fiore, in chiaro  augurio di fertilità.

Il ciclamino aveva colpito l’attenzione dei suoi antichi osservatori anche per un altro motivo: è una pianta velenosa. Nel tubero del ciclamino è presente un glicoside chiamato ciclamina, velenoso per l’uomo, ma non per alcuni animali. Anzi, il tubero di ciclamino è noto anche con il nome di pamporcino perchè è particolarmente appetito dai maiali. La presenza del veleno ha contribuito ad alimentare la leggenda del ciclamino come pianta dalle virtù magiche. Infatti, nell’antica Grecia il ciclamino era sacro ad Ecate, divinità lunare delle magie e degli incantesimi. Si era soliti piantare questi fiori intorno alle abitazioni  perchè si credeva che proteggessero dai malefici, e si usava l’estratto di ciclamino come rimedio contro il morso dei serpenti velenosi.

Questa doppia valenza del ciclamino, pianta di indiscutibile bellezza ma velenosa, pianta di vita e di morte, ha fatto sì che il ciclamino, nel linguaggio dei fiori, simboleggiasse la diffidenza.

Una volta i contadini mettevano a cuocere sulla brace   il tubero   del ciclamino   incavato    e riempito d’olio, che poi usavano per calmare il mal d’orecchie. Il tubero torrefatto   perde la sua tossicitá, fornisce  fecola usata come sostanza alimentare per animali. Questa un tempo era utilizzata perfino dall’uomo, per questo la pianta era  anche  detta  pan terreno.

CARDO BENEDETTO (Cnicus Benedictus) Fam. Compositee

23 gennaio 2010

cardo santo

di Loriana Mari

Caratteristiche: pianta dal fusto eretto, ramificato, ricoperta di peluria, ha foglie spinose, frastagliate o pennate terminanti con aculei. I fiori sono di coloregiallo protetti da un involucro spinoso. La fioritura avviene dalla primavera all’estate. La pianta può raggiungere i 40 centimetri d’altezza.

Plinio nella sua “Storia Naturale”, lo annovera fra gli ortaggi pregiati.
Fin dai tempi antichissimi, germogli e semi di cardo servivano per produrre il caglio dei formaggi, ma solo nel ‘500 si hanno le prime testimonianze della sua presenza in cucina, e delle sue tecniche d’imbiancamento.
Due medici della corte sabauda, alla fine del XVI sec. scrivevano:
“i cardi si mangiano ordinariamente nell’autunno e nell’inverno fatti teneri bianchi sottoterra.
Nel ‘700 il rinomato libro di cucina “Il Cuoco Piemontese” cita la ricetta più classica a base di cardi: la bagnacauda , piatto simbolo della gastronomia del Piemonte.

Insieme al tartan, il cardo è forse il simbolo che identifica maggiormente gli scozzesi, e oggi lo si vede usato per contraddistinguere come scozzesi una serie di prodotti, servizi e organizzazioni. Una leggenda racconta che un manipolo di guerrieri scozzesi stavano per essere sorpresi nel sonno da un gruppo di vichinghi invasori, e si salvarono solo perché uno degli attaccanti mise un piede nudo sopra un cardo selvatico. Le sue grida diedero l’allarme e gli scozzesi, risvegliati, sconfissero come di dovere i danesi. In segno di ringraziamento la pianta fu chiamata Guardian Thistle (cardo protettore) e venne adottata come simbolo della Scozia. Non esiste alcuna testimonianza storica che sostenga questa leggenda, ma qualunque siano le sue origini, il cardo è stato un simbolo scozzese importante per più di 500 anni. Appare in modo riconoscibile forse per la prima volta su delle monete d’argento emesse nel 1470 durante il regno di Giacomo III e, a partire dagli inizi del XVI secolo fu incorporato nello stemma reale della Scozia..

Habitat: originario delle regioni mediterranee il Cardo Santo è spontaneo nell’Italia Centro Meridionale, dalla pianura fino all’alta collina.

Proprietà: in erboristeria è rinomato per le sue proprietà aperitive,  diuretiche e toniche. il cardo santo, o cardo benedetto, era stimato nel Medioevo come pianta in grado di guarire molte malattie. La pianta contiene un principio amaro (la cninina), tannini, sali minerali e vitamina B1. Il principio amaro facilita la secrezione della bile e dei succhi gastrici, rendendosi utile per quanti soffrono di disturbi digestivi. Lo stesso principio amaro è un valido aiuto contro l’inappetenza.

Raccolta: si impiegano le sommità fiorite e le foglie colte all’inizio della fioritura e fatte debitamente essiccare all’ombra.

Precauzioni: rispettare scrupolosamente le dosi perchè la cninina, glucoside amaro contenuto nella pianta, se ingerita in forti dosi causa vomito e malesseri gastrici.

Uso: Informazioni extra: in cucina il cardo santo può essere utilizzato lesso o unito in piccole dosi alla frutta nelle marmellate. Ottimo anche per bagni tonificanti.

Storia, leggenda, mito e magia: questa varietà, spesso eclissata dalle altre più vigorose, è la più celebre dal punto di vista della tradizione. Dal Medio-Evo è il Cardo magico per eccellenza, questa pianta, in generale, dona forza e protezione. Bruciare del Cardo infatti produce l’effetto di allontanare le negatività. Il Cardo Santo rientra inoltre negli ingredienti di antichi rituali di guarigione ed esistono ancora delle regioni dove se ne fanno delle pozioni ed infusi da somministrare ai depressi ed ai malinconici. Il pianeta legato al Cardo è Marte e le divinità associate sono Minerva e Thor. Pianta celebrata da Dioscoride già duemila anni fa, era coltivata nel Medioevo da frati ed erboristi nei loro orti per le proprietà medicinali. Si riteneva che esso possedesse, tra le altre, la virtù di rinforzare la memoria e di migliorare l’udito. Probabilmente questo attributo gli venne per le supposte proprietà cardiocircolatorie che favorendo la circolazione sanguigna, avrebbe aiutato l’irrorazione del cervello. Le prime tracce del Cardo sono state rinvenute prima in Etiopia e successivamente in Egitto.

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Piccole perle: per un’azione antisettica e detergente e cicatrizzante, utilizzare il decotto che si prepara facendo bollire 250 gr di acqua, 15 gr di foglie, fiori e fusto tritati finemente e ben essiccati. Dopo 25 m di bollitura togliere dal fuoco, filtrare, addolcire con un po’ di miele e bere caldo, oppure mettere sulla parte interessata la pappetta.

ACHILLEA MILLEFOLIUM

31 ottobre 2009

achillea

di Loriana Mari

Caratteristiche: pianta: erbacea perenne, con fusto più o meno ramoso, alta 20-80 cm. Le foglie, un poco tomentose, hanno un bel verde gaio e sono talmente incise e seghettate che sembra portino tante minuscole foglioline disposte alternativamente lungo la nervatura della foglia stessa; se strofinate fra le dita emanano un fragrante aroma. Fiori: molto piccoli, riuniti in densi capolini che formano corimbi composti più o meno grandi; fiori ligulati esterni bianchi o rosso-rosa, fiori tubulosi interni giallo-bianchi: osservato singolarmente, ciascun fiore è simile ad una piccola margherita.

Fioritura: marzo-ottobre.

Habitat: fiorisce lungo le strade, le ferrovie, nei terreni incolti, nei coltivi, nelle boscaglie e nei campi lasciati a sodo.

Proprietà : Se le sue proprietà  vulnerarie sono oggi poste in dubbio, l’impiego interno della Millefoglie è stato oggetto di una grande quantità  di lavori, che hanno dimostrato la sua utilità  come amaro-tonico, emostatico, emmenagogo. Per uso esterno, il succo fresco contribuisce a risanare piaghe e ferite; in infuso 2 manciate in 200 cc d’acqua per gargarismi o lavature. Le foglie e gli apici freschi ridotti in pasta arrestano l’emorragia facilitando la cicatrizzazione e una foglia fresca masticata lenisce il mal di denti. Vengono impiegate le sommità  fiorite, la cui raccolta è possibile durante tutta l’estate.

E’ impiegata come uso esterno come topico contro le emorroidi, le ragadi astringente, tonico, anali e quelle delle mammelle, in quanto agisce come astringente, tonico, sedativo e stomachico. (l’infusione deve essere preparata in piccole quantità per il suo rapido annerimento che si accompagna allo svanimento dell’aroma). Due o tre tazze al giorno prima dei pasti evitare l’uso di pentole di ferro, come con tutte le piante ricche di tannino. All’infusione si può aggiungere l’Anice, il Basilico, il Trifoglio fibrino, nei casi di crisi acute. La macerazione delle sommità nel vino, si fa con le medesime proporzioni e viene usata come aperitivo. L’infusione e la macerazione hanno anche una buona influenza sulla circolazione sanguigna. E’ una buona pianta da prato, che si mescola vantaggiosamente con le graminacee, la sua presenza è desiderabile nei prati, in quanto li arricchisce apportando al foraggio benefici effetti sulla salute del bestiame. Un tempo si riteneva che fosse un ottimo rimedio contro la scabbia degli ovini.

Storia, leggenda, mito, magia: in Inghilterra viene chiamata “erba benedetta” per le sue proprietà  curative, in Irlanda era usata per scacciare il malocchio e gli antichi Celti celebravano un vero e proprio rito religioso in occasione della sua raccolta.

E’ considerata un’antenna capace di potenziare la telepatia dell’uomo. Infatti se tenuta tra le mani senza strapparla dal terreno aiuta a farsi ricordare da quelle persone che non si vedono da molto tempo e sono lontane geograficamente.

Il nome deriva dall’ eroe greco Achille che usò questa pianta per curare erimarginare le ferite di Telefo. L’uso della pianta era stato insegnato ad Achille dal medico ateniese Chirone. Dagli steli dell’Achillea si ricavano le 50 bacche vegetali utilizzate nel metodo divinatorio illustrato nel libro delle mutazioni Yi-King. Gli steli venivano lanciati in aria e la loro disposizione, una volta che ricadevano a terra, forniva il responso.