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Per favore, non chiamatemi scamorza con ironia, sono cosi buona!!!

26 novembre 2011

di Kinova

La scamorza è un formaggio a pasta semicruda e filata prodotto con latte intero vaccino, o latte misto di vacca e di pecora. È riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale delle regioni Campania, Abruzzo, Molise e Puglia., ma è consumato indifferentemente in tutta Italia.

Dopo la pastorizzazione del latte, si procede all’inoculo di fermenti e all’aggiunta del caglio. La coagulazione richiede un tempo di 20-40 minuti a una temperatura di 30°-35°C. La cagliata ottenuta viene rotta fino a ridurla in granuli della dimensione di una nocciola e viene lasciata depositare sul fondo della caldaia.

Dopo alcune ore di maturazione la pasta, tagliata in liste di circa un cm di spessore, viene immersa in acqua a 75°-85°C e filata. A filatura terminata si procede alla formatura, modellando la pasta in modo da conferirle una forma a sfera con collo e una testa. Dopo un raffreddamento in acqua corrente, le forme sono poste in salamoia per circa mezz’ora. Le forme asciugate vengono quindi legate a due a due con fibre vegetali e poste a stagionare.

Dopo una quindicina di giorni di maturazione la scamorza è pronta per il consumo. Può anche essere sottoposta ad affumicatura. Il prodotto finito ha una pasta più consistente della mozzarella, ma sempre morbida e burrosa. La crosta è liscia, sottile e di color bianco avorio, mentre quella affumicata è di color giallo tendente all’ocra.

Nonostante il modo di dire “sembri una scamorza” per riferirsi ad una persona con ironia neanche tanto sottile (le fette di scamorza infatti sono più gustose se tagliate dello spessore di almeno un centimetro e mezzo), questo è uno dei prodotti più versatili della cucina italiana, di cui vi regaliamo in calce una squisita proposta culinaria, la SCAMORZA IMPANATA

Ingredienti per 4 persone:, ° una scamorza di medie dimensioni, ° 4 uova, ° pan grattato, °sale e pepe, ° olio extravergine d’oliva

Procedimento: ° Tagliare la scamorza a fette non troppo sottili, ° Immergere le fette tagliate nelle uova precedentemente sbattute, ° Passare poi le fette nel pan grattato, ° Ripassare nuovamente le fette prima nell’uovo e poi nel pangrattato, ° Friggere le fette nell’olio ben caldo

buon appetito

Spezzatino in crema di cipolle e tartufo nero

11 Maggio 2011

di Elena Proietti

http://oracolodiapollo.blogspot.com/

Siamo malgrado gli sbalzi climatici in primavera e ieri passeggiando nel mio orticello ho notato le cipolline fresche. In terra umbra sarebbe un peccato aspettare che diventino un bel bulbo acre e pungente dalle mille proprietà. Quindi ho pensato bene di preparare per tutti noi una ricetta nata per caso. Un bello stracotto di vitello e maiale in crema di cipolle, con tartufo. Tutti prodotti della nostra terra e che raramente vengono accostati,provate questo strano abbinamento vi lascerà entusiasti. Innanzi tutto Fatevi preparare dal vostro macellaio un bello spezzatino metà di vitello e metà di maiale, non posso indicare le quantità precise ma all’incirca 100 gr a persona. Lavate lo spezzatino,e fatelo saltare in una padella con una noce di burro e un pizzico di pepe. Niente sale mi raccomando,aggiungete una carota e un po’ di sedano e fatelo andare fino a che avrà tirato fuori un po’ d’acqua. Mentre la carne è sul fuoco con un apposito attrezzo affettate sottilmente le cipolle, ne dovrebbero bastare circa mezzo chilo, devono essere tagliate a rondelle sottili,si devono completamente disfare nella cottura. Ora togliete la carne dal fuoco,eliminate l’acqua della carne e sedano e carota, aggiungete ancora un po’ di burro nella pentola e buttate le cipolle,non devono soffriggere,ma solo appassire,appena avranno ceduto parte dei propri liquidi salate carne e salsa,ma non troppo. Attenzione al sale mi raccomando deve essere dosato in maniera equilibrata altrimenti il piatto risulterà o dolciastro o troppo saporito e quindi comunque immangiabile. Fate andare a fiamma bassissima per circa dieci minuti e poi aggiungete un bicchiere di latte o comunque quel che serve a coprire la carne. Fate bollire a lungo e lentamente come se fosse uno stracotto aggiungendo eventualmente altro latte. Fate ritirare la salsa, togliete la carne e frullate accuratamente la crema di cipolle, aggiungete un micron di noce moscata e abbondante tartufo nero grattugiato,portate per un attimo ad ebollizione,solo ed esclusivamente per sprigionare l’’aroma del tartufo e servite sulla carne…. Divino…. Bonne appetit con i prodotti della nostra terra una ricetta che sa di internazionalità…

CUCINA, LE RICETTE DI MARINELLA

5 Maggio 2011

Marinella Ragni

ROLLE’ DI SFOGLIA CON ROMBO E SALMONE

Ingredienti per 4 persone

500 gr di farina, 6 uova, 1 rombo da 500 gr, 1 trancio di salmone da 300 gr, 600 gr di pomodori maturi, aglio, 8 foglie di basilico, olio d’oliva, sale e pepe q.b.

Preparare la pasta nel modo tradizionale. Ricavare una sfoglia rettangolare molto grande, lasciare riposare. Pulire bene il rombo e ricavarne dei filetti che lascerete sgocciolare, pulire bene il trancio di salmone, tamponare delicatamente con un canovaccio da cucina.

Tagliare il salmone e il rombo a fettine sottili da sistemare in 2 strati sulla sfoglia già spennellata con il tuorlo d’uovo.

Condire il tutto con sale e pepe, arrotolare la sfoglia formando un cilindro.

Portare a bollore in una casseruola con acqua salata, immergere il rotolo e lasciare cuocere per circa 20 minuti.

Pulire i pomodori e condirli in una terrina con olio, aglio,basilico, sale e pepe.

Scolare il rotolo,tagliare il rollè a fette, disporre su un piatto di portata e condire con i pomodori e il trito preparato in precedenza.

E dopo? Un sorbetto al limome.

FRITTATA CON ASPARAGI, ANTICIPO D’ESTATE…O PRIMAVERA?

12 aprile 2011

di Elena Proietti

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In questo insolito anticipo di estate il sole ci ha regalato un’effimera abbondanza di saporiti asparagi e di conseguenti raccoglitori. L’umbro, quello vero, appena vede una “ sperella de sole”  come dicono i nostri vecchi, si arma di coltello ed esce per la prima raccolta della stagione. Intanto va detto che l’asparagina o sparago selvatico è una pianta della famiglia delle liliacee, di cui generalmente si mangiano solo i turrioni,ovvero la parte terminale dei germogli,che vanno comunque raccolti molto presto, prima che diventino legnosi e che diano origine a un intricato e pungente cespuglio. L’asparago ha una spiccata attività diuretica e ha una azione remissiva della candida,viene usato nella cura della gotta e dei reumatismi.

Ma noi poveri e comuni mortali lo conosciamo soprattutto per l’uso che se ne fa in cucina,dai risotti alle tagliatelle, buonissimi anche solo scottati e conditi in pinzimonio, vale davvero la pena di rovinarsi un po’ le manine per andare a raccoglierli. Camminando sulle pendici delle nostre terre non è insolito in questo periodo infatti vedere vere e proprie orde di raccoglitori della domenica, facilmente distinguibili da quelli seri per il contenitore che usano.

Volete sapere come si fa a distinguere un vero conoscitore da chi esce occasionalmente a fare una passeggiata con l’idea di farsi una frittata?

Controllate il contenitore in cui mette gli asparagi… uno a dieci l’inesperto si riconoscerà dalla busta di plastica che gli pende dalle mani, mentre chi frequenta abitualmente le campagne avrà un bel tascapane capiente in cui gli asparagi saranno perfettamente adagiati non prima di essere stati legati con un rametto di ginestra in piccoli fasci o in alternativa con una manciata di gramigna attorcigliata . Altra differenza ? A parità di tempo trascorso nella ricerca il secondo avrà raccolto minimo il doppio di saporiti asparagi rispetto all’ignaro cittadino. Malgrado questo per entrambi il fine rimane lo stesso, ovvero farsi una sana mangiata di questa saporita verdura. Come? Bhè che dire ci sono infiniti modi per cuocere gli asparagi, in primis lessati al dente, altrimenti perdono sapore e diventano di consistenza acquosa, e poi conditi in pinzimonio o ripassati in burro e parmigiano, o ancora stesi su un letto di besciamella ricoperti di formaggio e poi fatti dorare in forno.

Oppure, ed è il modo che noi umbri sicuramente preferiamo, si spezzano con le dita in pezzetti lunghi come la falange di un dito,e poi si stufano in olio caldo portandoli lentamente a cottura, si può aggiungere aglio e un pizzico di peperoncino, ma chiaramente queste sono solo varianti sul tema, a questo punto potete scegliere di usare gli asparagi così stufati per preparare dei magnifici primi piatti o in alternativa aggiungere direttamente nella stessa padella delle uova sbattute e salate, per preparare una  profumatissima frittata… la mia preferita….

Buona passeggiata e buon appetito.

OSSO DEL PROSCIUTTO CON FAGIOLI E PATATE

4 febbraio 2011

di Elena Proietti

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Visto che ho appena iniziato ad andare in palestra, per ovvi motivi… Ovvero evitare di rotolare se mai dovessi inciampare, qui a casa si sta mangiando sano. Per esempio stasera quiche al brie, fontina, taleggio con pezzettini di salciccia, giusto per darvi un’idea ! In realtà non sono davvero così grassa come dico, e non si mangia sempre così a casa mia… Però a casa mia si cucina, si mette attenzione e tempo nella preparazione di ogni pasto. Domani ad

Cantina Cutini

esempio mangeremo qualcosa per cui ci vogliono almeno dieci ore di preparazione. Ormai avrete ben capito che mi piace mangiare solo cose di cui conosco la provenienza, anche perché vivendo in campagna me lo posso anche permettere. In questi giorni abbiamo finito un prosciutto, uno dei nostri, fatto in casa e fatto alla maniera umbra ovvero salato da mangiare col pane sciocco. Ovviamente saprete bene che quando si arriva all’osso diventa difficile tagliare anche quello, per cui il prosciutto si gira e si comincia a tagliare dall’altra parte, tra l’altro una delle migliori occasioni per fare la torta al testo. Ma quando ormai il siamo alla fine di questa delizia, sapete cosa fanno le famiglie contadine? Ebbene signori mangiano il prosciutto rimanente stufato con patate o fagioli…

Ecco domani mangerò l’osso del prosciutto con le patate.

Si mette a bagno l’osso e lo si lascia in ammollo per un paio di giorni. A questo punto si pulisce da eventuali irrancidimenti e si mette a bollire in una pentola capiente schiumando man mano per almeno un paio di ore. Passate due ore si scola e si lava sotto l’acqua corrente. Si rimette di nuovo a bollire con acqua fredda fino a quando la cotenna e la carne rimasta non si bucano facilmente. Si passa ancora sotto l’acqua corrente e si pulisce e si taglia a dadini. Non so se lo

olio San Potente

avete mai assaggiato, ma il prosciutto così è veramente  buono anche se molto filaccioso,  e passatemi il termine, lo so che si dovrebbe scrivere tenace, ma non rende affatto l’idea. Ora vanno capate e tagliate a pezzi anche le patate, in pezzi non troppo piccoli, si prepara un fondo con sedano carota e cipolla e olio. Soffritto il fondo di cottura si aggiungono le patate e si fanno insaporire, si butta il prosciutto tagliato a dadini, si  fa andare per qualche minuto e infine si unisce la passata di pomodoro. Si fa andare allungando con acqua bollente salata fino a cottura delle patate, il sugo va assaggiato e aggiustato di sale e pepe solo alla fine pepe e sale perché altrimenti potrebbe risultare toppo salato. Un piatto decisamente contadino,  con un sapore caratteristico e da accostare a un buon bicchiere di vino.

 

 

 

La smollicata, un piatto povero da leccarsi i baffi

28 gennaio 2011

di Elena Proietti

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Cavolo verza

Per questa settimana ho deciso di presentare un contorno tipico del perugino: la smollicata. E’ un altro dei piatti poveri con cui si accompagna in genera la carne di maiale arrosto. Nei campi in questo periodo pur attanagliati dal gelo resistono le verze col loro bel color verde che spicca fra la terra pazientemente e sapientemente lavorata. Per le loro proprietà i cavoli e le altre piante appartenenti al genere come le verze appunto, sono state considerate veri e propri medicinali. Catone attribuiva all’uso di queste verdure la proverbiale salute del popolo romano, inoltre con il loro contenuto di vitamine : A, B1, B2, B6, C, D, E, K, PP e altri elementi come il bromo, rame e potassio e non solo sono veramente utili al nostro organismo, specialmente qualora vengano consumate crude. Per la ricetta di oggi occorre solamente un cavolo verza, pulitelo e sbollentatelo in acqua salata, a cottura ultimata

Vini Sportoletti

passatelo sotto l’acqua fredda per mantenere inalterato il colore che altrimenti virerebbe al giallognolo. A parte procuratevi delle fette di pane raffermo di almeno un paio di giorni, tagliatelo a dadini e fatelo scaldare fino a prendere un bel color oro in una padella. A questo punto prendete la stessa padella dove avete fatto imbiondire il pane e versateci dell’olio che farete scaldare. Appena l’olio è caldo buttate nella padella la verza lessata e portatela ad ebollizione, poi aggiungete i dadini di pane raffermo. Fate andare fino a che la verza abbia ceduto l’acqua rimasta e questa sia ben evaporata dal pane, che non deve mai risultare molliccio,ma croccante. La smollicata in genere viene usata per accompagnare le costine di maiale arrosto o le fette di pancetta fatte alla brace. E se devo essere onesta vi dico che è uno dei miei contorni preferiti e poi con le foglie che scarto ci posso sempre fare delle maschere di bellezza no?

Le ricette della tradizione umbra: Tagliatelle al sugo d’oca.

5 gennaio 2011

di Elena Proietti

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Pur essendo in pieno inverno, ho scelto di presentare un piatto tradizionalmente legato al periodo della trebbiatura, forse perché lo trovo più consono ai nuovi stili di vita.
Nel periodo estivo le famiglie si ritrovavano per mietere e trebbiare il grano, piatto forte dei pranzi era chiaramente il pollame, per essere precisi l’arrosto d’oca, anche perché il maiale protagonista della cucina umbra non era macellato per l’impossibilità della conservazione.
Le massaie preparavano nei forni di casa il nostro meraviglioso pane sciocco e una volta che si abbassava la temperatura, infornavano gli arrosti.
Nel frattempo nelle cucine dove non si buttava assolutamente nulla le donne di casa e le vicine impastavano le tagliatelle e preparavano il sugo.
Un sugo ricco e denso, ma soprattutto profumato, con un gusto notevolmente diverso da quelli cui siamo abituati noi oggi.
Cotto il sugo e cotta la pasta portavano a tavola all’aperto nelle aie e riunivano tutti i mietitori,nei racconti delle mie nonne era una festa, una delle poche a cui partecipavano nel corso dell’anno.
Detto questo, vi do la ricetta sperando che sia di vostro gradimento e che soprattutto una volta o l’altra troviate il modo di metterla in tavola.
Va chiarito che la ricetta non è standard e che variava da famiglia a famiglia.

  1. 400 gr di rigagli d’oca
  2. 100 gr di pasta per salciccia
  3. 1/2 bicchiere di vino bianco
  4. passata di pomodoro
  5. olio extra vergine d’oliva rigorosamente umbro
  6. cipolla
  7. carota
  8. sedano
  9. sale e pepe

Tagliare finemente la cipolla e pulire bene sedano e carota.
Lavare bene i rigagli e tagliarli a dadini.
Fate imbiondire in un tegame la cipolla con l’olio, quando sarà color oro
gettate nel tegame i dadini,e fateli andare sul fuoco per circa una decina di minuti,aggiungere la pasta di salciccia fresca sbriciolata e fate rosolare il tutto.
Quando la carne comincerà a sfrigolare alzate il fuoco e sfumate col vino bianco. Non mescolate e fate evaporare perfettamente il vino altrimenti nel sugo se ne sentirà il sapore asprigno.
A questo punto aggiungete il pomodoro e fate andare lentamente fin quando il sugo non sarà perfettamente cotto. Aggiustate di sale e pepe.
Potete scegliere se preparare in casa le tagliatelle, oppure comperarle,l’importante è che le cuociate al dente.
Condite la pasta col sugo e spolveratela di pecorino, sapete bene che il parmigiano in Umbria non era proprio di casa!
Buon appetito!!!