Nei fondali di San Vito Lo Capo, nel Trapanese, la Soprintendenza del Mare, in collaborazione con la Guardia di Finanza e l’Associazione BCsicilia, ha effettuato un operazione di recupero di un’ancora di epoca ellenistico-romana che ha la particolarità di presentare una decorazione a rilievo di delfino su uno dei due bracci. L’animale è considerato tra i simboli marini legati ad Afrodite Euploia, uno dei più benauguranti per la navigazione (more…)
Posts Tagged ‘romana’
Successo per “Assisi, in Famiglia alle Domus”
18 ottobre 2016
Due “Cafè Letterari” concludono “Isola del libro 2016”
29 giugno 2016La prima parte del nutrito programma del festival “Isola del Libro 2016”, giunto alla quarta edizione, si è chiusa nei giorni scorsi con due “Café Letterari” di eccellente fattura e alta qualità culturale. Dapprima la presentazione, condotta da Guido Barlozzetti, del gran romanzo di Romana Petri “Le serenate del Ciclone” (Neri Pozza), dedicato a vita morte e miracoli del padre, il celebre basso-baritono perugino Mario Petri (1922-1985) che cantò con Herbert von Karajan e con Maria Callas. Quindi l’incontro-dibattito (condotto da Gianluca Prosperi) fra due fra i maggiori filosofi italiani d’oggi: l’umbro Dario Antiseri e il milanese Giulio Giorello, sul tema “La società aperta e i suoi nemici”, a partire
dall’omonimo capolavoro di Sir Karl R. Popper, ebreo esule in Nuova Zelanda, che il filosofo scrisse nel 1945, attaccando come progenitori delle dittature che distrussero l’Europa Platone totalitario, e Hegel e Marx falsi profeti. La società aperta è quella che accoglie dialogo e tolleranza, i suo nemici sono tutti i fanatici intolleranti, che perfino uccidono in nome di Dio. Pubblico numeroso e attento in entrambi i momenti.
TURISMO: Firenze Romana Prima che Palazzo Vecchio ingoiasse tutto
23 ottobre 2015Visita guidata a cura di Nicoletta Bernardini
“E guardate la città turrita, con le sue mura e il fiume: è l’unico testimone superstite di una Firenze che fu cuore della civiltà occidentale”
L’ASSOCIAZIONE MATAVITATAU invita a scoprire la Firenze romana meno conosciuta emersa nei sotterranei di Palazzo Vecchio, direttamente sotto al cubo del palazzo del potere di Arnolfo di Cambio, dove lo scavo archeologico concluso nel 2010 ha riportato alla luce i resti di alcune parti del teatro romano di Florentia.
L’itinerario romano di Firenze permette di scoprire le tracce della città romana attraverso quelli che furono i luoghi simbolici della città Medievale e Rinascimentale: l’anfiteatro che ha lasciato memoria di se nel perimetro e nel nome di via Tòrta e del Parlascio, il Palazzo dell’Arte dei Giudici e Notai che offre ai visitatori affreschi e resti archeologici in uno straordinario insieme di arte e storia di Firenze dall’età romana al Rinascimento. (more…)
PIZZA ROMANA Non ci sono dadi e bulloni ma PIZZE VERE
16 luglio 2015SPELLO: Villa Romana Sant’Anna – Il ministro Dario Franceschini in visita ai mosaici
9 marzo 2015Mercoledì 11 marzo alle ore 15.00
Il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini in visita al sito archeologico della Villa Romana di Sant’Anna: è in programma per mercoledì 11 marzo 2015 alle ore 15.00 il sopralluogo ai mosaici della Domus risalente al II-III sec. d.C. Il ministro ha accolto l’invito dell’onorevole umbra Marina Sereni che nei mesi scorsi aveva apprezzato questa prestigiosa e importante scoperta monumentale; sarà accompagnato dal sindaco di Spello Moreno Landrini, dai rappresentati della Regione Umbria e delle Soprintendenze dell’Umbria. La visita sarà l’occasione per informare l’onorevole Franceschini sullo stato dell’intervento di recupero della Domus romana, scoperta nel 2005, che ha consentito di restituire fino a oggi un assetto edilizio unico nel suo genere con 14 ambienti di cui 8 presentano una pavimentazione musiva con splendide decorazioni policrome di tipo geometrico, antropomorfo e zoomorfo dalla superficie di circa 700 metri quadrati.
EUROPA DA INCUBO. ITALIA INAFFIDABILE, PRODROMI DI SEPARATISMO?
24 settembre 2014L’Europa così come si è configurata da quindici anni a questa parte non è all’evidenza soddisfacente per i suoi cittadini.
Ne sono oggettiva spia, o piuttosto grida urlate, le pressanti spinte separatiste.
La maggior parte dei cittadini europei è esclusa dalle politiche nazionali e si sente ancora più alienata rispetto a questa Europa.
Più la disoccupazione cresce, più le tensioni divisorie e separatiste crescono.
Più la crisi aumenta, più il progetto iniziale europeo si frantuma, come inconsistente. (more…)
SANGEMINI: LA NUOVA VITA DELL’ANTICA CARSULAE
5 giugno 2014di Benedetta Tintillini
Un vasto pianoro lungo l’antica Flaminia, un parco archeologico, un luogo dove ritrovare il contatto con la natura, ed essere liberi di rilassarsi, giocare, imparare.
E’ questa la seconda vita della città di Carsulae. Centro sorto lungo il tracciato della Flaminia come stazione di posta, diventato in un secondo tempo economicamente importante data la sua strategica posizione. Il Municipio romano è arrivato fino a noi senza sovrastrutture di epoche successive, essendo stato abbandonato, l’unica costruzione più tarda è la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, dell’XI secolo, costruita con i materiali recuperati in loco. (more…)
M5S Perugia – C’è una responsabilità politica del delitto di via Romana
5 marzo 2014Il centro di accoglienza dove è avvenuto l’omicidio del 43enne tunisino pochi giorni fa, è una struttura che offre agli ospiti 15 posti letto ed un pasto caldo. Non è un semplice ostello che dà asilo ai senza tetto, ma nasce per dare ospitalità ad uomini e donne che, come lo stesso assessore Cernicchi afferma, hanno “problemi di marginalità e povertà estrema conseguenti a patologie psico-sociali e sanitarie”. Un servizio organizzato dal Comune di Perugia rivolto ai portatori di un disagio sociale al limite della compatibilità con la vita stessa.
Dagli atti che abbiamo ritrovato sul sito del Comune risulta che il 78% degli ospiti della struttura sono (more…)
Varasano e Valentino (Forza Italia): “L’omicidio di via Romana conferma il clima di insicurezza. Si faccia luce sulla gestione del Servizio di accoglienza notturna”
27 febbraio 2014“Perugia non è Gotham City, ma neppure, purtroppo, una città dove regnano ordine e sicurezza. L’efferato omicidio avvenuto nella zona di via Romana conferma la percezione, terribilmente concreta, di tanti perugini: spaccio, risse, accoltellamenti e morte, alimentano la paura e il clima d’insicurezza. Certe zone della città, dispiace dirlo, non sono ormai più percorribili in tranquillità e non sarà certo un mercatino dell’usato, o iniziative simili, a (more…)
Spello: Intervista a Sandro Vitali, è stato davvero il sindaco di tutti?
9 dicembre 2013
Benedetta Tintillini – www.umbriaecultura.it
di Benedetta Tintillini
L’anno volge al termine, incontriamo Sandro Vitali, sindaco di Spello, per il quale è tempo di bilanci anche in vista del prossimo termine della sua esperienza alla seconda sindacatura come Primo Cittadino.
Sindaco Vitali, innanzitutto cerchiamo di tracciare, in sintesi, il percorso di questi 10 anni alla guida di Spello.
Sono stati dieci anni di estremo impegno ma anche di enormi soddisfazioni. La Spello che trovai al mio primo insediamento era una Spello ad un basso livello, era la Spello del post-terremoto, dove molto c’era da fare per farriacquistare a questo borgo il posto di rilievo che merita in ambito regionale. La prima esigenza che ho sentito da sindaco è stata di (more…)
MATAVITATAU: UN VIAGGIO REALE E VIRTUALE TRA LE MERAVIGLIE ARCHEOLOGICHE DI ROMA ANTICA
11 settembre 2013di Benedetta Tintillini
Il prossimo appuntamento con il nostro passato avrà luogo il prossimo 29 Settembre a Roma. L’Associazione Culturale Matavitatau ha in programma l’attività dal titolo: ABITARE A ROMA: DOMUS DI PALAZZO VALENTINI, COLONNA TRAIANA E DOMUS ROMANE DEL CELIO. (more…)
Mostra/itinerario alla scoperta di Assisi umbro-romana e medievale
22 marzo 2013La Confcommercio di Assisi promuove congiuntamente a BAC Assisi winebar e art gallery la manifestazione ACROPOLI/1, una mostra/itinerario alla scoperta dell’Assisi umbro-romana di Properzio e dell’Assisi medievale ed in particolare dell’area tra le attuali via Porta Perlici, via Comune Vecchio, vicolo Bovi e piazza S.Rufino.
ACROPOLI/1 è la prima iniziativa del laboratorio di divulgazione confronto e idee PASSATOchiamaFUTURO promosso da BAC Assisi e Confcommercio di Assisi al fine di valorizzare il patrimonio archeologico, artistico ed antropologico del territorio assisano. Il laboratorio in (more…)
HISPELLUM E “AUREA UMBRIA. Una regione dell’Impero nell’era di Costantino”
3 ottobre 2012DOMENICA 21 OTTOBRE: Visita guidata alla città romana e alla mostra curata da Valerio Massimo Manfredi
Trekking urbano e visita guidata a cura di Michela Franchi
Programma : partenza da Todi con mezzi autonomi alle ore 9,00 (incontro davanti alla Scuola Cocchi Aosta- Bar Mokambo fuori Porta Fratta) – arrivo a Spello alle ore 10 circa e visita guidata con biglietto unico, suddivisa in
MATTINO: I mosaici della domus romana in località S. Anna – mostra “Aurea Umbria” collocata nel Palazzo Comunale – Pinacoteca civica – pranzo libero (more…)
L’arte della sonata nella Roma del ‘600 al “Cucinelli” di Solomeo
20 giugno 2012Giovedi 21 giugno, alle ore 18,30
Corelli & friends illustra l’arte della sonata a tre nella Roma della seconda metà del seicento, con musiche di Carlo Mannelli, Alessandro Stradella e naturalmente di Arcangelo Corelli, di cui – dopo le fortunate integrali delle opere III e V – l’ensemble Aurora registrerà l’integrale delle sonate (more…)
A Bastia si premia la Cultura che è segno di speranza
12 dicembre 2011a cura di Emanuela Marotta – servizio fotografico di Michela Vaccai
La Cultura è come un pietra rara e preziosa di un luogo molto lontano, siamo in un mondo che corre freneticamente e in una società che non si ferma ad ascoltare e ad assaporare i piaceri dello scrivere, del leggere e dello studiare. Ma c’è sempre un’ eccezione e si verifica ormai da 34 edizioni a Bastia Umbra con il Premio “Insula Romana”. La macchina organizzativa del premio programmato dalla Pro Loco ha iniziato sulle note di Mozart, tema ispiratore della sezione Poesia e una spumeggiante Roberta Calce ha presentato l’evento che aveva un numeroso pubblico appassionato di arte e di poesia. La prima sezione del premio, arte e pittura è stata dedicata a Roberto Quacquarini, un grande pittore, musicista e amante del bello, con una sua grande creatività e particolarità espressa nelle molteplici opere pittoriche. La seconda sezione del premio è stata quella di Narrativa Edita che ha coinvolto la Scuola Media Colomba Antonietti di Bastia Umbra nella scelta di un libro. La terza sezione invece è stata dedicata alla Poesia Inedita Nazionale, un momento di vera lirica poetica con i lettori e con i poeti presenti sia in sala che sul palco, ma un momento di grande intensità è stato l’intervento musicale a cura del coro gospel Cantori Umbri di Assisi, diretto da Rita Gasparrini. Le voci hanno coinvolto anche l’anima dello spettatore, la solista del gruppo Luisa Bombardoni insieme ai bravissimi coristi, ci ha emozionato con la sua favolosa interpretazione. Successivamente si è passato al premio Giuseppe Pascucci, il merito scolastico dedicato al prof. Pascucci, figura significativa e importante nell’ambito scolastico. In conclusiaone della serata si è passati alla sezione del Premio Cultura, premio riservato a personalità che operano nel territorio umbro che si sono distinti nel campo della divulgazione e della promozione della cultura, una cultura ampia che spazia su vari settori professionali, e quest’anno il premio cultura 2011 è andato al Prof. Giovanni Zavarella che ci ha regalato un momento memorabile e passionale con il suo discorso pieno di speranza per i giovani e per il futuro. L’evento ha voluto mettere in evidenza l’importanza di fare arte e ha voluto dare una grande rilevanza alla cultura.
I primi tre calssificati sono: Premio Roberto Quacquarini di arte e pittura: 1° classificata la pittrice Angeli Valentina di Terni premia Luisa Bartolini. 2° classificato Lello Negozio di Fratta Todina premia Paolo Plini Pro loco Cannara. 3° classificato Giuliano Belloni di Bastia Umbra, realizzatore anche del Palio de S. Michele.
Premio Narrativa Edita per giovani adulti: ha subito una variante quest’anno, è stato scelto il libro scelto e votato dagli studenti della Scuola Media Colomba Antonietti di Bastia U.
Premio poesia inedita nazionale: 1° premio – assegno come da bando di concorso e libro 50° Pro Loco al 1° classificato Ivano Mugnaini con la lirica “Il dono” proveniente da Massarosa in provincia di Lucca. 2° classificato Mauro Barbetti di Osimo Ancona con la lirica “Lettera mai scritta al padre”, riceve una ceramica umbra di Deruta e libro 50° Pro Loco. 3° classificato Deanna Mannaioli di Marsciano – Perugia con la lirica “Linfa nuova pulsa”, riceve una pregevole ceramica umbra e il libro del 50° pro Loco Bastia.
Premio Giuseppe Pascucci al merito scolastico: Liceo scientifico annesso al convitto nazionale Principe di Napoli Assisi: studente Capodaglio Filippo, Istituto Tecnico statale commerciale e per geometri Ruggero Bonghi Assisi: studente Affricani Martina diploma di ragioniere e perito commerciale Igea
Liceo classico Properzio Assisi : studente Santucci Chiara liceo pedagogico sociale
Liceo Classico Properzio Assisi: studente Degli Esposti Alunni Lara Liceo linguistico
Liceo classico Properzio Assisi : studente Di Lorenzo Letizia liceo linguistico
Premio alla cultura: al Professore Giovanni Zavarella, residente a S. Maria degli Angeli, cavaliere della Repubblica.
Cascia, Villa S. Silvestro, enciclopedia storica di stratificazioni culturali.
7 settembre 2011di Francesca Romana Plebani
“Noi non siamo prodotti della natura, siamo prodotti della cultura”. 31 agosto 2011, presentazione dei risultati della sesta campagna di scavo di Villa S. Silvestro. Tali le parole del Prof. Filippo Coarelli che risuonano nella sala S. Pancrazio del Comune di Cascia, atte a suffragare l’importanza della memoria storica nel vivere presente. Sì, perché così si presenta il sito di Villa S. Silvestro, tanto agli occhi del ricercatore quanto a quelli di un qualsiasi visitatore: una fotografia storica del proprio passato.
Dopo due mesi di ricerche sul campo, sabato 3 settembre si sono ufficialmente concluse le operazioni di scavo svoltesi presso l’area archeologica della piccola frazione casciana, centro d’interesse scientifico dall’agosto 2006. Ogni anno, a partire, infatti, da quella data, quando fu scoperto l’immenso patrimonio archeologico, durante i mesi estivi riprendono le indagini delle antiche strutture, che si estendono per più di sei ettari a partire dal limite nord-occidentale della Piana di Chiavano.
Già dal quadro che emergeva dalle foto aeree del 2006 – articolate planimetrie frutto del susseguirsi nel tempo di fasi insediative risalenti a differenti momenti cronologici – era apparso chiaro che il sito di Villa San Silvestro si sarebbe rivelato un vero e proprio “campione di dna” del mondo passato. Templi, aree pubbliche, necropoli, domus e altre strutture insediative costituiscono la testimonianza, attraverso i secoli, dell’importanza di questo centro nevralgico di scambi e comunicazioni tra vari territori e differenti popolazioni. Dall’età protostorica fino a giungere al Medioevo, il sito archeologico di Villa S. Silvestro ha restituito prova sicura del suo protrarsi di vita attraverso le varie epoche: si attestano reperti di età preistorica, testimonianze dell’abitato propriamente sabino, strutture di piena età romana e tardo-antiche, fino a giungere, non ultimo per ordine d’importanza, ad un insediamento di età longobarda. Non mancano inoltre materiali di XII-XIII sec. che comprovano ancora per quest’epoca tracce di frequentazione.
Fondamentali i ritrovamenti di epoca romana, la cui prima fase risalente ai primi anni III sec a.C., si colloca esattamente in corrispondenza degli anni cruciali della conquista della Sabina – quindi in piena epoca repubblicana -, congerie storica attorno alla si hanno poche testimonianze. Contermini al già noto e monumentale tempio italico – su cui sorse in seguito una chiesa -, risalente proprio a quest’epoca, si articolano una serie di strutture pubbliche e private, decisamente rilevanti dal punto di vista commerciale e amministrativo: sono stati ritrovati infatti dei resti di tre portici, una strada, probabile un nodo centrale della viabilità della zona, abitazioni e almeno un altro tempio di epoca forse più recente. A seguito della conquista, infatti, Roma dovette decretare una presenza più capillare nel territorio e così venne creata struttura amministrativa intermedia tra la città ed il villaggio, polo amministrativo e politico che faceva da punto di riferimento per aree agricole e non urbanizzate: il Forum di Villa San Silvestro.
Sotto la direzione scientifica del prof. Filippo Coarelli e del prof. Paolo Braconi del Dipartimento perugino Uomo e Territorio, e coordinati sul campo dalla dott.ssa Francesca Diosono (che personalmente ringrazio), le indagini archeologiche sono state possibili grazie alla preziosa collaborazione di studenti, specializzandi, ed ex allievi della scuola perugina, impegnati sul campo insieme con studenti dell’Università L’Orientale di Napoli, della Complutense di Madrid e dell’Università di Strasburgo. Il sito di Villa San Silvestro è stato già oggetto di diversi convegni internazionali e protagonista di alcune mostre – la permanente delle quali è nel Museo Comunale di Palazzo Santi a Cascia. Lo studio è finanziato dalla Cassa di Risparmio di Perugia e dal Comune di Cascia, che nello specifico si è occupato della logistica e dell’ospitalità degli studenti e degli studiosi. Volte alla divulgazione scientifica ed effettuate gratuitamente per tutta la durata della campagna di scavo, si sono susseguite, due volte a settimana, visite guidate dell’area archeologica. L’associazione culturale “Tellus”, preziosa collaboratrice nel progetto, si è fatta come di consueto promotrice della raccolta fondi finalizzata al finanziamento delle ricerche, organizzando l’ormai familiare “Cena Romana”, tenutasi presso i giardini M. Magrelli di Cascia. Ulteriori obiettivi, che richiederanno studi più approfonditi e ulteriori campagne di ricerca, sono volti alla puntuale comprensione della destinazione d’uso e datazione degli edifici – oltreché alle diverse fasi costruttive degli stessi -, e delle forme di sfruttamento del territorio.
Jamaica Happy Pub…il tuo sogno jamaicano!
8 febbraio 2011di Francesca Romana Plebani
“Ci piace la gente con il sorriso”. Il Jamaica Happy Pub di Perugia vi accoglie così, come
recitano le parole dipinte al suo ingresso. Il sorriso, infatti, e l’atmosfera caraibica sono l’ispirazione del nuovo Jamaica Happy Pub, alternativa originale delle notti perugine e primo locale del brand Jamica del centro Italia, presente proprio su territorio umbro. Jamaica è una catena di locali serali in franchising – ben 20 nel nord Italia – la cui innovazione consiste, oltreché nell’allestimento del locale, soprattutto nell’aver creato un nuovo spazio dedicato all’intrattenimento e alla musica. Arredi in legno grezzo, colori accesi e giochi d’acqua costituiscono la cornice del divertimento targato Jamaica. Il Jamaica Happy Pub di Perugia, infatti, aperto dal martedì alla domenica, propone un programma variegato di serate dedicate alla musica reggae, hip hop e alla dance hall, a cui si alternano dj set, contests e concorsi canori. Il mercoledì e la domenica protagoniste assolute sono invece le migliori scuole umbre di danza latino-americana, che in una calda atmosfera di colori, ritmi passionali e tanta simpatia trasformano la serata in un vero show. Immersi in un’atmosfera tropicale, caratterizzata da palme, cascate d’acqua, spiagge di sabbia dorata sarà possibile consumare cocktails di frutta fresca, fiore all’occhiello del locale. Infatti prerogativa assoluta del Jamaica Happy Pub è la realizzazione esclusiva di cocktails a base di frutta fresca esotica e rum serviti in padelle in terracotta di varie dimensioni, che invitano alla convivialità e al divertimento. Prossimi eventi che avranno come scenario l’eccentrica cornice del Jamaica di Perugia sono il DJ Zone di martedì 8, evento aperto a tutti i coloro che pensano di avere qualcosa da dire con la musica e la vogliono condividere con tutti gli ospiti del locale, e le selezioni di JamaiCANTO Vocal Contest 2011. Le selezioni del concorso canoro JamaiCANTO si svolgeranno venerdì 11 febbraio 2011 alle ore 21:00. Per partecipare al concorso è necessario aver compiuto 14 anni e comunicare l’iscrizione entro il 9 Febbraio 2011, inviando l’apposito modulo(http://www.facebook.com/event.php?eid=188390231185593) tramite mail all’indirizzo di posta elettronica captainmarleypub@libero.it, o consegnandolo al locale personalmente entro la data stabilita. Il concorso si svilupperà in 3 fasi: selezione, semifinale e finale.
Durante le selezioni, i partecipanti dovranno esibirsi in un brano edito di loro scelta, della durata non superiore ai 5 minuti. La giuria sarà composta da esperti competenti in campo musicale.
La semifinale si terrà il giorno venerdì 25 Febbraio 2011, mentre la finale avrà luogo il giorno venerdì 4 marzo 2011, sempre presso il Jamaica Happy Pub.
Per info: Jamaica Happy Pub Via Benucci 151, Zona Industriale Ponte San Giovanni PG
L’Abbazia di San Pietro in Valle, imponente complesso fra la Cascata delle Marmore e Spoleto
3 febbraio 2011di Francesca Romana Plebani
Esattamente come l’Abbazia di Sant’Eutizio di Preci, le origini dell’Abbazia di San Pietro in Valle affondano le proprie radici nel fenomeno del monachesimo di IV sec. d.C. Attualmente situato nel Parco naturale del fiume Nera, a metà strada tra la Cascata delle Marmore e Spoleto, e immerso in un rigoglioso bosco, il complesso abbaziale deve la sua fondazione ai due eremiti siriaci, Giovanni e Lazzaro, che negli anni centrali del IV sec. d.C. peregrinavano in cerca di un luogo recondito dove dedicarsi alle loro attività di preghiera. Varcato il Monte Solenne e da lì ridiscesi nella valle Suppenga, avrebbero fondato, su un preesistente insediamento pagano, l’eremo che sarebbe poi divenuto l’Abbazia di San Pietro in Valle. Nell’VIII sec. d.C. Faroaldo II, duca di Spoleto, infatti, proprio sui luoghi dove avrebbero vissuto Giovanni e Lazzaro, diede il via ai lavori di edificazione dell’intero complesso monastico. Secondo una leggenda, fu lo stesso San Pietro ad ispirare in sogno il duca di Spoleto, il quale esortato dal santo, fece edificare nel luogo dell’attuale abbazia un monastero benedettino. Pochi anni seguenti, Faroaldo rinunciò al privilegio del titolo e, presi i voti, divenne monaco di San Pietro in Valle. Da allora il cenobio fu strettamente legato alla città di Spoleto, divenendo luogo deputato ad accogliere le spoglie di molti dei duchi della città.
Nell’881 il monastero subì, affrontando la medesima sorte dell’Abbazia di Farfa, il saccheggio dei Saraceni. Fu per volere di Ottone III che risorse solo nel 996. Nel 1234 Gregorio IX assegnò la gerenza del complesso monastico ai Cistercensi, esattamente in linea con quanto stava avvenendo nel Lazio sotto Innocenzo III.
Nel 1484 Papa Innocenzo VIII donò il feudo dell’Abbazia ai Cybo[1].
Dal 1917[2], l’intero complesso risulta proprietà di privati, ed attualmente, ristrutturato, è stato tradotto in struttura ricettiva alberghiera.
La proprietà è comunque un monumento nazionale, meta di molte visite per le sue opere d’arte: la chiesa conserva, ad esempio, il ciclo degli affreschi di scuola romana (1150) antecedenti il Cavallini, e gli affreschi nell’abside del maestro di Eggi del 1445. [1]
La chiesa, corpo separato a se stante rispetto all’abbazia, è ad una sola navata e risale al VII secolo; mentre l’abside venne aggiunta solo del XII secolo. L’intera struttura conserva pregevoli affreschi medievali e rinascimentali[3] di scuola umbra, raffiguranti scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, che si svolgono sulle pareti della stessa, simulando una finta galleria. Di particolare rilievo, sono invece due lastre di epoca longobarda, scolpite a bassorilievo e impiegate come sostegni per l’altare. Quella che costituisce la fronte della sacra mensa reca un’iscrizione in lingua latina, con una curiosa commistione di caratteri maiuscoli e minuscoli: “Ilderico Dagileopa, in onore a san Pietro e per amore di san Leone e san Gregorio, per la salvezza dell’anima (pro remedio animae)”. Ilderico fu duca di Spoleto tra il 739 e il 742. La lastra presenta due bizzarre figure a petto nudo, con braccia piegate a 90° e levate verso l’alto, e corto gonnellino che scopre metà delle cosce. Entrambe sono intercalate da fusti vegetali stilizzati, che le circondano, e i quali culminano con dischi con delle croci inscritte. Una delle due figure brandisce uno sorta di stiletto, interpretato da alcuni come uno scalpello. Ciò avrebbe fatto supporre che la figura in questione fosse la rappresentazione stilizzata di Orso, lo scultore indicato come autore della lastra, la quale, non a caso, reca l’epigrafe Ursus magester fecit (“Il maestro Orso l’ha fatto”).
Più difficile comprendere chi sia l’altra figura: il gonnellino, indumento forse adatto all’attività di scultore, mal si addice alla dignità del duca. Le braccia levate sono state interpretate come atteggiamento rituale. La posa si riscontra anche per la figura del vescovo Liudger di Werden (frazione di Essen), effigiata sul coevo altare in osso, o per quella del vescovo Agilberto, raffigurata sul suo stesso sarcofago (leggermente più antico ai casi precedenti), conservato nella cripta di Jouarre (Francia). Congiunto alla navata della chiesa, il lato settentrionale del chiostro è scandito da tre alti e grandi archi sorretti da pilastri quadrangolari. I rimanenti lati presentano una diversa
situazione: l’ordine inferiore è costituito da portici con poderose volte a crociera sostenute da robuste e basse colonne di pietra locale. Il Campanile è di pianta quadrata leggermente asimmetrica e presenta un parato murario costituito da blocchi irregolari di pietra locale. Le sue pareti permettono di osservare il classico fenomeno del rimpiego di materiali antichi: ad altezze differenti si notano, tra l’altro con intento decorativo, suggestivi frammenti di epoca romana e longobarda.
Bibliografia:
C. Favetti, Ferentillo Segreta: L’Abbazia di San Pietro in Valle Suppegna.
Francesco Dell’Acqua, Ursus «magester»: uno scultore di età longobarda, in Enrico Castelnuovo, Artifex bonus – Il mondo dell’artista medievale, ed. Laterza, Roma-Bari, 2004.
[1] Il papa Innocenzo VIII (Giovan Battista Cybo – ossia Giobatta, ricordato come il pontefice romano che iniziò la caccia spietata alle streghe), come detto, costituì per suo figlio Franceschetto Cybo un principato, nominandolo oltre che duca di Spoleto, anche conte di Ferentillo, e quindi governatore dell’Abbazia. A Franceschetto, che sposò Maddalena de’ Medici, successe il figlio Lorenzo Cybo, il quale sposò Ricciarda Malaspina marchesa di Massa e Carrara. Dal matrimonio nacque Alberico I Cybo, il quale, dopo la morte della madre Ricciarda, assunse anche (sempre per volere della madre) il cognome di Malaspina. Alberico I Cybo Malaspina divenne cosi Marchese di Massa, Signore di Carrara, Conte di Ferentillo governatore di Monteleone di Spoleto, e dunque signore anche della Abbazia di San Pietro in Valle. Il feudo di dominio dei Cybo Malaspina durò fino al 1730 con Alderano Cybo.
[2] L’abbazia comunque ebbe sempre la commenda degli Ancaiani, nobili spoletini, fino alla sua vendita definitiva avvenuta nel 1907.
[3] L’intero ciclo pittorico è stato da pochi anni restaurato.
Mostra: L’Aquila e il Dragone: due Imperi a confronto.
22 gennaio 2011di Francesca Romana Plebani
Ultime due settimane per ammirare la prestigiosa mostra “I due imperi. L’Aquila e il Dragone”, che si concluderà il prossimo 6 Febbraio. La seconda tappa italiana dell’esposizione è ospitata presso Palazzo Venezia, sede della Soprintendenza per il patrimonio Storico-Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma.
La mostra, inaugurata il 18 Novembre 2010, da più di un anno e mezzo sta toccando i maggiori poli culturali di Cina e Italia, conta più di 400 pezzi, autentici capolavori della cultura cinese e romana. Due infatti le sezioni, romana e cinese, unite da un unico percorso che si snoda tra immagini, statue, emozioni e conoscenza. Testimonianze di vita quotidiana, religione, società ed economia costituiscono la cifra di questa mostra che si propone di ripercorrere sinotticamente le tappe salienti dei due Imperi, nel periodo che va dal II sec. a. C. al IV sec. d.C.
Il padiglione romano pone l’accento, mediante opere di statuaria, monete, iscrizioni, oggetti – quali manifestazione dell’ambito sia pubblico che privato -, su alcuni elementi costitutivi e strutturali dell’impero: ideologia e politica (particolarmente ricca la sezione degli affreschi, tra cui quelli di Atena, Pegaso e Bellorofonte da Pompei, e le pitture parietali provenienti da Boscoreale); quello delle opere cinesi presenta al pubblico una selezione dei tesori più preziosi – alcuni dei quali esposti per la prima volta in Occidente – della millenaria storia delle dinastie cinesi Qin e Han. Accanto a manufatti della cultura materiale i tesori cinesi constano di splendide giade, lacche, sete, ori,
bronzi, terrecotte. Eccezionali per la qualità e il colore della giada[1] impiegata sono l’imponente sarcofago di legno, lacca e giada (280x110x108 cm) appartenuto a un sovrano dell’antico regno di Chu, rinvenuto a Shizishan nella provincia del Jiangsu (II-I sec. a.C.), e la veste funeraria del re Jian di Zhongshan, rinvenuta a Beizhang nella provincia dello Hebei (I sec. d.C.), costituita da migliaia di piastre di varie dimensioni e diversi spessori cucite insieme con filo d’oroDi grande interesse sono anche alcuni drappi funerari di seta, uno dei quali di inestimabile valore (ne esiste solo un altro simile e nessuno dei due era mai uscito, fino ad ora, dalla Cina). Posto sul sarcofago del figlio del marchese di Dai (II sec. a.C.), il drappo descrive il viaggio dell’anima del defunto verso il Cielo. Colpiscono le dimensioni di queste delicato manufatto a forma di “T” (235 cm circa per 141), la bellezza delle immagini, la straordinaria ricchezza e complessità dei motivi iconografici. Di eccezionale valore è anche il cosiddetto albero delle monete, in terracotta e bronzo: una sorta di altare al quale venivano recate offerte in denaro per invocare la benevolenza delle divinità. Tra le ceramiche, si segnalano alcune riproduzioni di edifici a più piani, tra i quali spicca il modello invetriato di una torre riccamente ornata (h 216 cm). Dall’8 ottobre, intanto, continua alla Curia Iulia, sede
dell’antico senato nel Foro romano, il settore della mostra che illustra la grandezza politico-militare dei due Imperi. Di notevole importanza ed inestimabile valore, dieci statue dell’esercito di terracotta del Primo Imperatore – rinvenuto alla fine degli anni Settanta del secolo scorso a Xi’an (Shaanxi) -, e due imponenti animali fantastici di pietra che, posti all’ingresso del sepolcro dello stesso, avevano il compito di tutelare le sue esequie dall’influsso degli spiriti maligni. Questo progetto, oltre al suo indiscutibile rilievo culturale, costituisce un tassello importante all’insegna della positiva integrazione tra Occidente e Oriente, e rende merito alla positiva collaborazione tra l’Amministrazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana e lo State Administration for Cultural Heritage della Repubblica Popolare Cinese. Infatti, l’accordo stipulato tra i due paesi prevede l’istituzione di un partenariato pluriennale attraverso un rapporto strutturato, che lancerà un forte impulso allo scambio di mostre e collezioni museali, all’organizzazione e coproduzione di progetti espositivi. Il MiBAC, inoltre, parteciperà al progetto di musealizzazione del nuovo Museo Nazionale della Cina di Piazza Tien nan men (192.000 mq espositivi – uno dei più grandi musei al mondo), che dopo un lungo ed importante intervento di restauro riaprirà i battenti la prossima primavera.
[1] Si riteneva che la giada preservasse la salma dalla decomposizione, consentendo di raggiungere l’immortalità.
“La Pompei del centro-Italia”: Carsulae
17 gennaio 2011di Francesca Romana Plebani
Le rovine dell’antica Carsulae romana (Comune di Terni e Sangemini[1]) sono ubicate lungo l’originario ramo occidentale della Via Flaminia, asse viario di fondamentale importanza che permetteva la comunicazione tra Roma e le zone alto-adriatiche.
Va premesso che il territorio del ternano entrò nell’orbita d’interesse di Roma quando questa, nella seconda metà del IV sec a.C., pianificò la conquista dell’Italia centro – orientale. A seguito della battaglia di Sentino (295 a.C.) e grazie all’azione militare di M. Curio Dentato, avvenne la definitiva occupazione della zona, la quale fu rafforzata dalla fondazione di alcune colonie e dall’apertura della Via Flaminia. La romanizzazione di queste aree comportò, dunque, una più razionale organizzazione del territorio attraverso pianificati ed intensi interventi di urbanizzazione: Carsulae, colonia romana fondata successivamente al 220 a.C. (apertura della via Flaminia), ne costituisce uno tra i più tangibili segni.
Le rovine di questa città antica furono descritte e identificate fin dal XVII secolo. Tuttavia, soltanto le campagne di scavo svoltesi tra il 1951 e il 1972 hanno permesso di riportare alla luce buona parte del foro, il teatro e l’anfiteatro, un lungo tratto della Via Flaminia[2] e alcune tombe monumentali.
La città occupa un’area di oltre 20 ettari, di cui con immediata evidenza salta agli occhi la favorevole e strategica posizione geografica: protetta ad est dalle pendici del poggio Chicchirichi, propaggine meridionale dei vicini e visibili Monti Martani, si estende su un pianoro appena ondulato, con direzioni aperte ad ovest, a nord e a sud, dominando la vallata del torrente Naia, immissario del Tevere. Rispetto all’originario nucleo insediativo di fine III sec. a.C., s’ingrandì successivamente non solo per la sua posizione privilegiata lungo la via Flaminia, ma anche per la bellezza del luogo, di cui ne rimane memoria nelle parole di Tacito[3] e di Plinio il Giovane[4].
La via Flaminia, attraversando la città in senso nord-sud, coincide con il cardo maximus della città. Il tratto urbano della strada è pavimentato con basoli e, all’altezza dell’ingresso al foro, incrocia il decumanus maximus, altro fondamentale asse viario, che, con orientamento est-ovest, conduce agli edifici di spettacolo.
Divenuta municipium e iscritta alla tribù Clustumina, Carsulae viene menzionata da Strabone (Geogr. V, 2, 10) tra i centri più importanti lungo la strada consolare. Tacito (Hist. III, 60), rivela che il sito venne scelto da Vespasiano per accamparvi, durante l’inverno dell’anno 69 d. C., le sue truppe in marcia verso Roma alla conquista del soglio imperiale, in considerazione sia alla possibilità di recuperare rifornimenti dai fiorenti municipi vicini, e in virtù della sua posizione strategica, posta di fronte alle truppe fedeli a Vitellio, acquartierate a Narni. Si devono a Plinio il Vecchio (Nat. Hist. XVII, 213) le notizie circa il terreno locale, particolarmente adatto alla coltivazione della vite, mentre è Plinio il Giovane (Ep. I, 4) a testimoniare la presenza nel territorio carsulano di parte della proprietà della sua ricca suocera, Pompea Celerina.
La città conobbe il momento di massimo splendore tra il I ed il II sec. d.C., periodo a cui è riferibile la maggior parte degli edifici pubblici finora rinvenuti. Nulla resta del nucleo insediativo originario, formatosi probabilmente già nel corso del III sec. a.C., poco dopo la costruzione della strada.
Carsulae fu abbandonata in seguito ad un grave evento tellurico, collocabile ragionevolmente intorno al IV sec. d.C., evento che si rivelò catastrofico poiché, oltre ad abbattere numerosi edifici, comportò il collasso di alcune delle doline carsiche sopra le quali erano stati costruiti i principali edifici pubblici. Il cataclisma fu con tutta probabilità il colpo di grazia per la città, che già impoverita dallo spostamento ad est della Via Flaminia e dalla sua posizione che la rese successivamente esposta alle invasioni barbariche, finì per ridursi l’ombra delle sue antiche vestigia.
Nel medioevo, fu abitata soltanto da una comunità benedettina, raccoltasi intorno alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano[5], che non a caso, fu edificata con materiali di rimpiego, su di un edificio romano nei pressi del foro.
Nel corso del 1500 iniziarono i primi scavi ad opera dei Conti Cesi, fra cui Federico, fondatore nel 1602 della prestigiosa Accademia dei Lincei.
Complice la luce di queste assolate giornate di metà gennaio, lo splendido panorama, incorniciato da un terso cielo azzurro, il Parco archeologico di Carsulae, oltre al suo inestimabile valore culturale, assume i contorni di una preziosa oasi di bellezza nel territorio dell’Umbria meridionale.
Approfondimenti: Il Centro Visita e Documentazione “Umberto Ciotti”, realizzato grazie alla collaborazione tra il Comune di Terni e la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, sorge a sud dell’area archeologica, in posizione rialzata rispetto agli scavi, e funge da porta d’ingresso alla città romana e da punto di accoglienza, informazione ed orientamento per i visitatori. Al suo interno ci sono la biglietteria, un bookshop, un angolo giochi per bambini, la sala di studio “Cinzia Perissinotto” sul territorio della bassa Umbria ed un’aula didattica. Nelle due sale superiori e nella galleria centrale è allestita un’esposizione permanente di reperti, rinvenuti durante gli scavi condotti fra il 1951 e il 1972, che si riappropriano del loro contesto originario dopo esserne stati allontanati per motivi logistici e di sicurezza.
http://carsulae.it/home.php?lang=ita
http://www.fastionline.org/micro_view.php?fst_cd=AIAC_1027&curcol=sea_cd-AIAC_3104
[1] Carsulae si raggiunge facilmente dalla Villa di Monte Solare percorrendo la E45 in direzione Terni e, superata Acquasparta, uscendo a Sangemini.
[2] Partendo da sud e seguendo quest’antica via consolare si intravedono le terme, attualmente ancora interrate, ma di cui si conoscono la struttura e l’esistenza di pavimenti a mosaico.
[3]Tacito, Hist., III, 60. “I capi del partito, giunti a Carsulae, si prendono pochi giorni di riposo […] . La località stessa del campo era assai piacevole: la vista era molto ampia, assicurati i rifornimenti per le truppe, avevano alle spalle municipi estremamente fiorenti […].
[4] Ep. I, 4.
[5] La venerazione di questi due santi sarebbe da porsi in relazione con il culto dei Dioscuri, largamente diffusosi in Umbria in età medio-repubblicana, e che a Carsuale sembrerebbe trovare la sua sede presso i templi gemelli – di età augustea – siti nei pressi del foro, e a breve distanza dalla chiesa stessa. Il culto dei gemelli divini, infatti, potrebbe essersi tradotto nella devozione, a partire dal VI sec. d.C., dei santi Cosma e Damiano, gemelli medici martirizzati tramite decapitazione nel 300 d.C.
TERNI: RESTI DI UNA BASILICA ROMANA SOTTO LA PIAZZA DI S. GIOVANNI DECOLLATO MAI STATI ACCESSIBILI AL PUBBLICO
3 gennaio 2011di Marina Antinori
È comune opinione ritenere che Terni non abbia antichità da offrire all’occasionale visitatore, poiché la città ha subìto troppi danni a causa dei bombardamenti, o per via delle modifiche alle infrastrutture e agli edifici dovute ad una modernizzazione necessaria. Tuttavia è evidente all’attento osservatore l’esistenza di tracce sparse appartenenti all’epoca protostorica ( basti ricordare gli importanti ritrovamenti presso le necropoli delle Acciaierie e di quella dell’ex-Alterocca conservati al recente Museo Archeologico cittadino ) e a quella romana.
Desta meraviglia il fatto che molti siti non siano né conosciuti dalla popolazione locale, né adeguatamente segnalati. In particolar modo dà seguito a grosse perplessità lo scoprire che al di sotto della piazza san Giovanni Decollato, dietro all’ex Palazzo delle Poste ( in pieno centro cittadino ), c’è quel che rimane dell’abside di una basilica di epoca romana appartenente al Foro. Infatti, i resti presenti non sono in nessuno modo visitabili, né accessibili. Si trovano al secondo piano interrato del parcheggio sotterraneo, che all’epoca della scoperta nel 2000 il Ministero acquistò ( in vista di futuri progetti di valorizzazione e organizzazione di visite guidate? ). Non solo il ritrovamento non è reso palese in nessuna maniera, nemmeno da una indicazione mediante un cartello, ma scendere la rampa di scale che conduce al sotto è addirittura sconsigliabile poiché l’ambiente è privo di illuminazione, sporco, maleodorante a causa di escrementi e rifugio notturno di senzatetto. Le porte che darebbero sui resti dell’edificio antico sono fortunatamente chiuse a chiave, tuttavia l’ascensore presente non è mai stato funzionante ( di fronte sono stati depositati dei cassonetti dell’immondizia ).
Facciamo un passo indietro dando uno sguardo alla ricostruzione storico-archeologica per comprendere meglio l’importanza del ritrovamento e la conseguente necessità di toglierlo dallo stato di oblio e degrado. La chiesa S. Giovanni Decollato fu demolita nel 1920 e al suo posto fu eretto il vecchio “Palazzo delle Poste”, era di proprietà della Confraternita della Misericordia, una congregazione religiosa che aveva come scopo primario quello di salvare in extremis i condannati alla decapitazione, di accompagnarli sul luogo del supplizio e infine al cimitero. Talvolta i prigionieri potevano sfuggire alla giustizia ricoverandosi presso la stessa confraternita. Infatti nei muri laterali della chiesa erano stati ricavati dei piccoli ambienti sotterranei, i quali erano adibiti a ricovero dei condannati. Per quanto riguarda il periodo romano sappiamo che c’era un’iscrizione (CIL XI, 4280) inserita nel pinnacolo risalente al I sec d.C. e che, durante i lavori per la costruzione delle Poste, furono trovati dei cunicoli sotto le fondazioni della chiesa, probabilmente pertinenti ad un calidario. Durante gli scavi condotti nel 2000 per la realizzazione di autorimesse interrate nella piazza è stata portata alla luce alla profondità di circa 6 m circa dal piano stradale, una struttura che presenta come paramento esterno dei grossi conci di pietra sponga disposti a semicerchio e come un nucleo un conglomerato[1] che costituisce la preparazione di un pavimento in cocciopesto[2], quasi completamente perduto. I conci si presentano sotto forma di parallellelepipedi troncopiramidali disposti radialmente in un unico filare. L’abside con probabilità apparteneva ad una basilica che si affacciava sul foro di epoca romana della città; considerando anche per l’imponenza dell’edificio databile alla fine del I sec. a. C. Nell’area delimitata dal taglio di fondazione è stato individuato un interro che ha obliterato al struttura romana. In uno scarico di materiali ad est dello scavo sono venuti alla luce: frammenti di terra sigillata italica, di ceramica a pareti sottili, e puntali di anfore, comprende anche un’antefissa e un bollo laterizio. Si potrebbe azzardare l’ipotesi che il filare di fondazione fosse munito di un piano interrato destinato ad ambienti secondari e, che quindi la quota del piano terra si trovasse ad una quota compatibile con il livello di calpestio di età romana.
In passato delle associazioni hanno cercato di far presente questa situazione all’Amministrazione Comunale e all’opinione pubblica, ma data la condizione attuale evidentemente senza avere alcun buon esito.
[1] Uno strato di grossi ciottoli fluviali, più un altro conglomerato costituito da ghiaia fluviale fine.
[1] Battuto costituito di malta e laterizi triturati.
BIBLIOGRAFIA:
Angeloni, Storia di Terni. L’articolo di Francesco Giorgi, “lo scavo di Piazza S. Giovanni Decollato” in L. Bonomi Ponzi, C. Angelelli, Terni, Interamna Nahars: nascita e sviluppo di una città alla luce delle più recenti ricerche archeologiche, Rome 2006 , école française de Rome.
Sisani, Umbria, Marche, Bari, Roma 2006, Laterza.
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Commento:
Riportiamo un articolo del gennaio 2008 in cui l’allora consigliere di Circoscrizione Michele Rossi ,oggi coordinatore comunale del PDL, sollevava il problema
Terni è stata tra le prime città in italia a realizzare parcheggi interrati su aree pubbliche liberando molte vie e piazza dalla presenza di automobili. Rientra tra le tante aree di parcheggio create con il meccanismo della Legge Tognoli, anche piazza Piazza S. Giovanni Decollato, dietro all’ex Palazzo delle Poste. In fase di realizzazione di questo parcheggio interrato venne alla luce un importante ritrovamento archeologico che fece parlare la città per mesi. Vennero rinvenuti nel corso degli scavi, una serie di blocchi di pietra arenaria, posti a semicerchio; poi indicati come le fondazioni di un antico tempio romano. Si discusse sulla sistemazione di quel materiale. Fu deciso di lasciare tutto al secondo piano interrato, per cui il Ministero acquistò un piano del parcheggio. Consapevoli dell’importanza del ritrovamento furono annunciate l’organizzazione di visite guidate, la predisposizione di nuovo museo sulla presenza romana nella nostra città e addirittura un ufficio distaccato della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, ancora oggi presente solo a Perugia e Orvieto.
Cosa si è fatto fino ad oggi a distanza di quasi 10 anni? Nulla di tutto questo e ormai nessuno ricorda quella importante presenza storica allora rinvenuta anzi c’è chi approfittando dell’oscurità usa il posto come bagno pubblico. Al piano strada, macchine parcheggiate dove capita e mucchi di immondizia a ridosso dell’ascensore, mai entrato in funzione. Un trattamento inaccettabile quello riservato alla basilica romana di Piazza San Giovanni Decollato, lasciata in un degrado che sembra ben dimostrare l’ignoranza e insensibilità culturale e storica di chi oggi amministra Terni.
Informo dunque di aver presentato apposita mozione al Consiglio della II Circoscrizione “Interamna” affichè la stessa si faccia promotrice verso l’amministrazione comunale di un serio progetto di qualificazione del reperto archeologico di Piazza San Giovanni Decollato, con la necessaria creazione di un percorso illuminato che consenta l’accesso a studenti e turisti.
Faccio poi appello agli organi di informazione perchè attraverso la loro denuncia sollecitino l’opinione pubblica (la situazione di degrado in cui si trovano i reperti è ben documentabile chiunque può infatti accedere al secondo piano del parcheggio).
Michele Rossi
Goodmorningumbria seguirà questa vicenda e le darà sicuramente il risalto che merita.
“Dal Falò alle Pasquarelle – Tradizioni del periodo natalizio nella città di Santa Rita”
22 dicembre 2010di Francesca Romana Plebani
Cascia. Pochi giri di orologio ancora e durante la Santa Messa di mezzanotte di venerdì 24, presso la colleggiata di Santa Maria, verrà ufficialmente aperto il presepe realizzato dall’Associazione “Amici del Presepe Fabio CARBONARI”. “Dal Falò alle Pasquarelle – Tradizioni del periodo natalizio nella città di Santa Rita” è l’appuntamento che per il settimo anno consecutivo, dall’8 Dicembre al 23 Gennaio 2011, celebra la tradizione natalizia del presepe, vestendola di innovazione. Da quelli realizzati tradizionalmente, a quelli creati con l’uncinetto, scolpiti nel ghiaccio, costruiti con la pasta, il vetro e stoffe, i presepi esposti saranno di ogni genere e di diversi materiali. Le creazioni tra loro molto eterogenee – notevoli quelle ricavate all’interno di ceste in vimini e in vasche piene d’acqua – costelleranno i vicoli che si snodano tra le chiese, le cantine e i luoghi caratteristici del centro storico della città di Santa Rita.
Come ogni anno, la perfetta riuscita della manifestazione si deve all’impegno dell’Amministrazione Comunale e all’attiva partecipazione dei privati cittadini, delle scuole, dei centri anziani e degli artisti che hanno aderito, contribuendo ad inviare un bel segnale di amore e di pace attraverso il presepe. Ma soprattutto è all’Associazione “Amici del Presepe Fabio CARBONARI” e alla sezione locale del MO.I.C.A. che va il merito di aver coordinato la parte logistica ed operativa dell’evento.
Tra le creazioni più originali da ammirare, si annovera un presepe interamente realizzato con i bottoni ed uno composto unicamente di sassi. Completamente in caramello il presepe più “dolce”.
Molto numerose le iniziative collaterali che stanno contribuendo a rendere l’intero territorio del casciano un immenso presepe all’aria aperta.
Dato il via alla rassegna mercoledì 8 dicembre, con l’inaugurazione del Presepe monumentale a Roccaporena presso il piazzale del Santuario di Santa Rita, la manifestazione toccherà il suo apice lunedì 27, quando alle 20.30 nella frazione di Avendita, prenderà luogo l’ormai consueto presepio vivente.
http://www.amicidelpresepecascia.it/presepedicascia/le-fotografie
Nocera Umbra e archeologia: Inaugurazione del Museo Centro di documentazione dei siti archeologici territoriali
16 dicembre 2010
di Francesca Romana Plebani
Ultime ore, prima dell’inaugurazione del “Museo Centro di documentazione dei siti archeologici territoriali”, che sabato 18 Dicembre verrà aperto al pubblico presso i locali dell’ex Municipio appositamente restaurato. Alle ore 11, il taglio del nastro tricolore e la cerimonia ufficiale,

Materiali preromani dalla necropoli del Portone, Roma-Museo Nazionale Preistorico Etnografico L. Pigorini (da Civiltà d'Appennino 2005)
presieduta dal sindaco di Nocera Umbra, Donatello Tinti e Alessandro Coccia, Assessore alla Cultura. Prenderanno parte alle celebrazioni il Presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, l’Assessore regionale alla Cultura Fabrizio Bracco, ed Elena Calandra, Soprintendente dei Beni Archeologici dell’Umbria. Al saluto delle autorità, farà seguito, a cura di L. Bonomi Ponzi e L. M. Manca, la presentazione del percorso espositivo museale, curato da B. Gori e finanziato con i fondi della Comunità Europea, e la visita guidata delle sale. Il percorso prevede, attraverso il succedersi delle sale, un “cammino” espositivo, organizzato per fasi cronologiche: dall’età Protostorica, a quella Longobarda. Della sezione protostorica fanno parte, i reperti, strumenti litici prevalentemente, ascrivibili al Paleolitico, provenienti da Pascigliano, a cui si aggiungono quelli neolitici rinvenuti presso località Le Spogne, e i reperti dell’Età del Bronzo di Piani di Sorifa. I corredi della necropoli di Boschetto-Ginepraia (VIII – V sec. a.C.), unitamente ai reperti di recente acquisizione e restauro, della Collezione Staderini, arricchiranno il “padiglione” dedicato alla fase umbra ed ellenistico-romana. La sezione d’epoca romana vedrà l’esposizione di importanti iscrizioni di carattere pubblico e di materiali provenienti da via Garibaldi e dalla zona della
Palombara, ulteriormente valorizzata dai reperti, provenienti dalle necropoli note (Le Case, La Valle, Maestà di Picchio) e dal territorio. La via Flaminia e le monumentali opere (sostruzioni, ponti, chiavicotti) che ne costellano il tratto stradale nocerino, costituiranno uno dei punti focali di quest’esposizione: la realizzazione di un plastico del segmento viario, sussidiato inoltre dall’ausilio di supporti multimediali, permetterà la migliore comprensione dell’importante asse viario in relazione alle sue infrastrutture. Infine, la sezione dedicata al periodo longobardo, sarà dedicata ai siti, noti e ultimamente individuati nel territorio. Saranno inoltre esposti alcuni corredi della nota necropoli di Pettinara – Casale Lozzi.
Alla presentazione dei reperti e all’apparato illustrativo dei pannelli farà da pendant una sezione multimediale, ideata per contribuire ad una più approfondita visione della documentazione archeologica sull’antica Nocera.
La realizzazione del Museo è stata possibile grazie ad un progetto del Comune di Nocera Umbra, che ha preso forma sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e di L. Bonomi Ponzi, con la quale hanno collaborato M. P. Guerzoni, M. Albanesi, M. R. Picuti e A. Menichelli.
Sant’Anatolia di Narco, la chiesa di San Felice: i Santi contro il Drago.
10 dicembre 2010
di Francesca Romana Plebani e Benedetta Martini
Castel San Felice (frazione di Sant’Anatolia di Narco), castello medievale cinto da mura nelle quali si aprono tre porte di accesso, custodisce alle sue pendici il complesso abbaziale di San Felice di Narco. L’abbazia, che trae il nome dagli eremiti che per primi abitarono questo luogo, si incontra in mezzo alla piccola valle, lambita dal fiume Nera che nel corso del tempo ne ha disegnato i contorni.
Il complesso santuariale per tradizione si fa risalire all’Alto Medioevo, anche se l’edificio, in quel periodo, era di natura diversa da quella attuale. In principio l’area era un cenobio[1] fatto erigere da San Mauro di Siria, padre di San Felice[2]. Dell’edificio precedente alla chiesa non rimango tracce, se non nella tradizione.
La chiesa venne edificata nell’aspetto ancora oggi conservato nel 1194. In un manoscritto miniato del XII secolo proveniente da questa chiesa si trova infatti questa preziosa indicazione, che la specifica come eretta in questa data, a rifacimento di un preesistente edificio realizzato dai benedettini dopo la bonifica delle paludi circostanti. Della sua fondazione si trovano notizie in due Codici, i cosidetti “Leggendari del Capitolo del Duomo di Spoleto”, oggi conservati
nell’archivio Capitolare di Spoleto. Menzione della chiesa si ritrova inoltre attestata nelle “Rationes Decimarum” del 1333 e 1334 e nel “Codex Pelosius”, redatto dalla diocesi di Spoleto nel 1393[3].
[1] Il cenobio è una comunità di monaci riuniti in un monastero sotto la medesima regola.
[1] Nella scena dell’uccisone del Drago, effigiata nel fregio decorativo al di sotto del rosone, compaiono entrambi i santi.
[1] Ulteriori documenti del 1254 e del 1257 la collocano sotto la giurisdizione della Pieve di Santa Maria di Narco (oggi distrutta)
Il santuario prende il nome dalla leggendaria figura di San Felice, personaggio i cui contorni si sfumano in quelli di eroe locale, e a cui la tradizione attribuisce la miracolosa uccisione del Drago che infestava la zona. Il Drago, figura dal complesso significato sia pagano che cristiano, oltre ad essere il simbolo della malaria che infestava i bacini[4], presso gli antichi cristiani era l’emblema del paganesimo. Nel caso specifico, la vittoria su questo mitico animale va ricondotta all’idolatria vinta dall’apostolato dei santi e, più verosimilmente, ad un’opera di bonifica della zona, un tempo paludosa[5]: non casualmente, la chiesa è situata proprio lungo il corso del Nera.
La chiesa, in architettura romanica, è di notevole pregio. La facciata a doppio spiovente, oggi mutila del loggiato, presenta un magnifico rosone riquadrato e, posti al di sotto di questo, due bassorilievi istoriati: il primo, raffigurante la leggendaria uccisione del Drago, l’altro, la resurrezione di un bambino. Nel timpano è invece rappresentato l’Agnus Dei. Nella parte inferiore si apre il portale con arco a tutto sesto, lunettato.
L’interno della chiesa, ad un’unica navata, presenta un presbiterio rialzato e delimitato da plutei cosmateschi[6]. L’abside esternamente è diviso in cinque paraste[7], collegate tra loro da tre archetti che presentano due monofore negli intradossi[8].
Della decorazione originale della chiesa rimangono solo alcuni lacerti, di cui l’unico di chiara identificazione è quello con la raffigurazione dell’Adorazione dei Magi. Si conserva, inoltre, un pannello con angelo che assiste al giudizio delle anime penitenti, rappresentate sui piatti di una bilancia, e nell’abside semicircolare un Cristo Benedicente, opera del Maestro di Eggi (attivo anche nella vicina chiesa di Santa Cristina presso Caso).
Dal presbiterio, per mezzo di due scalinate laterali, si accede alla cripta, in cui è conservato un sarcofago, che la tradizione ricorda come quello di San Felice.
Degna di nota è, infine, una polla sorgiva che sgorga presso il lato dell’abbazia più vicino al fiume. A questa fonte vengono attribuite fin dal Medioevo proprietà benefiche e guaritrici. La vasca originale della fonte è tornata ad essere visibile a seguito del suo ripristino, compiuto insieme al restauro del complesso abbaziale, avvenuto in occasione del Giubileo del 2000.
Sapiente esempio di integrazione che coniuga bellezza antica ed esigenze moderne, l’abbazia attualmente dispone al suo fianco una struttura ricettiva dall’aspetto esterno in pietra a faccia vista e dotata internamente di tutti i comfort.
Vale, inoltre, la pena ricordare la “Fiera dei Fiori”, mostra mercato di giardinaggio e di florovivaismo, ospitata annualmente nello spazio prativo dell’abbazia, durante i primi giorni di maggio.
Bibliografia:
L. Fausti, Le chiese della diocesi spoletina nel XIV secolo, in Archivio storia ecclesiastica umbra 1, pp. 129-205, Foligno 1913.
P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV: Umbria, Roma 1952
B. Sperandio, Chiese romaniche in Umbria, Perugia 2001.
Monte Tezio: meraviglie di archeologia e natura.
3 dicembre 2010di Francesca Romana Plebani
Abbracciato da sentieri che si snodano attraverso querceti naturali, boschi misti di roverella e leccio, pinete il cui profumo si stempera in quello di ginepri, biancospini e ginestre, il Monte Tezio (961m s.l.m.), preziosa oasi naturalistica del Comune di Perugia, conserva la testimonianza di un abitato protostorico. Il Tezio, infatti, si inserisce in una catena di rilievi che taglia longitudinalmente la valle del Tevere da nord-ovest a sud-est, dal Monte Acuto (926m s.l.m.) al Monte Civitella (634m s.l.m.), posizione geografica strategica di difesa e controllo, che ne ha favorito la sua occupazione già in tempi antichissimi geografica.
È la cima del monte, in apparenza simile ad una naturale distesa verdeggiante intercalata da qualche discontinuità, ad essere sede di antiche occupazioni antropiche, le cui tracce risultano in prevalenza evidenti attraverso la documentazione fotografica dal cielo. Difatti, nel corso del tempo, l’abbandono del sito, la conseguente perdita di consistenza e di volume degli alzati e dei loro dislivelli, uniti all’inesorabile sgretolarsi sul terreno degli stessi hanno determinato una sorta di apparente recupero dell’originaria conformazione dell’ambiente naturale, che ne cela ad un occhio non esperto le tracce da terra[1].
Esattamente, l’artificiosa configurazione dell’area sommitale del Tezio ha fatto sì che si desse il via alle prime ricerche archeologiche. Le operazioni di scavo, attualmente in corso, sono, a partire dal Maggio 2007, sotto la direzione scientifica del Prof. Maurizio Matteini Chiari dell’ Università degli Studi di Perugia[2] (che ringrazio per le informazioni documentarie).
Già durante la prima campagna di scavo è stato riscontrato, l’ormai noto, recinto perimetrale[4] di delimitazione, delineato sul terreno da un doppio terrapieno concentrico con fossato intermedio in forma di ellisse[5]. Tale recinzione era posta a protezione dell’abitato, sorto non a caso proprio sulla cima di un monte che garantiva, grazie alla sua posizione strategica, il controllo di un’amplissima estensione territoriale, e principalmente dell’asse tiberino[6]. L’insediamento, ascrivibile ad un orizzonte cronologico che va dalla fase finale dell’Età del Bronzo alla Prima Età del Ferro, occupa come già detto l’area sommitale del Tezio. I materiali rinvenuti, quasi esclusivamente ceramici e più raramente bronzei allo stato frammentario (con l’unica eccezione di uno spillone), hanno infatti permesso di fissarne estremi cronologici così determinati.
Le ultime campagne di scavo (2009-2010) hanno ribadito e confermato la fase di presenza e di occupazione prolungata della cima del monte, testimoniando una frequentazione estesa nell’arco di più generazioni. Tale continuità di vita risulta parimenti rimarcata dai materiali rinvenuti: notevole la quantità di frammenti ceramici d’impasto, spesso decorati e associati a congerie cospicue di reperti ossei animali – prevalentemente ossa di ovini – .
L’area del Tezio è inoltre oggetto di numerose e diversificate iniziative tese al recupero ed alla valorizzazione e salvaguardia dell’ambiente. Ne sono validi esempi l’organizzazione del parco naturale, di proprietà comunale e la realizzazione di una vasta area faunistica “polifunzionale”, prima in Italia nel suo genere. Inoltre, l’intera superficie del parco è attrezzata per ogni genere di escursioni: vasta la gamma di itinerari percorribili, dai più distensivi a quelli più adatti ad escursionisti esperti.
Le tabelle disposte lungo i punti di accesso distinguono infatti i sentieri in Turistici (contrassegnati da una T) ed Escursionistici (contrassegnati da una E), per i quali, diversamente dai primi, viene consigliato un abbigliamento adeguato (scarponcini ed equipaggiamento da trekking).
Il patrimonio archeologico e ambientale del Parco del Tezio lo rendono una tra più interessanti itinerari naturalistici e culturali – seppur ancora tra i meno noti – da percorrere attraverso il territorio rurale del Comune di Perugia.
Per ulteriori approfondimenti sul sito archeologico e sul parco del Monte Tezio:
http://www.fastionline.org/micro_view.php?fst_cd=AIAC_2390&curcol=main_column
http://turismo.comune.perugia.it/canale.asp?id=197
http://www.montideltezio.it/sentieri_nel_parco.htm
aC. (numerose le statuine in bronzo a figura umana o animale rinvenute) e posti più a valle, i quali oltre a fornire un’idea della continuità di vita di questa zona e della sua importanza – naturale linea di demarcazione tra regioni etrusche ed umbre –, restituisce uno spaccato della popolazione del tempo che viveva in questi territori: di non elevate condizioni economiche, dedita all’agricoltura ed alla pastorizia, orientata ad una forma di culto di tipo agro-pastorale legato alla fertilità della terra.
[1] Le foto da terra in condizioni ottimali (ad esempio in fase di disgelo con la neve che si accumula nelle superfici concave e protette del fossato perimetrale) restituiscono gli esatti contorni di strutture e sezioni.
[2] Lo scavo è in concessione alla Fondazione Ecomuseo dei Colli del Tezio, con la Direzione scientifica e operativa dell’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Scienze Storiche, Sezione di Scienze Storiche dell’Antichità, Cattedra di Urbanistica del Mondo Classico (http://dipartimenti.unipg.it/scienzestoriche/sezioni/85-monte-tezio-descrizione-dettagliata).
[4] La recinzione risultava nota da tempo e apprezzabile sia da terra quanto, e soprattutto, dal cielo.
[5] Durante la campagna di scavo 2009, che ha ancora interessato il settore occidentale della cima del Monte Tezio, è tornato in luce un lungo tratto di una sorta di paramento in grandi lastre di calcare infisse a terra e disposte di taglio, destinate a fungere, con tutta probabilità, da contenimento alla muratura retrostante, edificata a secco.
[6] Situazione analoga a quella del prospiciente Monte Acuto. Si segnala, in proposito, come recenti indagini effettuate nell’area tra il Tezio e Monte Acuto abbiano rimesso in luce numerose tracce di insediamenti umani, databili al V sec. aC. (numerose le statuine in bronzo a figura umana o animale rinvenute) e posti più a valle, i quali oltre a fornire un’idea della continuità di vita di questa zona e della sua importanza – naturale linea di demarcazione tra regioni etrusche ed umbre –, restituisce uno spaccato della popolazione del tempo che viveva in questi territori: di non elevate condizioni economiche, dedita all’agricoltura ed alla pastorizia, orientata ad una forma di culto di tipo agro-pastorale legato alla fertilità della terra.
“I templi e il Forum di Villa San Silvestro”
26 novembre 2010di Francesca Romana Plebani
“VILLA S. SILVESTRO. Tempio Romano III sec. a. C.”. Seguendo il nastro d’asfalto lungo ripidi tornanti attraverso magnifici panorami montani, questa l’indicazione che, all’inizio del lungo fondovalle, colpisce l’occhio del guidatore, una volta lasciata Cascia alle spalle e percorso 15 km in direzione Piana di Chiavano. Il sito venne scoperto intorno agli anni Venti del Novecento, quando si riportò alla luce il monumentale podio[1] del tempio principale. Già dall’Ottocento erano state segnalate le grandi basi di colonne vicino alla chiesa di San Silvestro, la quale, non tralasciando di ricordare la continuità di vocazione cultuale, venne edificata in età medievale proprio sopra all’antico tempio.
Nel 2006, considerata l’importante entità del monumento, sono ripresi gli scavi in concessione da parte della Soprintendenza dei Beni Archeologici dell’Umbria all’Università degli Studi di Perugia, esattamente presso il tempio.
Il sito archeologico di Villa S. Silvestro era compreso nella compagine culturale e storica di quella che in antico era la Sabina Orientale o Alta Sabina, costituendo così uno dei centri più degni di attenzione di questa zona, che in età augustea venne poi inserita nella Regio IV, Sabina et Samnium. L’altopiano di Chiavano, infatti, situato al confine tra le attuali regioni di Umbria e Lazio, a 15 chilometri dal comune di Cascia (PG) a cui appartiene, è un esteso e piatto fondovalle delimitato da ripidi versanti. Questa striscia di pianura, sviluppata in lunghezza, è una di quelle aree che eccezionalmente interrompono quell’asperità orografica, descritta da Strabone (Geogr., V, 3. 1) e caratterizzante l’Alta Sabina. Fin dall’età del Ferro quest’area, come indica la presenza di tre castellieri, doveva essere posta a controllo del percorso di valico e degli snodi viari, attraverso un vero e proprio sistema di recinti fortificati[2]. Questo estremo lembo della Sabina, pur caratterizzato dagli impedimenti appenninici, costituiva il passaggio obbligato per abbreviare i lunghi itinerari di percorrenza tra il Tirreno e l’Adriatico. A pochi chilometri gli uni dagli altri, tali snodi stradali con i relativi diverticoli permettevano la comunicazione tra le regioni contermini dell’Italia Centrale, creando così una fascia di collegamento e di scambio all’interno del sistema di relazioni delle popolazioni centro-italiche. Infatti, a differenza della Sabina Tiberina che vide lo sviluppo di una fiorente economia agricola, la Sabina Appenninica rimase luogo della pastorizia transumante.
Precisamente sul margine settentrionale della Piana di Chiavano − attraversata da uno dei principali assi di collegamento tra Rieti e il territorio del Nursino − è collocato il monumentale complesso edilizio. Identificabile con un forum o conciliabulum (tali sono infatti le attuali ipotesi interpretative per questa zona), polo sacro e amministrativo preposto al controllo economico del territorio, l’installazione dello stesso a seguito della conquista di M. Curio Dentato nel 290 a.C., all’interno della prefectura nursina[3] va, dunque, ricondotta alla rilevanza strategica che tale luogo ebbe già in età precedenti. Fastosamente monumentalizzato agli inizi del I sec. a.C., a seguito del sisma del 99 a.C.[4], il complesso edilizio si articola in due vasti settori estremamente ravvicinati, entrambi porticati e con al loro interno edifici di culto caratterizzati da un diverso orientamento ed assetto planimetrico: il principale, ad alae, dedicato ad Ercole, l’altro, a sud-est del precedente, a doppia cella[5] e con tutta probabilità dedicato a divinità femminili. Intorno a questo secondo tempio, scoperto nel 2007, si moltiplicano le case private, appartenenti a varie fasi della storia del centro, tra le quali, in particolare, una di vastissime proporzioni ed assai articolata, tanto da farla attribuire ad un importante personaggio locale. Inoltre, è stata messa in luce una vera e propria strada su cui si affacciavano le abitazioni, sostituite poi da un ulteriore ed articolato portico con funzione
commerciale.
L’area d’interesse, oggi ancor di più inestimabile dal punto di vista del patrimonio archeologico, copre attualmente circa 5000 m² e, alla luce delle recenti esplorazioni, sembra estendersi ulteriormente.
Eccezionali e complessi si sono rivelati i dati riscontrati e i ritrovamenti avvenuti durante le campagne di scavo. Le operazioni, impegnate soprattutto ad esaminare il settore prospiciente la Piana, hanno messo in luce non solo materiali di pregio (elementi della decorazione architettonica di alta qualità, un braccio della statua di culto in marmo pario[6] e tutta una serie di oggetti che arricchiscono le sale della mostra “I templi ed il forum di Villa San Silvestro”, in corso a Cascia, presso il Museo civico di Palazzo Santi, inaugurata il 5 Giugno 2009 in occasione delle celebrazioni nazionali in onore del bi millenario della nascita di Vespasiano), ma sequenze stratigrafiche che testimoniano la presenza di un precedente villaggio sabino (l’unico finora materialmente noto in Italia), più fasi di occupazione romana e frequentazioni di età tardo antica e alto-medievale.
Dalla prima campagna del 2006 all’ultima, nell’estate 2010, hanno partecipato allo scavo come volontari studenti, laureati, dottorandi e specializzandi, provenienti da: Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi di Siena, Università degli Studi di Lecce, Universidad Complutense de Madrid, Universidad de Salamanca, Université Paris IV, Ecole Normale Superieure de Lyon, Scuola di Specializzazione in Archeologia di Firenze. Il finanziamento per le ricerche 2010 si deve a: Università degli Studi di Perugia – Dipartimento Uomo & Territorio, Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, Comune di Cascia, Associazione Culturale Tellus.
I dati di scavo sono forniti dall’équipe di ricerca diretta dal Prof. F. Coarelli e dal Prof. P. Braconi e coordinata dalla Dott.ssa F. Diosono, di cui anche chi scrive fa parte.
[1] Modello di podio a cyma reversa meglio conservato in Italia.
[2] Frequentazioni risalenti al Neolitico e all’Età del Ferro sono state inoltre confermate da alcuni materiali rinvenuti durante le operazioni di scavo.
[3] La conquista romana fu conseguente causa di grandi cambiamenti nel territorio sabino, che restava ancora legato a forme insediative sparse. Le terre sabine divennero patrimonio demaniale di Roma, che ne diede una parte in assegnazione a coloni con cittadinanza romana che si insediarono sul posto, e che ne mantenne la restante a pascoli e boschi, per darla in affitto e ricavarne un’importante rendita per il fisco. Il territorio dell’Alta Sabina fu suddiviso in tre prefetture, Reate, Amiternum e Nursia, alla quale apparteneva anche il territorio casciano e dell’altipiano di Chiavano.
[4] Nursiae aedes sacra terrae motu disiecta (Iul. Obs. 46).
[5] In Italia, strutture templari a doppia cella risultano attestate soltanto in pochi casi: oltre all’ipotesi del tempio di Montorio al Vomano (TE), testimoniati con sicurezza tali edifici si trovano solo nel bacino del Fucino (AQ), ad Alba Fucens ed Anxa, presso la Villa dell’Auditorium nel suburbio di Roma, e ad Ostia.
[6] Le dimensioni ricostruibili sono circa di 6 m d’altezza.
ETRUSCHI, STUDI E RICERCHE A TARQUINIA E IN ETRURIA
24 settembre 2010Simposio internazionale in ricordo di Francesca Romana Serra Ridgway
Tarquinia 24 e 25 settembre 2010,
Sala consiliare Palazzo di Città
Il Convegno intende onorare la memoria dell’archeologa Francesca Romana Serra Ridgway a due anni dalla prematura scomparsa. La scelta di Tarquinia, come sede dei lavori, è legata alle numerose ricerche e alle importanti pubblicazioni che la studiosa ha dedicato alla metropoli etrusca.
I partecipanti al Convegno, legati da vincoli di personale amicizia e collaborazione con F. R. Serra Ridgway, rappresentano una selezione dei più importanti studiosi di etruscologia a livello internazionale. Il carattere di internazionalità del Convegno è richiesto non solo dalle ampie relazioni della studiosa scomparsa, ma soprattutto dal ruolo di raccordo costante tra l’ambiente degli archeologi italiani e il mondo anglosassone, che ella ha svolto attraverso le sue lezioni all’Università di Edinburgo, le sue conferenze e l’attività di acuto recensore, in riviste inglesi e americane, di opere scientifiche pubblicate in Italia. F.R. Serra era moglie dell’illustre archeologo inglese David Ridgway, che fra l’altro, ha legato il suo nome alla grande impresa della pubblicazione della necropoli greca dell’ isola di Ischia.