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NON SIAMO NEL 2012 MA NEL 1993, MA 20 anni per un sogno non sono troppi?

12 Maggio 2012

ma 20 anni per un sogno non sono troppi?

di Vincenzo Merlo

CAMBIAMO TUTTO PERCHE’ NULLA CAMBI

Se pensate di essere nel 2012 vi state sbagliando di grosso, amici! Per uno strano sortilegio, forse anche per congiunzioni astrali o per meccaniche celesti ancora sconosciute, pur alternandosi il giorno con la notte e una stagione con la seguente, in questa povera Italietta siamo bloccati all’anno di grazia 1993, e non c’e ‘ verso di uscirne. Gli e’ infatti che il cronometro non si muove più, che le clessidre non versano più sabbia, che il tempo non scorre; tutto pietrificato! Ecco, dunque, come stanno le cose: stante la crisi dei partiti (la D. C., il P.LI, il P.R.I, il P.S.I., il P.S.D.I, ma anche il Pdl, la Lega, l’l’Udc….), al Governo sono saliti i “tecnici” ( Ciampi, ma anche Monti), con lo scopo di “risanare” il bilancio dello Stato e ” moralizzare” la vita pubblica. Con la “sobrietà” e l’ “eleganza” che si addice agli “illuminati”, stanno “risanando” e “moralizzando”talmente bene (d’intesa con le “grandi” istituzioni internazionali) che le parti più importanti del nostro tessuto produttivo stanno per chiudere o per essere acquistate da stranieri. Non sono forse sempre gli (more…)

È morto l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro

29 gennaio 2012

Il presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, è morto questa mattina a Roma. Aveva 93 anni. Nato a Novara il 9 settembre 1918, vedovo di Maria Inzitari dalla quale ha avuto una figlia, Marianna, si era laureato in Giurisprudenza nel 1941. E’ stato capo dello Stato dal 1992 al 1999 e prima della nomina al Quirinale è stato ininterrottamente deputato per l’intera storia repubblicana, a partire dal primo Parlamento eletto nel 1948 e, prima ancora, dall’assemblea Costituente del 1946.

Dopo il 25 aprile 1945 fece richiesta per entrare nelle Corti d’Assise straordinarie, istituite con giuristi volontari il 22 aprile (per una prevista durata di sei mesi) su richiesta degli angloamericani per porre un freno ai processi sommari del dopoguerra contro i fascisti, talora degenerati in veri e propri linciaggi . Queste corti vennero chiamate Tribunali speciali. Nel luglio 1945 sostenne con altri due colleghi la pubblica accusa al processo che vedeva imputati per «collaborazione con il tedesco invasore» l’ex prefetto di Novara Enrico Vezzalini e i militi Arturo Missiato, Domenico Ricci, Salvatore Santoro, Giovanni Zeno e Raffaele Infante. Dopo tre giorni di dibattimento venne chiesta per i sei la condanna a morte, eseguita il 23 settembre successivo

Fu protagonista di un episodio noto come “il caso del prendisole”. Il fatto ebbe luogo in un ristorante romano quando Scalfaro ebbe un vivace alterco con una giovane signora, Edith Mingoni in Toussan, militante del Movimento Sociale Italiano, da lui pubblicamente ripresa in quanto il suo abbigliamento, a parere dell’onorevole, era sconveniente poiché ne mostrava le spalle nude. Pare che la signora si sarebbe tolta un bolerino a causa del caldo e Scalfaro avrebbe attraversato la sala per gridarle: «È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino. Il padre della Mingoni in Toussan ritenendo offensiva nei confronti della figlia una frase pronunciata da Scalfaro durante un dibattito parlamentare, lo sfidò a duello. Al padre subentrò poi come sfidante il marito della signora, La sfida fu respinta, la qual cosa, risaputa pubblicamente, fece indignare il “principe Antonio De Curtis”, in arte Totò, che rimproverava a Scalfaro un comportamento prima villano e poi codardo.

Il Sisde, servizi segreti, un altro caso clamoroso del presidente Scalfaro scoppiato quando i funzionari del ministero dell’interno fornivano versioni di uso “regolare” dei fondi riservati, e quando in ottobre uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio ed agli arresti da due giorni, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; aggiunse inoltre che il SISDE avrebbe versato ai ministri dell’interno 100 milioni di lire ogni mese. La sera del 3 novembre 1993 Scalfaro si presentò in televisione, a reti unificate e interrompendo la partita di Coppa Uefa tra Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, con un messaggio straordinario alla nazione nel quale pronunciò l’espressione “Non ci sto”,

Nel dicembre del 1994 – invece di sciogliere le Camere,  dopo le dimissioni del governo Berlusconi,  uscito dalle elezioni di sei mesi prima, riuscì  a formare un nuovo governo in base al dettame costituzionale secondo il quale, una volta eletto dal popolo sovrano, la sovranità è esercitata dal Parlamento; e a sostegno della sua iniziativa fu ricordato che la Costituzione prevede che la funzione di deputati e senatori della Repubblica sia esercitata senza vincoli di mandato, onde è consentito cambiare schieramento ed appoggiare formazioni politiche diverse dalla lista in cui si è stati eletti. Il rapporto tra Silvio Berlusconi e Oscar Luigi Scalfaro dopo quegli eventi raggiunse i livelli più bassi e fu sempre contrassegnato da forti contrasti sia personali che politico-istituzionali .

 

 

 

Giuseppe Moles: le idee, il turbo della rivoluzione liberale

9 febbraio 2011

Intervista di Matteo Bressan

In un momento in cui il rapporto tra i giovani e la politica è ridotto al lumicino è forse

On Giuseppe Moles, laurea in scienze politiche, indirizzo internazionale; Professore universitario, Esperto di relazioni internazionali e di comunicazione e mass media

significativo (e per molti versi esemplare) discutere con l’on. Giuseppe Moles, un leader politico giovane ma già forgiato da forti esperienze ad alti livelli istituzionali, i temi più spinosi dell’attualità in un locale tradizionalmente frequentato da giovani romani all’ora dell’aperitivo domenicale.

On. Moles i giovani non hanno una grande opinione della politica italiana, ma al tempo stesso sono una componente decisiva per la vittoria elettorale. Secondo lei come è considerato il mondo giovanile dalla politica? E perché un giovane dovrebbe votare per il centro destra?

Innanzitutto sono felicissimo di questo incontro, perché “voi siete la politica” e perché avete il coraggio di fare politica ben sapendo che altrimenti la politica comunque si occupa di voi. Quindi, così come ho fatto io, fate politica per “legittima difesa” ma con il vantaggio di avere dalla vostra la forza delle idee vincenti: quelle idee che non solo hanno vinto prima ma che è necessario far vincere domani. Non è facile fare politica oggi venendo da una tradizione di Forza Italia in un momento storico così difficile. È molto più semplice invece essere stupidamente proni ai cattivi maestri della contestazione di sinistra. Inoltre sono felicissimo di essere qui perché voi siete la evidente dimostrazione che esiste ancora, e mi auguro anche abbia sempre più forza e rilevanza, quella componente giovanile che tanto ha fatto nei 16 anni della vita politica di Berlusconi, e cioè quella di Forza Italia, che è parsa a volte porsi in secondo piano rispetto al semplice movimentismo di destra sociale.

Ma allora può riuscire la fusione tra i due movimenti giovanili?

Assolutamente si, sono poche le cose che ci dividono dai nostri amici provenienti da AN ma molte quelle che ci uniscono. A condizione però che le nostre idee, i nostri valori, quello in cui crediamo, quello che Berlusconi ha sempre sostenuto non vengano offuscate dalle logiche di palazzo. Dobbiamo e dovete essere orgogliosi di quello che siamo, perché anche giovani ex FI sanno fare politica, magari non urlata, hanno idee che sono quelle giuste e sanno, quando vogliono e quando possono, portarle avanti con la forza e la coerenza che li contraddistingue.

Se ascoltiamo alcune voci sorge spontaneo un quesito: il PdL è all’inizio o alla fine del suo percorso politico?

Non possiamo cambiare il passato ma possiamo influire sul futuro. La rivoluzione di Berlusconi è nata per cambiare l’esistente. Non per gestirlo. In tutti questi anni a causa di una serie di fattori indipendenti dalla vera volontà di Berlusconi la rivoluzione liberale italiana è iniziata ma non si è compiuta, e ciò spesso proprio a causa delle logiche perverse della politica politicante. Tre esempi per tutti: il tradimento di Bossi del 94 con l’avallo del Presidente della Repubblica; le enormi difficoltà e i veti posti dall’UDC di Casini nel precedente Governo Berlusconi; la pazzia perversa di Fini oggi. Ben venga non solo una rivoluzione fiscale ma anche qualsiasi riforma che tenti di abbattere finalmente il potere vero, quello dell’establishment.

Ma proprio adesso On. Moles? Con tutte le difficoltà del momento storico?

Si, soprattutto adesso, perché è il momento storico che segnerà la frattura con il passato. O i poteri forti abbattono noi e Berlusconi o noi rilanciamo la grande riforma liberale con la forza delle idee. E quindi avanti con la riduzione delle aliquote, la separazione delle carriere dei magistrati, la cancellazione degli enti inutili, il presidenzialismo, la modifica del sistema elettorale.

Un sistema elettorale che non va bene perché di fatto siete dei nominati…

Chi lo dice ha ragione. La mia personale preferenza è per l’uninominale secco all’americana. Ma siccome ritengo che i sistemi elettorali sono degli strumenti, la fortuna o meno di un sistema elettorale la fa chi lo utilizza. Anche con un sistema elettorale uninominale si potrebbero verificare casi di “nominati” ma bisognerebbe vedere che tipo di assetto vogliamo e, sulla base di quello, adattare il sistema elettorale. Questa legge avrebbe potuto consentire anche a chi non ha enormi disponibilità finanziarie o di partito di entrare in Parlamento e portare la propria professionalità e contributo ed era questo l’intento di Berlusconi; purtroppo è anche vero che poi le perversioni hanno colpito questo sistema. Il ritorno al Mattarellum sarebbe un primo passo avanti. Secondo alcuni calcoli se al 2008 avessimo avuto il Mattarellum il Popolo della Libertà avrebbe avuto una maggioranza superiore perfino dell’attuale.

Che assetto ipotizza per un partito moderno? Il partito delle tessere o il partito che si mobilita solo per i grandi appuntamenti?

È ormai chiaro che a Berlusconi il contenitore PDL così com’è non piace. Quando Berlusconi dice potessi tornare a FI non fa solo riferimento al contenitore, ma fa riferimento a quello che FI era. Un insieme eterogeneo ma tendenzialmente unito dai valori comuni e rivoluzionari all’interno del quale senza le storture e le beghe del partitismo stile vecchia repubblica, convivevano tutta una serie di componenti senza che mai si sia verificato nessun tipo di divisione perché il programma rivoluzionario univa su quei principi e su quei valori tutti. In secondo luogo c’era una sintesi effettuata diversamente da Berlusconi che ha sempre premiato le persone in base non all’appartenenza a correnti o componenti ma in base a quello che sapevano fare o alle idee che avevano. Questo a maggior ragione era importante in quello che era il giovanile di FI, che era un pour puri di gente entusiasta che si era avvicinata a quelle che erano le idee vincenti. Qualsiasi sia il contenitore, se non ci si mettono le idee, rischia di diventare uno dei tanti partiti modello Prima Repubblica. Perciò anche io ho sottoposto, nel mio piccolo, un contributo in tal senso a Berlusconi sul futuro del nostro movimento.

Movimento o partito?

Mi piacerebbe che si tornasse al movimento. Mi piacerebbe che fosse più il partito delle idee che quello delle tessere.

Che opinione si è fatto della miriade di associazioni, circoli e club che compongono la galassia del PdL?

Qualsiasi iniziativa presente passata e futura che possa essere utile a far si che il PdL in quanto movimento possa diventare il partito unico del centrodestra italiano mi vede favorevole. Ma se l’intento fosse quello di affermare componenti o correnti mi farebbe schifo. Ho partecipato e parteciperò a qualsiasi manifestazione di queste realtà, ma se mi accorgessi che la finalità è separare anziché unire ne trarrò conclusioni.

Secondo lei Berlusconi ristrutturerà il centrodestra procedendo con un cambio generazionale?

Il cosiddetto “cambio generazionale” è un concetto molto populistico e mi fa venire i brividi. Un cambio generazionale significa annullare in un colpo solo sia cose positive sia fattori negativi allo stesso tempo. La classe dirigente di oggi era giovane ieri. Ma senza quella che è oggi la classe dirigente, i giovani di domani da chi potrebbero ricevere il testimone delle idee e dei valori vincenti? Anni fa ci fu una tesi di laurea affidata dall’ On. Antonio Martino ad una studentessa. Questa verificò che il 95 % dei testi di economia politica nelle Università italiane erano keynesiani e solo il 5% erano monetaristi. Le nostre idee, quelle di Berlusconi sono il libero mercato, la libera impresa, l’avversione alla patrimoniale e la limitazione dell’ingerenza dello stato. Da chi possiamo apprendere queste cose se cancelliamo una generazione che deve insegnare? Diverso è invece individuare nuovi e migliori strumenti che consentano a chiunque, a prescindere dalla generazione, di dare il suo contributo al PDL.

In questi giorni stiamo registrando l’ennesimo scontro tra politica e magistratura. Un duello infinito?

È necessaria la separazione dei poteri e la separazione delle carriere. Se una componente, seppure minoritaria, della magistratura fa politica non siamo in un paese civile: automaticamente rende non più liberi ed indipendenti gli altri poteri, e ciò alla faccia di quella grande componente della magistratura che fa il suo lavoro ed il suo dovere in silenzio. Questa è l’unica magistratura che noi rispettiamo, quella magistratura che non guarda dal buco della serratura per un anno sputando su uno dei principi liberali più sacri: la libertà personale e la privacy.

Che idea si è fatto di quanto sta avvenendo in Medio Oriente ed in particolare in Tunisia ed Egitto?

Se mai ce ne fosse bisogno è la dimostrazione del fallimento della politica del Presidente Obama. Fin dall’inizio ha abbassato la guardia nei confronti degli estremismi aprendo all’Iran e ad altri non solo ricevendone schiaffi in faccia ma anche legittimandoli e ponendo le premesse che potrebbero consentire loro di impossessarsi dell’intero Medio Oriente. L’appoggio di Obama alla piazza in Egitto non favorisce una transizione democratica gestita con l’attenzione dovuta. Tutti noi riteniamo che la libertà sia un valore assoluto ma, nonostante tutte le critiche, proprio Berlusconi ha bene esposto quella che deve essere una linea in politica estera giusta, indicando la necessità di una attenta e non frettolosa fase di transizione dell’Egitto. Hamas ha in mano Gaza, Hezbollah ha il potere in Libano, l’Iran è degli ayatollah, ci manca solo che l’estremismo islamico metta le mani sull’Egitto.

La scorsa settimana una sua collega, l’On. Calipari, ha contestato l’eccessiva spesa per le operazione militari in Afghanistan che, a suo dire, avrebbero tolto risorse dalla spese di ricostruzione e cooperazione. Qual è il suo punto di vista su questa vicenda e sulla situazione in Afghanistan?

L’On. Calipari è un’amica ma, come al solito, fa propaganda pur sapendo perfettamente che ogni operazione o intervento all’estero costa di tre fasi: militare, militare e civile, civile. È evidente che in Afghanistan siamo ancora nella prima fase, che è quelle di assicurare il controllo e la sicurezza sul tutto il territorio. Sarebbe molto bello poter solo stanziare soldi per fare asili senza che i bambini rischino di saltare su una bomba mentre vanno a scuola. Invece dovremmo aumentare uomini e risorse per portare a termine la missione e per consegnare il paese alle sue istituzioni. Altrimenti non si onorerebbe il sacrificio dei nostri morti. Non ti difendi da un RPG solo dicendo che hai stanziato soldini per opere di bene.

Ma perché non si parla abbastanza del peacekeeping italiano che rappresenta un modello vincente delle nostre Forze Armate?

I nostri militari si contraddistinguono per un approccio estremamente professionale e nello stesso tempo elastico negli impegni delle missioni all’estero, e questo è uno dei punti di forza delle nostre partecipazioni. È indubbio che ci siano state molte difficoltà per superare la propaganda cattocomunista che per anni ha identificato il militare con l’uomo di destra, il fascista. Oggi, per fortuna, il clima è in parte cambiato, e la gente pian piano è tornata e guardare con affetto le donne e gli uomini in divisa.

A proposito delle nostre missioni militari. Alla luce della caduta del Governo Hariri, ha ancora senso la nostra presenza in Libano?

Sono stato sempre contrario alla missione in Libano perché in realtà l’hanno voluta Prodi e D’Alema solo per far dimenticare che erano scappati dall’Iraq; in più hanno limitato e mortificato l’azione dei nostri militari con assurde regole di ingaggio. Se il compito affidato dall’ Onu era di disarmare Hezbollah le regole imposte dal nostro Governo hanno rischiato di mettere in pericolo i nostri militari, tanto da rischiare di farli trovare tra due fuochi senza possibilità di agire. Un esempio su tutti: se i nostri militari fermano un camion di armi di Hezbollah non possono sequestrarli ma devono chiamare i militari libanesi e consegnare loro uomini e armi; il problema è che, però, la gran parte dei componenti dell’esercito libanese proviene proprio da Hezbollah. Io sposterei i nostri militari dal Libano all’Afghanistan proprio per perseguire quanto detto prima: più truppe, più controllo del territorio, più sicurezza.