Posts Tagged ‘siria’

Todi: Una sola famiglia umana. Incontro tra i popoli. Cena e festa multiculturale

6 luglio 2015

11705956_10207046322979478_13308749_oL’iniziativa che si svolgerà sabato 11 luglio a Todi, prevede un incontro presso il palazzo Vescovile che intende proporre all’attenzione le attuali vicende in Siria, cui seguirà un momento di condivisione e di scambio culturale attraverso il cibo e la musica presso l’Istituto Crispolti

L’Associazione Culturale Matavitatau che ha come scopo sociale la riscoperta delle radici latine della cultura italiana e la didattica della lingua italiana svolta secondo una prospettiva ecologica, ha realizzato durante l’anno scolastico trascorso un corso di italiano L2 che ha permesso a un numeroso gruppo di studenti residenti a Todi, di acquisire il certificato di competenza A2 della lingua italiana. (more…)

SIRIA: UCCISA LA MAMMA LE TOCCA PROSEGUIRE

24 aprile 2015

siria

di Floriana La Rocca

La straziante immagine di una manciata di bambini rimasti senza mamma, affidati a un improvvisato cielo infame, precipita nello strapiombo delle coscienze, siano esse cosmiche, personali, inesistenti o pulsanti. Facile, convincersi che non v’è scandalo più perverso, se riesci ad entrare nello sguardo di questa bambina, sorella maggiore del gruppo, andato molto più in là della disperazione. C’è assai di più in quegl’ occhi: il non sapere come fare, quanto fare, o rifare. C’è il vuoto che cambia in indicibile inferno (non che il precedente fosse meno disastroso!), trasformandosi in una terribile bolgia impossibile da affrontare. C’è l’annientamento di sé, delle (more…)

Assisi, Travicelli alla marcia per la pace in Siria

6 settembre 2013

Riceviamo e pubblichiamo

Aderirò sabato 7 Settembre alla giornata di digiuno e preghiera,vivendo intensamente ed accogliendo l’invito di Papa Francesco per questa speciale giornata dedicata alla pace in Siria,in Medio Oriente e nel mondo intero. Nella speranza che il grido della Pace si levi alto,mi unisco con semplicità e umiltà,come umili e semplici (more…)

SIRIA, DALLA BASILICA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI IN MARCIA PER LA PACE

5 settembre 2013

Un’enorme bandiera della pace con i colori dell’arcobaleno accompagnerà una marcia silenziosa, che sabato alle 18.30 partirà dalla Basilica di San Francesco d’Assisi, per invocare la pace in Siria. Dopo aver pregato sulla Tomba del Santo, i marcianti si recheranno a Santa Maria degli Angeli dove si terrà una veglia di (more…)

Bombe in Siria e Libano

29 dicembre 2011

di Matteo Bressan

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di fare il punto di situazione sui principali avvenimenti che dalla fine di novembre ad oggi hanno interessato due aree strettamente legate tra di loro: Libano e Siria. In Libano il Premier Mikati, di cui Hezbollah fa parte, è riuscito a disinnescare una possibile crisi interna, rifinanziando il Tribunale Speciale delle Nazioni Unite che indaga sull’omicidio dell’ex Premier Hariri. L’esito di questa scelta era tutt’altro che scontato dato che la compagine di Hezbollah e dei suoi alleati, potendo contare di 18 ministri sui 30 membri del Governo, avrebbe potuto ostacolare con la forza dei numeri il rifinanziamento del Tribunale Internazionale. Un simile scenario avrebbe determinato conseguenze imprevedibili in Libano e avrebbe inevitabilmente attirato l’attenzione degli Stati Uniti e degli Europei su Hezbollah, in un momento, quello della crisi siriana, che vede il Partito di Dio sotto osservazione per il suo sostegno ad Assad. Questa posizione sembra peraltro procurare più danni in termini di coerenza e credibilità che benefici al Partito di Dio agli occhi dei suoi molti sostenitori presenti non solo in Libano ma anche in Siria e in Libia. Non è un mistero infatti che le dichiarazioni di sostegno pronunciate dal Segretario Generale di Hezbollah, Nasrallah, alle rivolte in Egitto e Libia e in generale a tutti i movimenti di protesta della primavera araba, stridano con il silenzio sui massacri in Siria. Per queste ragioni Hezbollah ha ritenuto opportuno ribadire la propria sfiducia nel Tribunale Internazionale senza tuttavia far sprofondare il Libano in una nuova crisi di Governo a quasi un anno dalla caduta del Premier Saad Hariri, volendo in questo modo testimoniare la propria fedeltà al più importante interesse nazionale. Ottenuto l’assenso di Hezbollah, seppure con molti distinguo, Mikati ha potuto erogare ai primi di dicembre ben 32 milioni di dollari alle Nazioni Unite, favorendo così la prosecuzione dei lavori del Tribunale. Pochi giorni dopo, ed esattamente il 9 dicembre, un battaglione francese dell’UNIFIL subiva un attentato senza gravi conseguenze nei pressi della città di Sidone, evento questo che ci porta al dentro della crisi siriana. Poche ore dopo infatti il Ministro degli Esteri francese Alain Juppe’s accusava, annunciando peraltro di non averne le prove, Hezbollah e la Siria di essere responsabili dell’attentato. Anche il leader delle Forze Libanesi, Samir Geagea, ha accusato Hezbollah di essere direttamente o indirettamente responsabile dell’attacco ai militari dell’UNIFIL aggiungendo che di fatto è il Partito di Dio l’unico vero apparato di sicurezza nel Sud del Libano. Geagea ha inoltre precisato come sul luogo dell’attentato i primi a raccogliere prove e ad avviare le indagini siano stati proprio i membri di Hezbollah, poi l’esercito libanese ed infine l’UNIFIL. Risulta difficile per Geagea comprendere come Hezbollah non sia in grado di identificare gli attentatori e al contempo essere capace di smascherare gli agenti della CIA in Libano. A queste domande alle quali forse ad oggi non è possibile dare risposte certe si aggiungono i misteri che circondano il duplice attentato a Damasco dello scorso 23 dicembre, dove sono state colpite da un commando suicida, le sedi dei servizi segreti siriani, causando ben 40 morti. Anche per questo attentato molte sono le piste ma poche sono le certezze. Per il regime e per bocca della tv di stato dietro gli attacchi ci sarebbe al Qaida, per i ribelli invece si è trattato di un attentato preconfezionato da Assad per dimostrare all’opinione pubblica internazionale di essere vittima del terrorismo. Un’altra pista fa pensare al golpe militare anti Assad da parte dei fuoriusciti dell’esercito, opzione questa che non necessariamente andrebbe a rafforzare il fronte dei ribelli. Altre due versioni su questo attentato arrivano invece dal Libano e più precisamente da Hezbollah e dal canale televisivo di riferimento del Partito di Dio, Al – Manar. Per Hezbollah dietro l’attacco infatti ci sarebbero gli Stati Uniti, colpevoli ed esperti in questo genere di attacchi sanguinosi contro i civili. Un’altra pista poco seguita è invece quella diffusa da Al – Manar, che il 24 dicembre ha riportato da un sito internet dei Fratelli Musulmani di Siria, la rivendicazione dell’attentato. Poche ore dopo però gli stessi Fratelli Musulmani della Siria hanno negato il loro coinvolgimento ed hanno accusato il regime di Assad di diffondere, mediante siti web falsi, notizie tese a screditare il loro movimento.

Arriviamo quindi a ieri mattina, quando un’esplosione ha distrutto, senza provocare vittime, un ristorante a Tiro in Libano. L’esplosione è avvenuta alle 5.00 ora locale per mezzo di un esplosivo di 2 chilogrammi posto nella parete esterna del ristorante “Tyros”. Dopo il sopralluogo della Quinta Brigata dell’esercito libanese, gli esperti hanno posto un perimetro di sicurezza intorno alla zona, bloccando alcuni ingressi nella città. Secondo quanto appreso dalla emittente radiofonica “la voce del Libano” sembrerebbe che dietro all’attentato ci possa essere la regia di un partito estremista intenzionato ad impedire l’annunciata festa di Capodanno al ristorante. Il proprietario del ristorante, Arnaout Zuhair, intervistato dall’emittente libanese LBC ha raccontato che 10 giorni prima dell’attentato di ieri mattina ignoti avevano distrutto il manifesto pubblicitario che annunciava la festa di Capodanno presso il “Tyros”. Sempre il proprietario ha poi affermato che i danni saranno riparati rapidamente e che la festa di Capodanno con l’offerta dell’alcool si svolgerà regolarmente. Arnaout ha poi denunciato che ci sarebbero alcuni intenzionati ad impedire i festeggiamenti del Capodanno a Tiro, operazione questa che danneggerebbe gravemente l’attività turistica della cittadina costiera. È significativo inoltre che il gestore di un altro ristorante vicino al “Tyros” abbia deciso di annullare i festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno. A questa testimonianza si aggiunge quella di un altro gestore che afferma di aver ricevuto minacce telefoniche che suggerivano di non organizzare nessuna festa per il veglione di capodanno. Sembra inoltre che alcuni ristoranti e locali a Tiro abbiano affisso dei cartelloni in cui si chiedeva scusa per la somministrazione dell’alcool. Va ricordato che la città di Tiro è una della poche città del Sud del Libano dove è consentita la somministrazione di bevande alcooliche. Lo scorso novembre un’ esplosione ha distrutto un locale, sito in un quartiere sciita di Tiro, che vendeva bevande alcooliche. Alcuni osservatori già dallo scorso agosto avevano denunciato che nella città di Nabatieh, capoluogo dell’omonimo governatorato, il sindaco appartenente al Partito di Dio, avrebbe vietato la vendita di alcoolici e che, l’unico commerciante ad essersi rifiutato di applicare la disposizione, si è ritrovato il negozio distrutto.

Assalto all’ambasciata britannica e razzi contro Israele dal Sud del Libano: due messaggi mirati

1 dicembre 2011

di Matteo Bressan

Il protrarsi della crisi siriana assieme alla corsa al nucleare da parte dell’Iran sta producendo un’accelerazione della tensione senza precedenti, nel già complesso scenario mediorientale. Partendo dagli attentati dello scorso maggio al contingente italiano dell’UNIFIL, seguiti poi da quelli al contingente francese, si è assistito ad una pericolosa concatenazione di eventi riconducibili in qualche modo a quanto avveniva in Siria e Iran. All’epoca dell’attentato all’UNIFIL la comunità internazionale si apprestava ad inasprire le sanzioni contro il regime di Assad e molti hanno intravisto un possibile collegamento tra i due eventi. Più complesso da analizzare risulta invece il lancio di alcuni razzi contro Israele, partiti dal Sud del Libano due notti fa. Nonostante che l’attacco sia stato rivendicato da un gruppo islamico ritenuto vicino ad Al Qaida, le Brigate di Abdallah Azzam, molti sostengono che sia quasi impossibile compiere simili azioni nel Sud del Libano senza il consenso di Hezbollah. Cercando però di trovare una spiegazione a questa azione militare si possono provare a seguire due strade: una di politica interna e una di politica internazionale. Proprio ieri infatti il Premier libanese Mikati, sorprendendo molti osservatori, ha annunciato di aver versato i finanziamenti necessari al funzionamento del Tribunale Speciale che indaga sull’omicidio Hariri. Hezbollah infatti, che sostiene il Governo Mikati, aveva manifestato a più riprese la propria contrarietà al sostegno economico del Tribunale, facendo presagire una possibile crisi di Governo. Il lancio di razzi quindi potrebbe rappresentare un avvertimento non solo per ricordare a tutti i partiti libanesi i rapporti di forza all’interno del paese dei cedri, ma anche una prova di forza nei confronti dello stesso Mikati. Anche i razzi utilizzati questa volta, non più i Katiuscia ma i Grad, potrebbero essere considerati più come un avvertimento ad Israele, che non una vera e propria provocazione. Un messaggio per ricordare, al nemico storico di Hezbollah, che l’arsenale questa volta, rispetto al 2006, annovera razzi ben più potenti dei Katiuscia. Un messaggio quindi, più che una vera provocazione magari tesa a scatenare un conflitto che non gioverebbe ad Hezbollah e che esporrebbe l’intero Libano ad una ben più consistente reazione israeliana rispetto a quella del 2006. Negli ultimi giorni però altri messaggi sono arrivati e ben più inquietanti. In Iran, da quello che viene riferito da dissidenti iraniani, dietro all’assalto all’ambasciata britannica ci sarebbe dell’altro. Il regime infatti, nonostante l’inerzia della comunità internazionale, starebbe vivendo una fase di lenta ma pericolosissima implosione. Addirittura si ipotizza che l’assalto all’ambasciata britannica sia stato architettato per far passare in secondo piano l’esplosione che ha interessato gli impianti di arricchimento dell’uranio nella città di Isfahan. Il Times, ha diffuso delle immagini che testimonierebbero, la distruzione di alcuni edifici ma ad oggi non risulterebbero registrate fughe di radioattività né è possibile provare un coinvolgimento della CIA o del MOSSAD nei fatti accaduti. In questo scenario, con la Siria che minaccia ritorsioni contro l’occidente e l’Iran che promette di scatenare Hamas ed Hezbollah in caso di attacco israeliano, l’Italia si appresta a riprendere il comando della missione UNIFIL dal prossimo gennaio. Il contesto però è notevolmente cambiato rispetto ai tempi del Generale Claudio Graziano e alcune dichiarazioni provenienti dall’Iran meritano la massima attenzione, se non addirittura un ripensamento della missione UNIFIL. La scorsa settimana infatti Yahya Rahim Safavi, Consigliere militare della Guida suprema e già comandante delle guardie rivoluzionarie iraniane, ha fatto riferimento ad una esercitazione congiunta tra la Nato e Israele, svoltasi a largo delle coste della Sardegna, con il contributo dell’Italia. C’è da chiedersi a questo punto, se Hezbollah, che in passato aveva espresso importanti apprezzamenti sul contingente italiano, guarderà con maggiore diffidenza il nuovo comando italiano.

 

 

Sant’Anatolia di Narco, la chiesa di San Felice: i Santi contro il Drago.

10 dicembre 2010


Timpano, raffigurazione dell'Agnus Dei

di Francesca Romana Plebani e Benedetta Martini

Francesca Romana Plebani

Castel San Felice (frazione di Sant’Anatolia di Narco), castello medievale cinto da mura nelle quali si aprono tre porte di accesso, custodisce alle sue pendici il complesso abbaziale di San Felice di Narco. L’abbazia, che trae il nome dagli eremiti che per primi abitarono questo luogo, si incontra in mezzo alla piccola valle, lambita dal  fiume Nera che nel corso del tempo ne ha disegnato i contorni.

Benedetta Martini

Il complesso santuariale per tradizione si fa risalire all’Alto Medioevo, anche se l’edificio, in quel periodo, era di natura diversa da quella attuale. In principio l’area era un cenobio[1] fatto erigere da San Mauro di Siria, padre di San Felice[2]. Dell’edificio precedente alla chiesa non rimango tracce, se non nella tradizione.

La chiesa venne edificata nell’aspetto ancora oggi conservato nel 1194. In un manoscritto miniato del XII secolo proveniente da questa chiesa si trova infatti questa preziosa indicazione, che la specifica come eretta in questa data, a rifacimento di un preesistente edificio realizzato dai benedettini dopo la bonifica delle paludi circostanti. Della sua fondazione si trovano notizie in due Codici, i cosidetti “Leggendari del Capitolo del Duomo di Spoleto”, oggi conservati

Chiesa di San Felice

nell’archivio Capitolare di Spoleto. Menzione della chiesa si ritrova inoltre attestata nelle “Rationes Decimarum” del 1333 e 1334 e nel “Codex Pelosius”, redatto dalla diocesi di Spoleto nel 1393[3].

[1] Il cenobio è una comunità di monaci riuniti in un monastero sotto la medesima regola.

[1] Nella scena dell’uccisone del Drago, effigiata nel fregio decorativo al di sotto del rosone, compaiono entrambi i santi.

[1] Ulteriori documenti del 1254 e del 1257 la collocano sotto la giurisdizione della Pieve di Santa Maria di Narco (oggi distrutta)

Castel San Felice

Il santuario prende il nome dalla leggendaria figura di San Felice, personaggio i cui contorni si sfumano in quelli di eroe locale, e a cui la tradizione attribuisce la miracolosa uccisione del Drago che infestava la zona. Il Drago, figura dal complesso significato sia pagano che cristiano, oltre ad essere il simbolo della malaria che infestava i bacini[4], presso gli antichi cristiani era l’emblema del paganesimo. Nel caso specifico, la vittoria su questo mitico animale va ricondotta all’idolatria vinta dall’apostolato dei santi e, più verosimilmente, ad un’opera di bonifica della zona, un tempo paludosa[5]: non casualmente, la chiesa è situata proprio lungo il corso del Nera.

Uccisione del drago per mano di San Felice

La chiesa, in architettura romanica, è di notevole pregio. La facciata a doppio spiovente, oggi mutila del loggiato, presenta un magnifico rosone riquadrato e, posti al di sotto di questo, due bassorilievi istoriati: il primo, raffigurante la leggendaria uccisione del Drago, l’altro, la resurrezione di un bambino. Nel timpano è invece rappresentato l’Agnus Dei. Nella parte inferiore si apre il portale con arco a tutto sesto, lunettato.

L’interno della chiesa, ad un’unica navata, presenta un presbiterio rialzato e delimitato da plutei cosmateschi[6]. L’abside esternamente è diviso in cinque paraste[7], collegate tra loro da tre archetti che presentano due monofore negli intradossi[8].

Adorazione dei Magi

Della decorazione originale della chiesa rimangono solo alcuni lacerti, di cui l’unico di chiara identificazione è quello con la raffigurazione dell’Adorazione dei Magi. Si conserva, inoltre, un pannello con angelo che assiste al giudizio delle anime penitenti, rappresentate sui piatti di una bilancia, e nell’abside semicircolare  un Cristo Benedicente, opera del Maestro di Eggi (attivo anche nella vicina chiesa di Santa Cristina presso Caso).

Dal presbiterio, per mezzo di due scalinate laterali, si accede alla cripta, in cui è conservato un sarcofago, che la  tradizione ricorda come quello di San Felice.

Polla surgiva

Degna di nota è, infine, una polla sorgiva che sgorga presso il lato dell’abbazia più vicino al fiume. A questa fonte vengono attribuite fin dal Medioevo proprietà benefiche e guaritrici. La vasca originale della fonte è tornata ad essere visibile a seguito del suo ripristino, compiuto insieme al restauro del complesso abbaziale, avvenuto in occasione del Giubileo del 2000.

Sapiente esempio di integrazione che coniuga bellezza antica ed esigenze moderne, l’abbazia attualmente dispone al suo fianco una struttura ricettiva dall’aspetto esterno in pietra a faccia vista e dotata internamente di tutti i comfort.

Vale, inoltre, la pena ricordare la “Fiera dei Fiori”, mostra mercato di giardinaggio  e di florovivaismo, ospitata annualmente nello  spazio prativo dell’abbazia, durante i primi giorni di maggio.

Bibliografia:

L. Fausti, Le chiese della diocesi spoletina nel XIV secolo, in Archivio storia ecclesiastica umbra 1, pp. 129-205, Foligno 1913.

P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV: Umbria, Roma 1952

B. Sperandio, Chiese romaniche in Umbria, Perugia 2001.

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Esteri, la Siria e i nuovi scenari mediorientali

23 settembre 2010

di Matteo Bressan

I cambi di fronte e le pressioni dei potenti vicini del Libano su una comunità piuttosto che su un’altra sono una costante della vita politica del Paese dei Cedri. Allo stesso tempo la storia del Libano è segnata dall’arrivo degli eserciti stranieri e dalle milizie armate: l’Olp, i siriani, i sauditi, gli yemeniti del Nord, i sudanesi, gli israeliani, gli americani, i francesi, gli italiani e il contingente britannico sono stati sempre ben accolti dal gioioso, scaltro e sospettoso libanese. Tutti gli eserciti che hanno attraversato o stazionato in Libano si sono sempre impegnati a non fermarsi una sola ora, un solo minuto più del necessario, per poi uscire dal complesso scenario libanese frustrati o umiliati.

Questa costante, insieme alla frammentazione comunitaria e confessionale della società libanese, va tenuta in considerazione alla luce di quanto sta avvenendo all’ombra del vertice tra Israele e Autorità Nazionale palestinese. Infatti, pur constatando che il fulcro della difficile partita è incentrato sul tentativo dell’amministrazione Obama – discutibile nei modi – di giungere alla costituzione di uno Stato palestinese, non sfuggono le manovre di Arabia Saudita ed Emirati Arabi di allontanare la Siria da Hezbollah, l’ingombrante Partito di Dio.

In questa direzione vanno anche le dichiarazioni del premier Saad Hariri, il quale, dopo aver per quattro anni puntato il dito contro la Siria quale mandante dell’assassinio del padre Rafiq, ha spiazzato molti analisti. In realtà erano emersi segnali di riavvicinamento già dallo scorso dicembre, quando il giovane Hariri aveva effettuato una storica visita in Siria, la prima delle tante che si sono succedute negli ultimi mesi. In quell’occasione evidenziammo che l’unica strada politica percorribile in vista della stabilizzazione del Libano passava per Damasco. Le dichiarazioni concilianti del premier Hariri, tese a distendere i rapporti tra Libano e Siria scagionando quest’ultima dal coinvolgimento nell’omicidio del padre, lasciano intuire come il vero pericolo sia Hezbollah. Nel giro di un anno, infatti, anche le indagini del Tribunale Speciale libanese hanno attutito le responsabilità siriane, per concentrarsi sul Partito di Dio.

La Siria torna quindi a giocare il ruolo di arbitro e paciere del Libano, e torna ad applicare quella che è stata storicamente la dottrina di Damasco nei confronti del Paese dei Cedri. La Siria, infatti, intervenuta nella guerra civile del 1975 a sostegno dei cristiani maroniti, ha sempre alimentato una latente conflittualità tra le varie comunità senza mai prediligere o sostenere la supremazia di una sulle altre. La stabilità del Libano è stata anche, in passato, un motivo di ricchezza per l’economia della Siria, che ha sempre gestito la tensione con Israele in base alle convenienze regionali e internazionali.

A questo punto, però, la partita sembra essere più difficile del solito. Per tre motivi. In primo luogo perché una politica eccessivamente filo-siriana metterebbe in difficoltà gli equilibri della

Coalizione del 14 marzo, attualmente al governo e nata in chiave anti-siriana. Il secondo problema è poi costituito dall’arsenale e dalla compattezza di Hezbollah, che nel sud del Libano è ormai a tutti gli effetti il vero padrone e arbitro della stessa sorte della missione UNIFIL. Hezbollah, infatti, potrebbe non gradire una restrizione del proprio campo di azione politico e militare e potrebbe saldare ancora di più i propri legami con l’Iran. Il rischio che il giocattolo sia sfuggito di mano e che la situazione possa degenerare è inoltre supportato dall’interesse che lo stesso Ahmadinejad sta dedicando al Libano. Il presidente iraniano, infatti, sarà in visita ufficiale il prossimo 13 ottobre in Libano e, oltre a visitare i luoghi della «resistenza» del Partito di Dio contro l’acerrimo nemico israeliano, potrebbe offrire al Paese dei Cedri nuove forniture di armi in sostituzione di quelle americane. Va ricordato, infatti, che dopo l’incidente avvenuto lo scorso agosto alla frontiera tra Libano e Israele, gli Usa hanno sospeso le forniture all’esercito libanese poiché seriamente preoccupati delle infiltrazioni di Hezbollah all’interno di questo. Non è da escludersi, pertanto, la possibilità che la Siria cerchi di armare e sganciare Amal, il partito del presidente del Parlamento libanese Nabih Berri, da Hezbollah, come gli incidenti avvenuti alla fine di agosto a Beirut ovest sembrano far pensare.