Storia elettorale dell’apoteosi del criterio del “meno peggio” e della crisi della rappresentanza…
Di Ciuenlai
E’ finito il tempo dei sondaggi e per fare previsioni dovremo fare “a occhio”, fidandoci del nostro naso.
In un clima di assoluta indifferenza della popolazione verso l’evento del 31 di maggio, si può tentare di fare alcune riflessioni sui dati sull’Umbria usciti negli ultimi 2 giorni:
1) DISTACCO RIDOTTO MA RECUPERO DIFFICILE – E’ indubbio che, nonostante i notevoli recuperi di Ricci, la Governatrice sia ancora e saldamente in testa. Anche se il distacco fosse ridotto a 5/6 punti, annullare questo gap è impresa ardua e molto difficile.
Non si tratta infatti di un confronto a due , ma a 8. Quindi le perdite e i guadagni si spalmano. Faccio un esempio per farvi capire. In un duello il distacco di 6 punti è in realtà di 3. Quello che aumenti perde l’avversario. Basta recuperare la metà per essere pari. In una disputa a più voci invece bisogna riguadagnare quasi tutto l’handicap. A Ricci, se i numeri sono quelli, in questi ultimi giorni serve un miracolo che vale più di 5 punti percentuali. “la veggo dura” dicono a Perugia. In ogni caso una elezione data per scontata si è trasformata in una competizione che lascia un minimo di dubbio sul suo esito finale. Chi l’avrebbe detto un mese fa?
2) I L PESO DEI “PROFESSIONISTI DELLE PREFERENZE” – le residue chance dell’avversario della Marini restano appese alla possibilità che una parte del popolo di sinistra, come è accaduto per l’elezione del sindaco di Perugia, faccia un atto di estrema ribellione e di ritorsione verso il Pd votando Ricci. Facile a dirsi ma problematico a farsi. Incontro tanta gente che potenzialmente coltiva questo dubbio, ma che alla fine mi dice che si asterrà o, in molti casi, che darà la preferenza ad un amico nelle liste del raggruppamento che raccoglie gran parte dell’attuale maggioranza. Al primo turno o nel turno unico, il voto si divide equamente tra candidati e liste. La lista del Pd è formata da tanti “professionisti” delle preferenze. Dando un corposo vantaggio, al tempo della grande astensione, al Presidente uscente.
3) ERRORE SWG? – A proposito di liste. Il sondaggio Swg pare contenere un errore uguale per tutti i raggruppamenti. Uso quello favorito per capire di che sto parlando. La forchetta della Marini fluttua tra il 42 e il 46%. Le liste che l’appoggiano sono al 45,5%. Se è così la forchetta non funziona. Non ci può essere un risultato inferiore al 45,5% ma solo superiore. Non esistendo infatti il voto disgiunto, il risultato del candidato è formato dai voti presi dalle liste collegate e da quelli che votano solo il nome del presidente prescelto. A occhio si va sopra il 46%, cioè sopra il massimo della forchetta indicata per la Marini. In conclusione, se ho ragione e i numeri diffusi sono giusti, o è sbagliato il dato del candidato presidente o è sbagliato il valore delle liste collegate.
4) SEGGI IN PIU’ PER IL PD? – I valori delle liste collegate al Pd fanno pensare che, in caso di vittoria, i democratici potrebbero avere a disposizione un “tesoretto” di uno o due consiglieri in più. Sul piano politico generale non cambia niente perché comunque, con l’attuale legge elettorale, si aggiudicherebbero 11 seggi su 21. Cioè la maggioranza assoluta. Ma sul piano interno cambia un sacco. Tornano a sperare diversi “peones” dati già per morti. Il vecchio e triste “primo dei non eletti” può trasformarsi in un nuovo e sfavillante “ultimo degli eletti”.
5) L’APOTEOSI DELLINDIVIADUALISMO E DEL “MENO PEGGIO” – Quello che emerge con grande chiarezza è che i dati dell’astensione e i criteri di scelta del voto portano dritti ad una colossale crisi di rappresentanza. O si resta a casa, o si vota una persona conosciuta, seguendo spesso un interesse diretto. Quel grande esercito di persone che richiede e chiede ad amici e conoscenti “ma per chi votiamo stavolta”, non trova spesso una risposta adeguata. I programmi e i contenuti restano i grandi assenti di una campagna elettorale dominata da cene, aperitivi e bisbocce varie. Risultato; la metà o quasi si astiene e l’altra metà si accontenta del meno peggio. Titolo del film “E continuavano a chiamarle elezioni”!
Commento: Condivido in pieno la riflessione di Ciuenlai, ma una cosa importante vorrei aggiungerla, ANDIAMO TUTTI A VOTARE.