La data del 25 dicembre per la natività di Gesù fu una scelta della chiesa cattolica per inglobare i culti pagani, assorbirli e farli dimenticare. Il 25 dicembre era un giorno di festa importante per i popoli, religioni e culture molto distanti fra di loro, ma unite da questa ricorrenza, che celebrava sotto nomi diversi uno stesso significato: la fine dell’inverno e la rinascita della vita. L’uomo antico si sentiva parte della natura e guardava al sole come ad una delle principali fonti della creazione e come la potenza regolatrice dello scorrere delle stagioni. Il 25 dicembre segnava la festa del sole “invictus” il sole invincibile, poiché dopo il solstizio d’inverno del 21 dicembre, il giorno più corto con al notte più lunga, la luce riprendeva la sua vita, vinceva la tenebra, fino ad arrivare al 21 giugno, dove il giorno era più lungo della notte. Con questo significato simbolico il 25 dicembre era associato nel mondo antico, alla nascita o alla festa di personaggi divini: il dio Horus egiziano, raffigurato con sua madre Iside che lo teneva in braccio ( ricorda l’iconografia cristiana della Madonna col Bambino). Il dio Mitra indo-persiano, anche lui partorito da una vergine, e che veniva chiamato “il salvatore”. Il dio babilonese Shamash che era il dio del Sole e della predizione perché il sole vede tutto: passato, presente e futuro; il dio Tammuz sempre babilonese nasceva anche lui in questo giorno e anche lui moriva per resuscitare dopo tre giorni. La scelta del 25 dicembre fu un tentativo riuscito della Chiesa di Occidente di adattare gli antichi culti, con i loro rituali alla nuova religione; invece la Chiesa di Oriente scelse la data del 6 gennaio per la nascita di Gesù, per differenziarsi dagli antichi culti, e tuttora le chiese copta, armena e ortodossa festeggiano la natività in questo giorno.
Durante il pontificato di papa Leone Magno (440-461) venne sancita definitivamente questa data come “il Natale di Gesù”, nel 536 d.C. l’imperatore Giustiniano chiuse l’ultimo tempio di Iside in Egitto ed il Natale si affermò come festa cristiana in tutto l’impero. Le tradizioni dell’albero di Natale e del presepio invece hanno una storia più semplice. L’albero apparteneva all’immaginario collettivo nordico come simbolo della vita e della fertilità, ma la tradizione dell’albero addobbato così come la conosciamo noi, la dobbiamo ad una invenzione del 1500 del protestante Martin Lutero, che alla notte della Vigilia, si trovò fuori sulla neve e vide gli abeti ghiacciati risplendere sotto la luce della luna, questo spettacolo gli piacque così tanto da voler provare a riprodurlo e per questo adornò un abete con candele e nastri luccicanti. Questa usanza fu introdotta nell’Europa del sud nel 1840, dalla moglie del duca di Orléans, Elena di Maclenburg, che fra la sorpresa della corte, lo fece preparare nei giardini delle Tuileries. Il presepe è una usanza solo cristiana, derivata da una rappresentazione che San Francesco fece per la prima volta a Greccio (Rieti) nel 1223, ispirandosi ad una tradizione del IX secolo, che rievocava scene evangeliche, attraverso rappresentazioni viventi e aggiungendovi scene pastorali.
La cometa sul presepe comparve solo dopo il 1301, infatti quell’anno apparve per la prima volta quella, che poi venne definita come “la cometa di Halley”, i contemporanei ne furono molto colpiti, e Giotto, il grande pittore, in un suo quadro nella cappella degli Scrovegni, dipingendo l’Epifania, sopra la Capanna pose questa stella per ricordare ai posteri l’avvenimento.
Babbo Natale invece, pur avendo alle spalle una tradizione che trova le sue radici su San Nicola Vescovo di Mira in Asia Minore, è molto prosaicamente l’invenzione di un grafico pubblicitario americano, per lanciare in modo accattivante il prodotto della Coca Cola di cui il povero Babbo Natale portava i colori, rosso e bianco. Infine il Vischio, simbolo di buon auspicio e di fortuna, va ricondotto ai riti della fertilità, poiché la rinascita aveva bisogno di procreazione. Le tribù germaniche consideravano chiunque passasse sotto il vischio “ baciato” dalla dea Freya, la dea della fertilità, ecco perché per l’anno nuovo ci baciamo sotto il vischio!
Bibliografia: Elena Savino “ Le radici pagane del Natale”, collana: I Tesori, Jubal Editore, Trieste 2004.
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Bibliografia: Elena Savino “ Le radici pagane del Natale”, collana: I Tesori, Jubal Editore, Trieste 2004.