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LA SACRALITA’ del “GRANDALBERO”
21 ottobre 2016
UMBRIA, LE GRANDI TRADIZIONI E I VALORI RELIGIOSI DELL’OLIO E DELL’ULIVO
13 ottobre 2011In Italia troviamo le più antiche coltivazioni dell’ ulivo in Umbria, poiché i primi ad occuparsi di questa pianta fruttifera furono gli Etruschi, una delle più importanti città dell’ Etruria, l’antica Volsinio, oggi Orvieto, ricavò la sua ricchezza e prosperità proprio dalla produzione dell’olio, e dal suo commercio. Già nel primo secolo a.C. l’olio umbro veniva considerato tra i più pregiati, numerosi reperti si possono ritrovare nei musei delle città umbre, come ad esempio un frammento di dolio marcato da un bollo rettangolare, custodito nella sala del Consiglio comunale di Città di Castello, e che è posto a conferma della sua remota origine. A Narni è stato ritrovato, invece un vaso con una scritta incorniciata da rami d’ulivo, in località Borgo presso Trevi è emerso un intero frantoio,costruito in pietra arenaria, e ad Orvieto si trova nei pressi della chiesa di San Francesco,un frantoio chiamato “mulino di Santa Chiara” risalente al tempo degli etruschi.
In quell’ epoca esistevano dieci diverse varietà di olivi e cinque categorie d’olio: oleum ex albis ulivis, il più pregiato, “viride” ottenuto dalla spremitura di olive che iniziano a maturare, “maturum” ottenuto da olive mature, “caducum” ottenuto da olive raccolte da terra, “cibarium” ottenuto da olive bacate e destinato agli schiavi. L’ulivo quindi, può rappresentare la capacità dell’Umbria di custodire grandi tradizioni secolari, di cui una pianta così longeva e spirituale può essere testimone, rappresentandone inoltre la parte spirituale e i grandi valori religiosi che la caratterizzano nella storia. Le varietà di questa pianta in Umbria non sono molte ma sono importanti fra queste troviamo: Il Moraiolo, olivo non di grosse dimensioni i cui rami si innalzano in modo diretto, il frutto è di medie dimensioni, molto polposo e di ottima qualità, è generalmente il prediletto degli olivicoltori umbri per la sua resistenza al gelo e particolarmente nelle coltivazioni in altura. Il Leccino è poco poderoso ed ha un ampia chioma, anch’esso di ottima qualità. Il Frantoio, si trova tra gli olivi di media grandezza, i suoi rami sono molto tortuosi ed inclinati con i rami minori penduli. Il San Felice, specifico dei monti Martani, è caratteristico per la sua qualità e per l’alto contenuto di sostanze antiossidanti. Il Pendolino, deve il nome al suo portamento pendulo, le sue olive sono piuttosto grosse e con una tipica forma di falce. L’Agogia con i suoi rami che salgono verso l’alto produce frutti piuttosto grossi con un discreto contenuto d’olio di qualità, vive bene anche nelle zone montane. Si può confermare quindi, non solo il significato economico culturale e religioso che venne attribuito a questa pianta nel mondo antico, ma anche il riconoscimento in quello moderno di prosperità , vigore e bellezza non dimenticando che nei Salmi, l’uomo giusto è “come olivo verdeggiante nella casa di Dio”, e tra le benedizioni gli vengono augurati “figli come virgulti d’ulivo”.
PD –NUOVO ULIVO ADDIO, ARRIVA LA BARRA AL CENTRO
4 ottobre 2011di Ciuenlai
La Direzione nazionale del Pd ha segnato un punto di svolta. La sinistra si è scoperta minoranza nel partito. Una svolta che non è giunta inaspettata e della quale si aveva sentore ormai da tempo. Bastava ascoltare, nelle ultime settimane, i racconti dei protagonisti delle varie riunioni che si succedono quotidianamente nella sede romana del Pd. Racconti che parlavano di forti malumori per la linea “rossa” (sic) del segretario. La maggioranza dei leader democratici non vuole il “Nuovo Ulivo”. Salvo i fedelissimi di Bersani e pochi altri, Area Dem, Modem, pezzi di maggioranza (Letta e Fassino) pensano che lo schema del segretario vada completamente ribaltato. Non si deve partire da un’intesa di ferro con Vendola e Di Pietro, da allargare possibilmente all’Udc, ma da un intesa con il terzo polo, da allargare eventualmente alla sinistra. Sta in questa distinzione la diatriba tra elezioni subito e Governo di emergenza. Il passaggio per un esecutivo largo è lo strumento necessario a cementare le future alleanze e la collaborazione con i centristi. E lo strumento metterebbe i più pericolosi concorrenti (Sel e l’Idv) nell’angolo, costringendoli o ad aderire ad un progetto moderato o a stare fuori dall’alleanza. Incanalandoli verso un cammino irto di difficoltà. Se aderiscono si snaturano, se vanno da soli saranno costretti a sopportare, per l’ennesima volta, una campagna di stampa ed elettorale tutta in salita all’insegna della responsabilità nazionale e del voto utile, contro il fantasma di Berlusconi. Le argomentazioni non mancano : il momento è difficile, anzi drammatico, occorre una maggioranza larga per governare e ricostruire il paese, ci vuole una grande alleanza tra moderati e progressisti per vincere le elezioni ecc. ecc. L’offensiva non arriva a caso. Tutti i sondaggi, quelli noti e, soprattutto, quelli riservati, dicono che se si votasse oggi il centrosinistra classico vincerebbe a mani basse. E vincerebbe su un progetto sbilanciato a sinistra. La proposta di Governo di emergenza, come scelta strategica, serve dunque a decantare questa situazione e a produrre una inversione di tendenza. La scelta si porta dietro anche un’ altra conseguenza. Non ci saranno le primarie. Il prossimo capo del Governo dovrà essere una personalità “bipartisan” in grado di azzerare tutte le pretese di leadership nell’area antiberlusconi, con buona pace di Bersani e di “Nichi”. In questa ottica appare anche meno incomprensibile l’uscita “massimalista” di Fausto Bertinotti, che invita la sinistra a rifugiarsi tra i movimenti, rinunciando a qualsiasi ipotesi di governo. Il minoritarismo come ideologia e la rinuncia alla sfida del Governo non sono certo soluzioni auspicabili per la sinistra, ma è indubbio che un simile scenario complicherebbe le cose. C’è però da dire che anche la strada del voto utile e della rincorsa al centro, comporta i suoi rischi per il Pd. Le simulazioni attuali parlano di una sinistra guidata da Vendola in grado di arrivare fino al 25% dei voti in caso di corsa solitaria. Questo avverrebbe a scapito del Pd, che si troverebbe a non essere più la forza principale ed egemone di una alleanza al centro, con il terzo polo rinforzato da truppe provenienti dal centrodestra. Per questo sono in molti tra i democratici a sperare che alla fine uno dei due “radicali” accetti di far parte della nuova coalizione. E le pressioni sono tutte per Vendola, perché Casini Di Pietro non lo digerisce proprio.