Posts Tagged ‘vito’

Presentazione a Corciano di “Diamoci un toner” ultimo libro di Vito Cioce

1 dicembre 2017

diamociVenerdì 15 dicembre ore 17.30 

Biblioteca comunale  “Gianni Rodari” 

via L. Settembrini  – S. Mariano di Corciano PG

Presentato da Irene Di Liberto

Vito Cioce è giornalista dal 1983, autore e conduttore su Radio1 Rai di programmi tra cui “Tramate con noi”, “Facciamo storie”, “Storie di piazza”.
Conduttore delle principali edizioni del Giornale Radio Rai e di trasmissioni tra cui “Il baco del millennio”, Speciali e Fili diretti del Gr, è caporedattore dal 2006 ed è stato vice-direttore del Giornale Radio e di Radio1 dal 2009 al 2012.
Ha ideato e conduce su Radio1 Rai con Daniela Mecenate, per la quarta stagione consecutiva, una delle trasmissioni più seguite del momento, “Radio1 Plot Machine”, dove si parla di letteratura, cultura e dove aspiranti scrittori partecipano, a delle vere e proprie gare social-letterarie. (more…)

LO STUPIDARIO POST – ELETTORALE

3 giugno 2014

listeC’è in giro uno stupidario post-elettorale, una logorrea dichiarativa, un eccesso trionfalistico, una cronica tendenza a straparlare.

Tutti dichiarano, tutti hanno vinto, tutti saltellano tra un salotto televisivo e l’altro in preda ad una bulimia comunicativa che non ha necessariamente come output un pensiero intelligente ma spesso solo una mitragliata di parole, così, giusto per riempire il silenzio, se non un taglio di barba o un’assunzione di Maalox. (more…)

Super Mario ed il rag. Fantozzi

27 aprile 2012

Super Mario sta disperdendo l’euforia della sua luna di miele. Perde progressivamente quota. La questione Italia si può riassumere sommariamente in alcune questioni: rapporto tra debito pubblico e pil molto alto; spesa al di sopra delle reali possibilità del Paese; architettura funzionale dello Stato obsoleta e mummificata; partiti e maggioranze litigiose; radicalizzazione del confronto politico;  incapacità dei partiti di concorrere al bene comune. Ciascuna di queste questioni ha una genesi e delle precise responsabilità. Ciò che è sbagliato è pensare di risolverle premiando il trasformismo ed agevolando la delegittimazione della volontà popolare, come è stato con la nomina di Monti che ha sospeso nei fatti la democrazia. Se nasce un partito, o una fronda, non è quasi mai un valore aggiunto del pluralismo, ma spesso solo una fetta di potere reclamato o l’antagonismo personalistico che diventa smania di protagonismo o smodato senso di onnipotenza. Fa schifo in un momento di difficoltà. Ma è così! Sarebbe stato un dovere del Capo dello Stato, più che congiurare con la Merkel per la sostituzione del Capo del Governo, richiamarsi ai principi della coerenza democratica e del rispetto della sovranità popolare. Ciò nonostante, il significato politico di un esecutivo tecnico poteva essere quello di metter mano ad alcune questioni. La più urgente poteva essere quella del taglio della spesa e dell’equilibrio di redditi e pensioni, oltre all’abbattimento della burocrazia in cui si annidano le truppe della dirigenza statale trasformatasi in casta. Sono questi alcuni dei freni di stazionamento che bloccano lo sviluppo! Monti ha invece scelto la strada apparentemente più facile. La stessa che avrebbe scelto il Rag. Fantozzi col suo sfigato semplicismo. Ha spalmato in giro, come un manto di erba, il seme maligno delle tasse. Le sue piante ora si spargono come una gramigna che soffoca. Il risultato è che non cresce più niente. Anzi perdono quota lavoro ed impresa. La strada che sembra più facile, però, non è sempre quella più sicura. In definitiva l’Italia sta soffrendo per niente. Il mancato sviluppo, infatti, assorbe e consuma i sacrifici dei contribuenti e allontana la speranza di uscire dal tunnel. Niente è stato fatto, invece, sul taglio dalla spesa, anzi giungono persino messaggi contraddittori. Niente è stato fatto, ancora, per dar impulso agli investimenti. Più che piangersi addosso, e dar fiato per lezioncine di dubbio valore etico, questo esecutivo altro non è capace di fare.

Vito Schepisi – Il Libero Pensiero

 

Finalmente Fini si dimette? forse che si…forse che no

25 aprile 2012

Nei giorni scorsi ho scritto in un tweet di “impedimenti istituzionali. Non dico che Fini deve dimettersi, ma è chiaro che l’incarico istituzionale lo blocca. Deve tornare in campo con un ruolo centrale, essere lui a guidare l’innovazione, non Casini. A settembre deve valutare l’ipotesi delle dimissioni da presidente della Camera”, ha dichiarato Fabio Granata, esponente di Futuro e Libertà, ai microfoni della Zanzara su Radio 24. “Il mio leader è Fini, e comunque non c’è bisogno di un nuovo partito, bastano quelli che ci sono che fanno un’alleanza. Io non sono nato democristiano e non voglio morire democristiano. Noi siamo incompatibili con le logiche del vecchio centrodestra“.

Commento di Vito Schepisi da “Il Libero Pensiero”: Basterebbe una semplice riflessione per comprendere che in questa fase politica siano spariti sia Fini che il suo partito. La ragione è che non contano niente. Sono fuori gioco. Al massimo possono unirsi o meno alle strategie degli altri. Per dirla facile sono del tutto inutili! Sarà per questo che, come le serpi più aggressive, reagiscono nervosamente al movimento degli altri. L’altro ieri Bocchino ci fa sapere d’essere disposto a spartirsi le istituzioni col PD, rispolverando Prodi per la Presidenza della Repubblica. Ieri, invece, ha ripreso quota il disimpegno di Fini dalla Presidenza della Camera, per dedicarsi al suo partito. Un atto, quest’ultimo, che da essere dovuto, per le tante ragioni che si conoscono, tra cui l’evidente indegnità, diventerebbe una carta da giocare per manifestare la priorità, per Fini, dell’impegno politico sulla poltrona che occupa.

Gradimento Presidenti, la Marini esce dai primi dieci. Girlanda: “Un fallimento di tutta la Giunta”

10 gennaio 2012

Fuori top ten. La presidente della Regione, Catiuscia Marini, esce dai primi dieci posti nella classifica di gradimento dei presidenti regionali stilata da Datamonitor. L’indagine si riferisce all’ultimo trimestre 2011. Sul dato Rocco Girlanda, deputato Pdl, ha affermato: ”Un risultato magro frutto di un’azione politica fallimentare e lacunosa, che gli umbri hanno chiaramente percepito, così come le divisioni interne all’attuale maggioranza a palazzo Cesaroni. Una fotografia impietosa nei confronti della più importante carica amministrativa della nostra regione e, di riflesso, dell’intera giunta, tanto più se confrontata con la passata legislatura, che aveva visto l’allora presidente Lorenzetti – conclude Girlanda – quasi sempre sul podio dei governatori regionali più amati dai cittadini”.

Per la cronaca sono Luca Zaia (Veneto) e Vasco Errani (Emilia Romagna) a guidare la classifica. Ad uscire dai primi dieci, oltre la Marini, anche Nichi Vendola (Puglia, SEL) e Vito De Filippo (Basilicata, PD).

fonte: http://www.lagoccia.it

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE: “RECUPERARE E VALORIZZARE L’AREA DI INTERESSE STORICO E ARCHITETTONICO DI ROTAPRONA DI SAN VITO (TR)”

5 ottobre 2011

Buca del diavolo torrente Fersinone

Il consigliere regionale Gianfranco Chiacchieroni (PD) interroga la Giunta Regionale per sapere quali siano gli “intendimenti, gli interventi e le iniziative che si vorrà intraprendere per valorizzare e promuovere l’area di interesse storico situata in località Rotaprona di S. Vito (San Venanzo-TR). Chiacchieroni ritiene che sia opportuno intervenire per il restauro e il recupero di questo sito “rilevante sotto il profilo dell’archeologia industriale, per la presenza di  manufatti di rilevante valore storico-architettonico”.  Il consigliere del PD spiega che i manufatti di Rotaprona di S.Vito “Sono situati lungo le rive del torrente Fersinone. Vi è compresa una ‘chiusa’,  un canale artificiale, una fornace per la produzione di laterizi, una ‘colta’ per lo stoccaggio delle acque ed un mulino per la molitura per grano e olio. Tutto questo comparto – sottolinea Chiacchieroni – in cui è compresa anche un’abitazione, è di  proprietà della Regione Umbria”.

La bilancia della Giustizia è scassata ?

5 settembre 2011

 

Il Commento di Vito Schepisi

Verrebbe da chiedersi se in Italia la bilancia della giustizia sia scassata, o se siano gli uomini addetti alla pesa inclini ai due pesi e alle due misure. La risposta ha la sua importanza. Le garanzie, e la Giustizia rientra tra queste, costituiscono le basi di un sistema di democrazia liberale.

Sin dai tempi di “mani pulite”, quando da destra a sinistra si alzò il grido giustizialista contro una classe dirigente incapace di emendarsi e di offrire soluzioni politiche di respiro strategico, apparve chiara la direzione, rimasta unica, in cui si voleva andare a parare.

Già da allora, più che una bilancia a due piatti, la giustizia italiana era apparsa come un piano inclinato che faceva scorrere tutto in un’unica direzione. E non c’è niente di più immorale della presenza di due pesi e due misure nella lotta all’illegalità e al malcostume. Le discriminazioni sono antipatiche e generano sfiducia nelle istituzioni, la giustizia parziale induce persino quella parte che la fa franca a perfezionare e moltiplicare le sue pratiche illegali.

L’odio, il pregiudizio, ma soprattutto un po’ d’ignoranza, unita all’incapacità di trasformare l’antagonismo politico in una proficua strategia democratica, e poi la voglia delle soluzioni sbrigative, assieme alla falsa idea della sinistra di una propria supremazia intellettuale e morale, impedì agli inizi degli anni ’90 di far prevalere l’autocritica e la stessa, ma più completa, riflessione morale, per avviare un confronto politico-istituzionale, propedeutico all’avvio di una stagione di sostanziali riforme. Ne stiamo pagando tuttora le conseguenze.

Prevalse nel Paese, sui media, e nelle correnti della magistratura, anche in quelle più autonomiste, trascinate da quelle più politicizzate, l’idea che la questione morale fosse un problema da risolvere prevalentemente all’interno dei partiti della tradizione capitalista e di democrazia occidentale.

Non è stato mai chiarito, ad esempio, per quale principio, ai tempi di “mani pulite”, il Vice Procuratore Capo della Procura di Milano, Gerardo D’ambrosio, poi diventato parlamentare DS, e successivamente PD, come ebbe a riferire il PM Tiziana Parenti, avesse maturato l’idea che, se l’azione giudiziaria si fosse allargata al Pci-Pds, sarebbe crollato tutto il teorema giudiziario del Pool milanese. Sarà stata questa la ragione per la quale c’era chi non poteva non sapere e chi, invece, poteva, ma anche la ragione per la quale era sufficiente fare atto di ravvedimento, interagendo con una ben precisa parte politica, per restarne fuori e farla franca.

E’ stato così che l’area politica più pluralista e meno autoritaria, benché responsabile per aver instaurato e assecondato quel costosissimo sistema dei partiti e delle correnti, sostenuto, com’è emerso, con le pratiche corruttive e con le tangenti, ebbe a trovarsi schiacciata, come dai due bracci di una tenaglia, dalle furbizie delle connivenze giudiziarie e dai sentimenti massimalisti e reazionari di opposta tendenza politica.

Da una parte a soffiare sul fuoco era la sinistra post-comunista. Il Pci aveva visto dissolversi la sua strategia di avvicinamento alla conquista del potere con l’utilizzo degli strumenti della borghesia, e facendo leva sulla conflittualità interna, come aveva teorizzato Lenin. La sinistra marxista si era così liberata, furbescamente, dopo la caduta del Muro di Berlino, di quel nome che ricordava l’orrore e le tragedie emerse dall’esperienza disastrosa e dal fallimento civile, sociale, economico e politico dell’est europeo.

La sua nuova strategia, una volta diventato Pds, mirava sempre alla conquista del potere, ma ora nel solco del socialismo democratico di stampo europeo, riciclandosi e disponendosi a sostituirsi al partito socialista italiano di Bettino Craxi che, non a caso, veniva additato come il maggior responsabile del sistema corruttivo e illegale instaurato in Italia. Il leader socialista, che in Parlamento aveva denunciato la presenza di un sistema  di corruzione che attraversava tutti i partiti (I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale), veniva, infatti, costretto all’esilio in Tunisia per sfuggire alla ferocia manettara, sapientemente alimentata da una connivente regia politico-giudiziaria.

Dall’altra parte, come secondo braccio della tenaglia, c’era quella parte della destra reazionaria e forcaiola che individuava nella Democrazia Cristiana e nel Partito Socialista le responsabilità del congelamento della sua consistenza elettorale ed il suo isolamento politico, e c’era anche l’emergente egoismo locale del Nord del Paese che faceva di “Roma ladrona” lo strumento per la richiesta di trasformazione dell’Italia in Stato federale che sapeva tanto di richiamo alla secessione.

Accade che i nodi che non sono sciolti si ripresentino, e la sensazione di farla sempre franca si trasformi, persino, in maggiore audacia. Il sistema Pci-Pds-Ds rischia ora di diventare il sistema PD. Se anche Giorgio Bocca sostiene di temere la minaccia di querele di Bersani, si rafforza il timore dell’intimidazione verso chi osserva e denuncia.

La sensazione che la bilancia della Giustizia sia scassata e che penda sempre da una parte, anche dinanzi alle querele, ora ha un che di ancora più inquietante.