Circa vent’anni fa il regista francese Luc Besson diresse un film allora molto seguito, intitolato “Il quinto elemento” in cui, in pieno clima surreale e fantascientifico, si tentò di parlare, in modo accattivante ed originale, del tema più ampiamente sviluppato di tutta la filmografia mondiale:l’amore. Un tentativo nuovo di parlare, agli adolescenti, di cose antiche, dell’amore come “anima mundi”, dell’esistenza umana come dotata di libertà assoluta e, se riconosciuta, libera di fare il bene, di crearlo e con esso salvare il mondo.
Ma come parlare, ancora, di cose profonde al mondo giovanile, utilizzando i mezzi tecnologici moderni? Oggi non si ha voglia di studiare (con colpe equamente distribuite tra la società, la famiglia e l’individuo), non si leggono libri, rifiutando ad essi il ruolo di stimolo intellettuale o solo formativo. La memoria, intesa come eredità delle genti, è ritenuta superflua e residuo inutilizzabile persino nei programmi scolastici; vige soltanto la legge della Rete e questa, pur essendo il prezioso ed unico archivio mondiale onnicomprensivo dell’umanità, viene utilizzata in modo risibile, venale, stupido e turpe. La Rete viene vissuta con comportamenti estranianti, asociali (soprattutto quei
servizi paradossalmente definiti “social”), tendenti a creare piccole riserve alienanti che illudono di porsi in relazione con le persone, in realtà costretti ad un’attività voyeristica ed intellettualmente improduttiva. Eppure, a fronte di questi fallimenti “pedagogici” l’impressione è che siamo in possesso di un’arma formidabile, dai poteri educativi inesplorati ma che tuttavia non riesce a entrare con autorità, nella dinamica pedagogica di una società neo-decadente. Non credo si tratti di sospettosa diffidenza nei confronti della tecnica, bensì di un marcato scetticismo culturale dell’uomo nei confronti di se stesso. Il fallimento della società occidentale, costretta ad affrontare crisi “scomode” come quella finanziaria prima, quella terroristica e migratoria poi, hanno instillato una certa vertigine spirituale, una specie di violenta, impetuosa angoscia, un senso di irrimediabilità senza via di scampo. Dover rinunciare al più lungo periodo di pace e di benessere dell’epoca moderna evidentemente ha determinato un atteggiamento disfattista e passivo, con l’emersione di una pigrizia culturale che assomiglia più all’ignavia evangelica che ad una vuota indolenza, come di chi abbia perduto ineluttabilmente fiducia nel futuro. I giovani, si aggiunga, appaiono più fragili perché sorpresi nella fase di partecipazione incosciente a tale mutazione epocale. E’ difficile dover rinunciare a tutto quello che si poteva fare e non si può più e chissà per quanto tempo. Diviene anche difficile comprendere se l’ultimo misfatto accaduto in cronaca, sia l’orrore finale o una nuova speranza. Il quinto elemento può però salvarci a patto di crederci; Platone insegnò che, per una corretta conoscenza delle cose, cioè in sostanza, del bene e del male, occorrono cinque elementi: il nome, il discorso, l’immagine, la filosofia, l’oggetto stesso. Spiegandomi: i primi tre elementi
rappresentano la ricerca scientifica e il sapere ad esso connesso, il quarto è la sapienza razionale vertice dell’intelletto, il quinto elemento, l’oggetto stesso della nostra ricerca. Questo significa non solo vederlo, né sentirlo interiormente, ma possederlo diventando una sola cosa con esso. L’oggetto, il bene in questo caso, non può essere compreso né con la scienza, né con la filosofia, ma solo vivendolo, praticandolo, unendosi in una simbiosi intuitiva. Il quinto elemento, cioè l’Amore, conquista l’altro, lo assorbe, fa proprio l’altrui punto di vista (anche se non lo condivide). Ecco! Alla nostra società disperata, credente nel nulla, che patisce ma non compatisce, che utilizza la tecnica senza comprenderla, sarebbe indispensabile il quinto elemento, soprattutto gli adolescenti dovrebbero lasciarsi conquistare dal quinto elemento per raddrizzare le sorti di una deriva tempestosa dal destino enigmatico. Da giovani tutti abbiamo problemi e soluzioni adolescenziali; in
seguito mentre la maggioranza apatica continuerà ad avere problemi da adulto con soluzioni adolescenziali, una minoranza intelligente, invece, avrà problemi adolescenziali con soluzioni da adulto (N.G.Dàvila).
MASSIMO CAPACCIOLA
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